Garbagnate: un libretto per raccontare il periodo del Covid. Le poesie di Colombo

Il Coronavirus in versi. A leggere le 21 poesie, a distanza di tempo dai mesi più drammatici in cui le nostre menti erano rivolte ad altro, si rilegge tutta la storia. Si trova la concitazione, la confusione e il panico dell’inizio, quando il virus irrompeva nelle nostre vite; poi si trova il silenzio nei difficili mesi del lockdown e poi la cauta ripresa.



Umberto Colombo, cittadino di Garbagnate Monastero membro della commissione biblioteca e poeta per diletto, nei mesi di chiusura ha impiegato il tempo a raccontare, in versi, quanto stava accadendo nel mondo. Ne è nato un libretto che raccoglie alcune di queste poesie, non la totalità perché il repertorio è ben più ampio. Un volumetto che si legge in breve tempo, nel quale ciascun testo è accompagnato da immagini caratteristiche del periodo, in via principale le strade deserte di Milano.


Umberto Colombo

“Oziante nel corpo di un animale dove tirava avanti, ma a fatica, si trova di colpo un fisico mica male dove alloggiar nababbo la sua vita”. Comincia così, con versi dedicati alla descrizione del virus, in base alle prime informazioni che giungevano su Sars-CoV2. Ben attenti, consigliava Colombo, “il panico che corre lungo il pensiero minaccia più del pericolo reale”: sebbene i casi di contagio fossero in continuo aumento, occorreva sempre tenere i nervi saldi.



Poi la descrizione della paura, al momento dell’incontro con un’altra persona che si incontrava sulla via: “Il corona portiamo appresso, stiamo attenti a non urtarlo, io di certo non son fesso, me ne guardo dal toccarlo”.
Colombo ha poi dedicato versi alle raccomandazioni che gli istituti sanitari ci hanno suggerito per prevenire il contagio, al fornaio del paese, al suo medico di medicina generale, alla nostra Italia, ai professionisti della sanità e a tutti i lavoratori che in quei mesi hanno continuato a lavorare senza sosta.
Molto densi e carichi di incoraggiamento i versi che il garbagnatese ha dedicato alla spiritualità personale, quando le chiese erano chiuse: “Il fedele senza la messa si sente vuoto nel suo amore, crede perduta la sua promessa fatta a se stesso e al Creatore”.



Le settimane sul calendario giravano lente, mentre tutti eravamo chiusi in casa. A maggio sono arrivate le prime aperture: “Gente! Avanti, tutti in allegria. Siamo pronti all’arrembaggio, il Corona sta andando via ma è un pensiero poco saggio”. Infatti, con la graduale ripartenza, il virus non ha mai smesso di essere presente. “Il Covid ha trovato il suo rifugio, da morbo è diventato più tranquillo, ormai s’è fatto in loco il suo pertugio, anche se in buona parte è ancora arzillo”.



Una riflessione anche sul comportamento delle persone che, con le graduali riaperture, hanno ripreso a essere inosservanti agli accorgimenti: “Mettiamo mascherine ancor per poco, i guanti ormai servono solo per baldanza, ma il certo il problema è ancora in loco”.
Non poteva mancare una poesia dedicata alla vicenda personale: “Il Coronavirus mi ha onorato, sono stato scelto con molta cura. Mi ha scorto e poi si è appoggiato sulla mia lingua di sì bella natura”.



Altri versi pregnanti sono quelli dedicati agli adii, strazianti e freddi: “Il morto resta un numero di lista, non v’è dolore espresso da un parente che tolga il passo al mondo che rattrista”.



Infine, la conclusione con una poesia dedicata al “dopo virus”. Ora che i mesi terribili sono alle spalle, tutto sembra essere tornato come prima, nonostante il gran parlare: “Di questa pandemia non resta il morbo, ognuno pensa solo al suo lirismo. Passato è il verbo e ognuno resta sordo, ritorna ahimè soltanto il gran cinismo”.
M.Mau.
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