Molteno: la banda in concerto per ripartire dopo la pandemia

Si intitola "per non dimenticare e ripartire" il concerto del Corpo Musicale Santa Cecilia di Molteno svoltosi nel pomeriggio di domenica 4 ottobre presso il palazzetto dell'oratorio. Primo evento pubblico dopo i mesi di stop, il concerto ha ricordato le vittime della pandemia ma anche tutti coloro, in prima linea medici e infermieri, che si sono adoperati con generosità per le cure e l'aiuto.

Alcune immagini del concerto di domenica pomeriggio a Molteno

"Vuole essere  in primis un segnale per ripartire con rinnovato entusiasmo ed affrontare le sfide per un futuro migliore, più solidale e rispettoso della dignità di ogni uomo" hanno spiegato salutando il pubblico, prima di lasciare spazio alla musica.

"Dopo il silenzio di questi lunghi sette mesi siamo finalmente tornati a suonare insieme. La voglia di fare musica e condividerla era tanta ma al tempo stesso vorremmo ricordare i sacrifici fatti lungo questo periodo, le persone che hanno lavorato per garantire la nostra sicurezza e coloro che purtroppo non sono più qui". Il concerto è iniziato con il brano Hosts Of Freedom di Karl L. King che ne racchiude il significato: avere cura delle nostre libertà.

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Durante l'esibizione è intervenuta Sara Brenna, assessore all'istruzione e alla cultura, che ha letto ai presenti la commovente lettera di Sonia, infermiera presso Villa Beretta.

"Quando mi hanno chiesto di portare una testimonianza sul mio vissuto durante il periodo covid, il solo ricordo mi ha riempito gli occhi di lacrime. Sono un'infermiera e svolgo questa professione da ormai trent'anni. Ogni giorno vengo a contatto con situazioni di sofferenza e difficoltà, ma un periodo così difficile penso che nessuno di noi l'abbia mai provato. Un carico pesante sia dal punto di vista fisico ma anche psicologico. Turni estenuanti sotto quelle tute di plastica, mascherine e visiere che molto spesso ti segnavano il viso. Otto ore senza poter ne bere ne andare in bagno perché il tempo e il materiale per svestirci e rivestirci non c'era. Ma soprattutto la paura, tanta paura di commettere quel piccolo errore che avrebbe potuto infettarci o far portare a casa quel maledetto virus ai nostri cari. Si, perché oltre ad essere infermiera sono anzitutto mamma e moglie e il pensiero costante era sempre per loro. Questo è il clima in cui le famiglie di noi operatori sanitari hanno vissuto in quei mesi ed ora si portano ancora gli strascichi. Ma il dolore più grande è stato a volte quello di non poter far nulla per tutte quelle persone che piene di paura ti chiedevano solo un po' di aria e la possibilità di salutare i loro cari. Allora quando avevi due minuti di tempo, facevi fare una videochiamata a quel papà di 50 anni che avrebbe visto i suoi figli in chat per l'ultima volta. Vorrei concludere con un grande messaggio di forza e coraggio ad un mio collega Claudio: un grande musicista e suonatore di banda che da marzo lotta in ospedale contro questo maledetto virus e oggi ne sono sicura sarebbe stato super felice anche solo di stare qui ad ascoltare. E con lui un pensiero va a tutti i miei pazienti post covid che stanno lottando per ritornare ad una vita normale, e ai famigliari di tutti quelli che invece purtroppo non ce l'hanno fatta".

Sa.A.
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