Sirtori: disgregazione sociale e pandemia, i temi discussi da RiFuGio col prof.Veronese

Dopo i tanti incontri online su tematiche diverse, interessanti ed attuali durante il periodo di lockdown, i ragazzi di RiFuGio di Sirtori sono tornati a proporre un'iniziativa ''in presenza'', dal carattere psicologico e sociale.

I ragazzi di RiFuGio che hanno organizzato l'incontro

Nella serata di lunedì 12 ottobre infatti, nell'aula magna della scuola primaria è intervenuto il professor Guido Veronese, docente di psicologia sociale presso l'Università Milano Bicocca, per affrontare il tema degli effetti psicologici e sociali della lunga permanenza nelle nostre case a causa della pandemia. Ritrovarsi fisicamente nello stesso luogo è stato molto importante soprattutto in quest'occasione per avere dei riscontri diretti e immeditati su quelle che sono state le varie esperienze dei partecipanti alla serata durante il lockdown dei mesi scorsi, un periodo che ha prodotto reazioni diverse tra i cittadini. L'idea principale attorno a cui si è sviluppato l'intervento del professor Veronese è stata quella che il distanziamento sociale prolungato stava inevitabilmente portando alla frammentazione del nostro tessuto sociale e lo stesso sviluppo dell'umanità si stava incrinando con lo stop anche alle attività di tipo culturale e comunitario.

Il Covid in tutto questo però, non ha agito come semplice causa esterna incontrollabile dall'uomo, bensì come una lente d'ingrandimento che ha impresso una forte accelerazione a processi già in atto che risalgono alla rivoluzione industriale e al periodo illuminista della storia.
La pandemia, secondo l'ospite, non ha fatto altro che mettere in risalto alcune dinamiche radicate all'interno della nostra società, prime fra tutte l'idea di promozione e di emancipazione dell'individuo sopra la comunità. In questi ultimi mesi poi, si è sentito spesso parlare di un impossibile ritorno alla normalità pre-Covid, connesso all'idea che il virus ci abbia cambiato irrimediabilmente nel profondo, ma questo modo di vedere la realtà dei fatti è eccessivo a detta del professore, perché il rischio è quello di deresponsabilizzarci e giustificare le conseguenze della pandemia come incontrollabili e fuori dalla portata della stessa umanità.

Il professor Veronese

In realtà il virus, trovandosi in natura, percorre semplicemente un corso naturale in cui sono coinvolti anche gli esseri umani e che è percorribile solo se si dimostra capacità adattiva e resistenza al cambiamento, cosa che la nostra società da qualche secolo sta mettendo a dura prova. L'uomo dell'epoca illuminista ha infatti fatto un salto qualitativo nella sua modalità di pensarsi al mondo, facendo un atto di tracotanza attraverso la continua evoluzione della scienza e dell'idea di progresso ai danni delle fasce più deboli della popolazione e del pianeta stesso. La natura, dal canto suo, con un sistema intelligente ed autoreferenziale non fa altro che proteggersi dalla violenza a volte inconsapevole dell'azione umana e in quest'ottica il Covid-19 può essere pensato come una sorta di anticorpo per difendersi da agenti che tentano di disequilibrare il suo corso.

Un esempio di come l'azione umana abbia aggravato le normali condizioni del pianeta Terra è primo fra tutti lo scioglimento dei ghiacci, che negli ultimi decenni ha subito un'accelerazione a causa del riscaldamento globale. Nel permafrost, in particolare, sono congelati virus e altri microorganismi da milioni di anni che se liberati porteranno nuovi cicli di pandemie e sofferenze per il genere umano, tutto perché in nome della ricchezza e del progresso sfrenato l'uomo ha deciso di non considerare gli effetti di lungo termine delle sue azioni.

"Il virus non è la causa di tutti i nostri mali, se guardiamo a come è stata gestita l'emergenza in Italia è facile intravedere una delle carenze più gravi del nostro sistema sanitario nella deterritorializzazione della medicina di base, che dopo tante decisioni dall'alto di privatizzazione si è ridotta a tal punto da non essere più davvero efficace nel contrasto e nella prevenzione delle malattie. L'allontanamento dei medici dai cittadini e la contrazione delle unità intensive di soccorso è una delle più gravi cause della veloce diffusione del virus in alcuni comuni, cosa che dovrebbe farci riflettere sul senso del welfare state e di quanto sia importante vivere in uno stato in cui ci sentiamo protetti e curati'' ha spiegato il professor Veronese.

''Tutte queste implicazioni della pandemia hanno agito in profondità anche a livello psicologico. Durante il lockdown ci possono infatti essere stati tanti tipi di sofferenze psicologiche, sintomi della chiusura ma anche della ripartenza, con stati d'animo che hanno spaziato dall'ansia alla paura vera e propria. In questo contesto di disagio, la cosiddetta infodemia dei media ha amplificato certe emozioni negative, perché ha creato un eccesso di informazioni fuorvianti e confusionarie che hanno disorientato sia i giovani che gli adulti" ha concluso il relatore, chiedendo ai presenti un commento sul loro stato d'animo durante la quarantena, confrontandosi infine con i giovani sulle possibili risoluzioni del problema della disgregazione sociale nel contesto di una pandemia che è destinata a prolungarsi nel tempo.
M.B.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.