Annone: Enrico Rigamonti e il libro dei tempi passati coi personaggi del paese

Enrico Rigamonti
Uno spaccato di Annone Brianza sessant’anni fa. Un percorso che, grazie ad alcuni personaggi, riporta alle usanze e alle tradizioni che hanno caratterizzato l’epoca passata. Possiamo fare questo salto indietro nel tempo grazie a Enrico Rigamonti, di professione avvocato, ma con la passione per la scrittura: “Annone del Milenöfcent…voltes indré” è la sua ultima pubblicazione, fresca di stampa. Avrebbe dovuto essere presentata, in forma ufficiale alla popolazione, per la riapertura di villa Cabella ma, a causa della situazione sanitaria, l’appuntamento è stato rinviato a data destinarsi.
Il volume, edito dall’amministrazione comunale, riprende alcuni passaggi già usciti in precedenza: fino al 2014, Enrico ha infatti curato, sul periodo comunale “Annone, vita di un paese”, una rubrica, “io li ricordo così”, relativa alla biografia di alcuni personaggi “che avevano fatto la storia del paese, seppur senza clamore”. A fianco della presentazione di alcune figure che hanno caratterizzato Annone tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, nell’arco di un ventennio, si è deciso di raccontare anche le abitudini di quel periodo: sono modi di dire, proverbi, persino usanze come quelle delle botte di cui Enrico fa una classificazione piuttosto precisa e ben descritta.
“Le persone sono state scelte per la conoscenza diretta che avevo. Sono quelle più significative, come il parroco, il sacrestano, il fruttivendolo o la bidella - ha spiegato Enrico - Poi si è purtroppo aggiunto il capitolo delle cinque persone morte di Covid in primavera”.
Quanto alle persone citate nel volume, Enrico ha precisato che “non è una scelta di importanza, ma si sono inseriti coloro di cui hanno memoria anche quelli della mia generazione. L’intento è quello di ricordarli a chi in quell’epoca c’era, ma anche di farli conoscere ai giovani. Tante abitudini sono scomparse e conoscere la tradizione del posto in cui si vive a me sembra importante per non perdere le radici”.
I personaggi citati sono quelli conosciuti dagli occhi di un Ernesto bambino e pre adolescente, scritti oggi con la lucidità di chi, diversi anni più tardi, riesce a lasciare testimonianza di quanto vissuto. “I miei ricordi risalgono dal 1964 in avanti. Mi sono divertito e a tratti anche un po’ commosso a scrivere perché si torna indietro tantissimo nel tempo. C’è stato anche il divertimento di ricordare situazioni, persone e modi di dire, compreso quando ho chiuso il gatto, per pochissimo tempo e subito salvato, nel forno della canonica”.
Il lavoro di composizione del libro ha impegnato Ernesto per un mese: “Era già tutto nella mente, oltre al fatto che qualcosa lo ripetevo già nelle visite guidate di Camminannone, soprattutto in relazione a modo di dire legati al mondo animale o proverbi: alcuni avevano un riferimento nella realtà, altre invece erano per spaventare i bambini”.
Nel libro, ciascun personaggio è ben rievocato grazie anche a un’immagine che aiuta a rinfrescare la memoria, magari offuscata dagli anni. Ci sono anche fotografie che ritraggono il paese degli anni addietro.
“Nessuna epoca è perfetta perché ci sono chiari e scuri - ha aggiunto Rigamonti - Ci sono ampi lati di positività di quel periodo che secondo me andrebbero rivisitati senza Lodi e critiche, fermo rimanendo il giudizio di ognuno”.
Il testo porta anche a conoscenza di alcuni aneddoti d’epoca: “Ci sono alcune curiosità come il mercato di Oggiono dove, se facevi il bravo, ti compravano un giochino o il banchetto delle scarpe di un calzaturificio di Nava che, quando arrivava, era un evento o ancora, il fruttivendolo del giovedì. Per me quel giorno, in cui non si frequentava la scuola, era un’occasione di girare con la nonna in paese. Andavo con lei al cimitero e la accompagnavo a salutare le amiche. Sono cose che mi sono rimaste dentro anche perché facevano parte delle tradizioni”.
Un paese di un altro tempo, che oggi non esiste più, quello descritto nel testo: “Io ho conosciuto Annone prevalentemente agricolo. Poi si è sostituita l’industrializzazione anche locale, ma ricordo, per esempio, quando in questa stagione arrivavano i carri carichi di pannocchie per lo più trainati dai buoi che venivano appese sui soffitti dei porticati, mentre in cucina si faceva la polenta”.
Accennavamo in apertura al capitolo aggiunto in seguito e chiaramente contemporaneo. “E venne il flagello…” lo ha chiamato Enrico, in riferimento al Covid-19 che ha radicalmente mutato le nostre abitudini e, nei casi peggiori, ci ha fatto perdere persone care. Al ricordo, ancora una volta personale, di tali persone, lo scrittore ha accompagnato una foto. Una scelta per rendere omaggio a questi cittadini, perchè non fossero semplicemente dei numeri come ogni giorno ne sentiamo ripetere e “quale gesto di amicizia nei confronti dei loro cari”.
Michela Mauri
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