Annone: a giudizio per un furgone pignorato, ma poi...sparito

Un furgone sottoposto a pignoramento, poi "sparito", ha trascinato a giudizio R.I., l'ex legale rappresentante della Tecno Project Energy srl con sede ad Annone (nel frattempo fallita), accusato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, ai sensi dell'articolo 388 del codice penale.
Al centro della vicenda, approdata questa mattina nell'aula del giudice Giulia Barazzetta del tribunale di Lecco, ci sarebbe infatti un veicolo oggetto di pignoramento che è stato fatto da una società genovese, la quale però non è mai riuscita ad "appropriarsi" del mezzo, denunciando così il fatto alle autorità.
A processo è dunque finito il legale rappresentante della azienda di Annone che, sentito questa mattina, ha negato ogni addebito, sottolineando che all'interno della società all'epoca dei fatti -parliamo del periodo tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018- ricopriva l'incarico di responsabile amministrativo alla direzione e anche quella di legale rappresentante nonostante diversi anni prima, più precisamente nel 2015, avesse rassegnato in modo "informale" le dimissioni da tale incarico.
L'imputato si è anche difeso raccontando al giudice che, una volta chiusa la sede di Annone, tutti i beni dell'azienda sarebbero stati trasferiti presso l'abitazione della socia di maggioranza dell'azienda, luogo in cui lui non si è mai recato. "Non so dire cosa fosse rimasto" ha detto l'imputato, incalzato dalle domande del suo difensore, l‘avvocato Biagio Pignanelli. ''Io non avevo le disponibilità dei beni e non so nemmeno che fine abbia fatto il camion, nonostante i miei solleciti alla signora". Per "scagionare" il suo assistito, il difensore ha chiamato al banco dei testimoni anche l'ex segretaria dell'ufficio legale presso cui si appoggiava la società di Annone, la quale ha potuto affermare che i solleciti ad esibire il mezzo sottoposto a pignoramento venivano fatti tutti via mail alla socia di maggioranza, proprio su indicazione dell'imputato, contattato in primis in quanto legale rappresentante, che si era "spogliato" di ogni responsabilità proprio perchè non aveva la disponibilità dei beni d'azienda.
Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, il Vpo Mattia Mascaro nella sua requisitoria ha chiesto la condanna dell'imputato a 8 mesi di reclusione e al pagamento di 1000 euro di multa: secondo il pubblico ministero, nell'esporre le ragioni che lo hanno portato a chiedere la condanna dell'uomo, il legale rappresentante non ha infatti ottemperato all'obbligo giuridico che competeva al suo ruolo, non bastando così lo "scaricare" la responsabilità ai suoi preposti. Completamente opposta è stata la richiesta dell'avvocato Pignanelli, che in primo luogo ha chiesto l'assoluzione perchè, nella sua ricostruzione dei fatti, l'imputato aveva fatto tutto quello che poteva fare, cercando di convincere la socia a mettere a disposizione dei creditori il veicolo. In secondo luogo l'avvocato ha chiesto l'assoluzione per tardività della querela, in subordine l'assoluzione per la particolare tenuità del fatto e in estremo subordine il minimo della pena.
Il giudice Giulia Barazzetta ha aggiornato l'udienza al prossimo 5 gennaio, per eventuali repliche delle parti e per la sentenza.
B.F.
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