La situazione Covid in Norvegia e in Regno Unito grazie ai racconti di Simone e Filippo

L'emergenza sanitaria che stiamo vivendo nel nostro Paese - causata dalla diffusione del Covid-19 - ha portato ad un nuovo lockdown, misure restrittive e un monitoraggio costante da parte del Governo. Questa situazione difficile riguarda anche l'Europa e, in generale, il mondo intero. Sono tantissimi gli italiani che, in questo momento, risiedono all'estero per motivi di studio o di lavoro. Per cercare di capire come stanno vivendo questa seconda ondata di Coronavirus abbiamo intervistato due giovani del nostro territorio, Simone Colombo e Filippo Arosio.

Simone Colombo

Il venticinquenne Simone è originario di Missaglia. A giugno ha avuto la possibilità di fare ritorno in Norvegia per motivi di lavoro e in questo momento si trova a Stavanger, nella Scandinavia Meridionale. È responsabile di produzione in una nota pasticceria locale.
"Qui la situazione Coronavirus viene vissuta in modo molto più soft rispetto all'Italia ed è rimasta stabile fino ad un paio di settimane fa con una media di 100/150 contagi al giorno (bisogna considerare che il Paese ha una popolazione di circa 5 milioni di abitanti). Negli ultimi giorni, tuttavia, si è registrato un massiccio aumento di casi fino ad arrivare, la settimana scorsa, a 600-700 contagi al giorno. La sostanziale differenza, rispetto all'Italia, sta nel fatto che le misure qui adottate sono tutte consigliate, ma non imposte (fatta eccezione per le città di Oslo e Bergen, dove per l'alto numero di casi in alcune circostanze sono stati introdotti obblighi). Questo vuol dire che qui è soltanto sconsigliato utilizzare i mezzi pubblici o andare nei grandi centri commerciali; è consigliato non ospitare a casa un numero di persone superiore a sei; è molto consigliato l'uso della mascherina in luoghi affollati'' ci ha spiegato.

''Ma non c'è una legge che imponga o vieti cosa fare, non c'è nessuna autocertificazione o multa ed è il senso civico delle persone a portarle a seguire tutte queste raccomandazioni senza che vengano loro imposte, semplicemente perché è giusto farlo. Ci sono poi, proprio come in Italia, costanti raccomandazioni sul distanziamento sociale, bar e ristoranti hanno l'obbligo di chiusura a mezzanotte, gel igienizzante in ogni dove e tante altre piccole misure atte a contenere il virus. Misure che sono state efficaci fino a qualche settimana fa, ma che negli ultimi giorni stanno obbligando il governo norvegese a mettere dei paletti e si sta facendo sempre più concreta l'idea di un possibile lockdown se dovessero aumentare ulteriormente i casi positivi. Per quanto riguarda le frontiere, da ormai due mesi la Norvegia ha introdotto l'obbligo di quarantena per tutti i cittadini europei che fanno ingresso nel Paese, indipendentemente dalla loro condizione di salute; questa è una delle ragioni per cui il livello di contagi è rimasto così basso fino a poco tempo fa. Vi è anche la possibilità di effettuare un tampone gratuito appena atterrati in aeroporto, indipendentemente dalla nazionalità, per "filtrare" il più possibile i contagi. Ogni tipo di viaggio non necessario è comunque sconsigliato, tant'è vero che al mio ingresso nel Paese è stato richiesto il contratto di lavoro per motivare il mio spostamento. Un altro aspetto che ha reso possibile tenere controllato il numero di contagi è stato il garantire a chiunque la possibilità di richiedere un tampone gratuitamente, anche più volte, con esito entro 48 ore dal test. Anche per un debole raffreddore si può quindi procedere alla richiesta di tampone, tramite prenotazione online. Personalmente sto vivendo questa situazione in modo un po' più rilassato rispetto alla quarantena italiana (che avevo vissuto a Missaglia durante la prima ondata), probabilmente per il minor numero di obblighi e restrizioni. Sto continuando a lavorare regolarmente, ma non prevedo di tornare in Italia a breve, sicuramente non per le feste natalizie. Se la situazione lo permetterà mi piacerebbe tornare a casa per Pasqua, a quasi un anno dalla mia partenza. Ma dipenderà tutto dalla condizione sia in Italia e sia in Norvegia nei prossimi mesi"

A destra Filippo Arosio

L'ex villagreppino Filippo Arosio è nativo di Briosco e si è trasferito in Gran Bretagna per poter frequentare il corso triennale di "Military History" presso la prestigiosa  Università del Kent. Ora è al terzo anno e vorrebbe laurearsi a luglio dell'anno prossimo.
"Secondo il sito di tracciamento ufficiale del Governo, a Canterbury sono stati registrati 1.699 casi dall'inizio della pandemia. Su una popolazione di circa 60.000 abitanti, la percentuale di contagi è relativamente bassa. La mia università mi ha comunicato che, dall'inizio di settembre - e quindi dell'anno accademico - i contagi all'interno dell'ateneo sono stati 116. Tra questi si contano non solo studenti, ma anche personale docente e non. La posizione geografica periferica di Canterbury e della mia regione, il Kent, infatti, fanno sì che qui il virus abbia meno diffusione rispetto ad altre regioni più popolate e centrali del Regno Unito. Al momento, in tutto il paese è in vigore un lockdown "ibrido". Dico "ibrido" perché le misure restrittive non sono severe tanto quanto lo sono state la scorsa primavera. Una delle principali differenze rispetto allo scorso marzo è stata la decisione del Governo britannico di tenere le università aperte e di continuare le lezioni online''.

Alcuni cartelli che ricordano la necessità di rispettare il distanziamento sociale e le norme di sicurezza

''La maggior parte dei ristoranti, dei negozi e delle attività commerciali sono chiusi, con l'eccezione dei supermercati. È stato poi deciso che non più di 6 persone possono trovarsi contemporaneamente all'interno della stessa abitazione. Sebbene in teoria vi siano delle regole, all'atto pratico vengono costantemente eluse, almeno per quanto riguarda la vita all'interno del campus. In generale, percepisco molta più superficialità e noncuranza delle regole per contrastare il Covid rispetto alla scorsa primavera. Una delle lamentele più frequenti all'epoca era che non si poteva trovare una mascherina nel raggio di chilometri. Adesso, invece, si possono trovare pacchetti di 5 mascherine tranquillamente al minimarket del campus senza neanche dover andare in città, e il prezzo è assolutamente abbordabile. Tuttavia, c'è ancora un gran numero di gente che non ritiene semplicemente necessario indossare una mascherina, nemmeno in luoghi pubblici al chiuso. Un esempio del non uso della mascherina l'ho potuto constatare nella biblioteca del campus, aperta con le giuste precauzioni. All'ingresso diversi cartelli invitano a indossare la mascherina ogni volta che ci si sposta e di usare il gel per le mani. Diversi studenti non usano né la mascherina né il gel disinfettante. Anche il distanziamento tra le varie postazioni di studio molte volte non viene rispettato e si creano assembramenti di più di due persone, che fanno conversazione come se nulla fosse. Il personale della biblioteca però non rimprovera nessuno.
Una nota positiva in tutta questa situazione è il fatto che l'università ha allestito fin da settembre un grande tendone presso il quale tutti quegli studenti possono effettuare il test gratuitamente, previa segnalazione online''.

''Mi piacerebbe tornare in Italia per le vacanze di Natale. Se la situazione però dovesse peggiorare non so quanto mi convenga compiere un viaggio ed espormi al rischio di contagio. Agli studenti del Regno Unito consigliano di non lasciare l'appartamento universitario per tornare a casa. Confido che, prima o poi, torneremo a vivere tempi migliori" ha concluso.
S.B.
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