Rogeno: falsi i timbri apposti sulla pratica di cittadinanza. Assolta la tunisina 40enne a processo: è rimasta vittima di una truffa

Immagine di repertorio
Assolta perchè il fatto non costituisce reato. Con la sentenza emessa nella tarda mattinata odierna dal giudice monocratico del tribunale di Lecco, Martina Beggio, ha potuto tirare un sospiro di sollievo A.K., una 40enne di origini tunisine residente a Rogeno, finita al centro di un procedimento penale scaturito dalla legittima richiesta di ottenere la cittadinanza italiana.
Assistita dall'avvocato Monica Rosano, nel corso dell'udienza l'imputata ha raccontato la sua versione dei fatti al giudice e al vice procuratore onorario Caterina Scarselli, sottoponendosi ad esame.
Tutto ha avuto inizio nel 2018, con l'avvio dell'iter per poter divenire a tutti gli effetti cittadina del nostro Paese, uniformandosi alla condizione del marito. A questo proposito però, era necessario ottenere il certificato di nascita ed il certificato penale, da allegare alla richiesta da depositare in Prefettura. Raggiunta Tunisi, la capitale dello stato africano, la rogenese ha avuto subito i documenti necessari, che andavano però tradotti dall'arabo e legalizzati dall'Ambasciata prima di poterli presentare presso gli ufficio di Corso Promessi Sposi a Lecco. Un'operazione, quella richiesta, che la 40enne non poteva portare avanti in prima persona, avendo la possibilità di rimanere soltanto due settimane in Tunisia. Così, tramite la sorella, ha preso contatti con un'agenzia - alla quale già si era rivolto il cugino che vive in Canada per la medesima incombenza - che si sarebbe occupata della pratica per suo conto.
Oltre a subire un notevole ritardo nella consegna dei documenti, tanto da spingerla a rivogersi ad un avvocato tunisino per esortare il funzionario incaricato ad accorciare i tempi, dopo aver consegnato il fascicolo con i documenti richiesti in Prefettura, la donna si è vista arrivare a casa una comunicazione con la quale veniva messa al corrente del fatto che le legalizzazioni (ovvero i timbri) riportate sugli atti erano contraffatte, dunque non autentiche.
''Mi hanno spiegato che il mio non era l'unico caso'' ha affermato al giudice l'imputata, riferendo che - come effettivamente confermato dalla funzionaria della Prefettura sentita poco prima - vittime di questa sorta di truffa erano perlopiù donne, costrette a versare soldi per una pratica che si rivelava poi inefficace.
La rogenese, oltre ad aver pagato quasi 500 dinari, ha dovuto sostenere le spese per il legale tunisino (incaricato anche di formalizzare una denuncia a carico dell'agenzia) ed è stata poi colpita da decreto penale di condanna (per 6mila euro) emesso dalla Procura di Lecco in considerazione dei documenti contraffatti. Tramite l'avvocato Rosano si è però opposta, con l'apertura del procedimento conclusosi nella giornata odierna, con l'audizione dei testimoni e la discussione finale. Tra le persone sfilate in aula, anche una conoscente della 40enne, residente a Valmadrera e risultata vittima di un episodio analogo, con coinvolta la medesima agenzia di traduzione di Tunisi.
Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, a prendere la parola è stato il vpo Scarselli che nella sua requisitoria ha chiesto l'assoluzione dell'imputata perchè il fatto non sussiste. Un intervento al quale si è associato l'avvocato Rosano, ripercorrendo brevemente la vicenda della propria assistita e citando alcuni articoli di stampa locale e nazionale che riferivano di episodi analoghi a quelli capitati alla rogenese. Dopo una breve camera di consiglio, il giudice Martina Beggio ha assolto A.K. poichè il fatto non costituisce reato. Una parentesi giudiziaria chiusasi con un lieto fine, nella speranza che la donna possa al più presto avviare di nuovo l'iter per divenire cittadina italiana.
G. C.
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