Covid: la situazione negli USA raccontata dalla studentessa casatese Arianna Cola

La ventunenne Arianna Cola è originaria di Rogoredo e si trova ormai da un anno e mezzo negli Stati Uniti d'America. Inizialmente ha vissuto nello Stato del Wisconsin, poi si è trasferita vicino a Denver, in Colorado. Ha deciso di iniziare questa nuova esperienza per mettersi alla prova, migliorare la lingua e nel frattempo lavorare.
Arianna ha risposto ad alcune nostre domande relative alla situazione Covid-19 negli USA e alle recentissime elezioni presidenziali, che hanno visto il rappresentante democratico Biden trionfare.

Arianna Cola

Com'è la situazione in America? Avete un alto numero di contagi? Hai notato delle differenze rispetto alla prima ondata di marzo/aprile? Quali misure e restrizioni sono state adottate dal Governo per contenere questa seconda ondata?

"La situazione in America appare molto drastica: i positivi sono numericamente più elevati rispetto alla situazione di marzo/aprile.
Uno dei maggiori motivi del contagio è dato dal fatto che le attività commerciali sono ancora aperte. Il Governo si è trovato alle strette da un punto di vista economico e aiutare i lavoratori in difficoltà per la seconda volta avrebbe comportato un forte contraccolpo. Così ha deciso di non chiudere gli esercizi commerciali.
Un altro motivo della diffusione del virus è legato alle rivolte: ci sono stati molti scontri nel periodo delle presidenziali e da non dimenticare sono anche le proteste delle persone di colore a seguito di episodi di violenza della polizia americana.
Una differenza rispetto a marzo è il fatto che se prima qualcuno non sentiva né sapori né odori non veniva mandato a fare il test Covid perché molto costoso. All'epoca non si sapevano nemmeno tutte quelle cose che si sanno ora, ossia i sintomi, il periodo di incubazione e non si aveva il materiale necessario, i test erano numericamente ridotti. Ora le persone testate sono maggiori e quindi anche il numero di positivi sale. Secondo una statistica le persone maggiormente colpite sono nella fascia 25-35 anni, quindi persone giovani che lavorano o che studiano al college.
A marzo si può dire che eravamo in lockdown, tutto era stato chiuso e c'erano più restrizioni; ora i bar rimangono aperti, chiudono solamente un po' prima e non vedono alcool dopo le 22. Si consiglia di non stare in posti affollati, di indossare la mascherina, di mantenere la distanza di sicurezza. In realtà non c'è un regolamento specifico che dice cosa fare o meno, è tutto solamente consigliato. Un mio amico americano che abita nel paese vicino ha chiamato un idraulico, che è arrivato senza mascherina. Quindi c'è chi segue le regole consigliate e chi no. Il rispetto delle regole è anche determinato da quale candidato si è sostenuto alle elezioni: sembra che i repubblicani tendano a non mettersi la mascherina, chi invece è democratico pare più propenso a seguire queste regole. Da qualche giorno siamo entrati in zona rossa, ossia non possiamo avere contatti con le persone al di fuori del nostro nucleo familiare. I controlli però sono davvero molto blandi, non ci sono autocertificazioni come in Italia".

Com'è la situazione delle frontiere?

"Se ti trovi all'interno degli USA e ti devi spostare fuori dallo Stato in cui vivi, tutto dipende dalle regole stabilite dal luogo in cui stai andando. Negli USA non è Trump a decidere le regole da applicare in ogni Stato (come accade in Italia per cui è Conte a decidere per tutti), ma sono i Governatori a stabilirle. Ci sono Stati che hanno chiuso immediatamente per Covid, altri come il Texas che hanno aspettato mesi e mesi prima di farlo e sono quelli che hanno avuto più contagi di tutti. Lo Stato del Massachusetts richiede 14 giorni di quarantena o un test Covid che sia negativo prima di entrare. Questo vale anche per le Hawaii, la mia prossima destinazione. Partirò a breve e sto facendo la quarantena preventiva a casa. Le Hawaii richiedono un test negativo entro le 72 ore da fare in alcuni luoghi convenzionati. Se non hai provveduto a fare questo test, quando arrivi ci sono delle strutture a pagamento dove devi rimanere per 14 giorni. Le Hawaii, per questo motivo, hanno avuto meno contagi; inoltre è più facile controllare il traffico aereo rispetto a quello su strada. Ci sono infine alcuni Stati che richiedono il test Covid solo se si proviene dalle zone considerate a rischio. Al di fuori degli USA invece non sono ammessi viaggi internazionali, se non per motivi di lavoro o sanità".

Un murales sulla situazione Covid a Seattle

Parlando delle Presidenziali, che clima c'era nella cittadina in cui vivi? E in generale in tutta America? Secondo te Trump è riuscito a gestire in maniera efficace la situazione Covid? Ritieni che il nuovo Governo Biden debba mantenere una linea più forte e decisa sulle misure anti Covid?

"Io abito a venticinque minuti dal centro di Denver. È facile trovare ovunque cartelli, murales, scritte che siano pro o contro i due partiti. Nel mio paesino c'erano tanti cartelli pro-Biden, ma anche bandiere pro-Trump. Tante persone hanno espresso il loro voto. Prima delle elezioni, mi è capitato di guidare in macchina e trovare dei gruppi di persone con bandiere, cartelli sostenenti Trump. Ho notato che quest'anno c'è stato davvero un grande fermento per le elezioni, forse anche per la questione razziale scatenata da Trump o per come ha gestito l'emergenza sanitaria. Tante persone con cui parli dicono che è stata una delle elezioni peggiori di tutta la storia con presidenti che si sono ridicolizzati in pubblico, con tensioni, paura, ribellioni. Per fortuna ha vinto il partito democratico e Biden guiderà la Casa Bianca da gennaio.
Sono convinta che Trump non abbia preso le misure anti-Covid che avrebbe dovuto. In primis, a mio parere, ha sottovalutato il problema: finché il virus era diffuso in Cina e in Europa andava tutto bene. Negli USA c'è un flusso costante di persone che arrivano e partono e non bloccarlo fin da subito ha aumentato la possibilità di contagio. Trump inoltre non ha mai creduto e dato il giusto peso alle parole della comunità scientifica. Biden, a mio parere, cercherà di mantenere delle regole più ferree, seguirà lo stile europeo, caratterizzato da lockdown mirati per determinati periodi di tempo".

Come stai vivendo tutta questa situazione? Quando prevedi di poter tornare in Italia (se lo prevedi)?

"Il mio rientro in Italia è previsto per marzo/aprile 2021. Mi sento abbastanza demoralizzata da questa situazione perché ho deciso di trasferirmi negli USA con in mente tantissimi progetti e avventure, ma a causa del virus non sono ancora riuscita a metterli in pratica. È molto dura in questo periodo, anche per il fatto di dover fare la quarantena in una casa che non è la tua, con persone che hanno le loro abitudini. Avrei di gran lunga preferito trascorrere questo periodo a Rogoredo con la mia famiglia.
A causa della zona rossa non ho potuto nemmeno festeggiare come si deve il Giorno del Ringraziamento. Avrei voluto passarlo anche con i miei amici. Esiste infatti il Friendsgiving Day, che si festeggia durante il weekend.
Ora c'è un grosso punto di domanda per le festività natalizie e il Capodanno. Spero che la situazione migliori al più presto e si possa tornare alla normalità per cercare di sfruttare al meglio i mesi che mi rimangono qui".

Silvia Buzzi
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