La Passione per il delitto: titoli, copertine e fascette temi dell'ultimo incontro online

Altra tappa della diciannovesima edizione del festival di narrativa poliziesca La Passione per il Delitto in collaborazione con il Consorzio Brianteo Villa Greppi si è tenuta nella serata di lunedì 21 dicembre con la presentazione ''a distanza'' del libro "Fuori di testo: Titoli, copertine, fascette e altre diavolerie" dell'autrice Valentina Notarberardino, edito da Ponte alle Grazie.
L'ideatrice del festival Paola Pioppi ha discusso con l'autrice di tutto quello che ruota attorno a un libro: le copertine con i relativi titoli e fotografie, le fascette "acchiappa lettori", le manie degli scrittori e molto altro ancora.

"La copertina è la faccia del libro: tutti ce ne rendiamo conto, ma forse nessun lettore lo esplicita. Tutte le persone si vogliono presentare nel migliore dei modi e anche i libri si presentano nella loro migliore faccia ai lettori. Mi sono concentrata soprattutto sull'editoria italiana degli ultimi vent'anni con qualche incursione negli anni d'oro, ossia anni '60-'70. Ho anche messo in luce qualche curioso aneddoto di grandi autori classici, ad esempio nell'incipit del libro racconto di come Kafka non volesse lo scarafaggio sulla copertina de La Metamorfosi. Questa cosa mi ha sorpreso moltissimo perché oggi non riusciremmo a pensare ad una copertina senza lo scarafaggio. L'autore scrisse al suo editore che l'insetto in questione non poteva essere disegnato e nemmeno mostrato da lontano. Probabilmente Kafka intendeva la copertina nel senso letterale del termine, derivante dal latino, come un involucro che copre e nasconde il contenuto. Non voleva quindi che sulla copertina ci fosse parte del contenuto della sua storia. Preferiva che il lettore scoprisse la storia con la lettura. L'illustratore se la cavò disegnando a matita un uomo in vestaglia che esce dalla camera da letto con le mani intorno al volto in segno di disperazione. Come Kafka, molti autori italiani sono riusciti ad avere voce in capitolo circa le loro copertine. In alcuni casi troviamo una foto d'autore, in altri c'è solo il lettering oppure il disegno di un illustratore famoso" ha introdotto l'autrice.

"Se pensiamo ad un libro tradotto in italiano, per l'editore ci può essere un vantaggio perché la prima cosa che può fare è vedere la copertina dell'edizione originale e ispirarsi. Questa cosa però non sempre funziona: se prendiamo un libro della casa editrice francese Gallimard, l'editore italiano non riesce ad ispirarsi alla sua copertina perché è sobria, priva di elemento iconografico. Un esempio ci viene fornito da Monica Aldi, responsabile dell'ufficio iconografico di Einaudi, circa il libro Le Benevole di Jonathan Littell edito proprio da Gallimard. Non ci si poteva ispirare alla copertina originale, così la prima idea fu rendere la classicità del racconto del male con una foto di Mimmo Jodice, con classico sfondo bianco accompagnato da una fotografia. Era molto bella, ma non comunicava il contenuto del libro in modo convincente. Durante una riunione, un editor pronunciò una frase per cui il libro doveva essere come una ferita: sono stati ripresi i tagli sulla tela di Fontana applicando uno sfondo rosso, molto più forte e immediato. Fu una delle prime copertine innovative di Einaudi. Un'altra rivoluzione venne fatta dalla casa editrice Sellerio con dei libri di piccolo formato con lo sfondo blu e un'immagine centrale. Un lettore affezionato riconosce immediatamente i libri di questa casa editrice".
"A mio parere attira molto di più la copertina rispetto al titolo di un libro. È la prima cosa che si vede e se sono attirata vado poi a leggere immediatamente anche il titolo. Il mix tra un titolo giusto e una copertina azzeccata è molto importante. Un caso interessante di scelta del titolo è quello che viene raccontato da Umberto Eco per il suo best seller Il nome della rosa. Interessante è il confronto con il critico francese Genette per cui il titolo è il nome del libro, ha una funzione designativa. Eco invece sostiene che il titolo è già una chiave interpretativa. Inizialmente pensava di intitolare il suo libro L'abbazia del delitto oppure prendendo spunto dal nome del monaco protagonista. Si rese conto che però non funzionava e scelse Il nome della rosa prendendo spunto dal verso in latino che inserì alla fine del libro'' ha proseguito l'autrice.

VIDEO

''Un altro titolo molto interessante è quello di Romanzo Criminale: avevo letto in vari documenti che il titolo iniziale del libro doveva essere Storiaccia, ma l'autore Giancarlo De Cataldo ha smentito. Il titolo che in realtà stava per andare in stampa era La Spartizione. Ad un certo punto il team editoriale si accorse che esisteva già un romanzo con quel titolo e quindi si optò per Romanzo Criminale. La paternità di questa scelta viene reclamata dall'autore, dagli editor e da una giornalista".
"Un tema che ho affrontato nel libro riguarda le fascette. La loro funzione, secondo me, è molto importante perché talvolta sono graficamente disturbanti e attirano molto di più della copertina. Whitman quando pubblicò a sue spese la prima edizione di Foglie d'erba aveva mandato il libro ad un suo collega scrittore, il quale gli rispose con molti elogi e la frase ‘ti vedo agli inizi di una grande carriera'. Whitman colse l'efficacia di questa frase e nella nuova edizione la mise in copertina. Questo può essere considerato uno dei primi esempi di uso delle fascette. Un altro argomento molto affascinante riguarda i fotografi specializzati nei ritratti degli autori sui libri. Purtroppo, non tutti fanno approvare le foto all'autore stesso. Un'iniziativa molto interessante è quella dell'auditorium Parco della Musica di Roma per il festival ‘Libri come' in cui si mettono in mostra i volti degli autori, che vengono fotografati proprio durante l'evento in un apposito set. Questo è un bel modo per ragionare sull'identità dello scrittore con la sua approvazione".

I prossimi appuntamenti con la rassegna online

"La dedica, insieme ai ringraziamenti, ha a che fare con il privato dello scrittore. Lo scrittore in queste due occasioni dice sempre la verità perché parla di sé. Baricco gioca letterariamente sulle dediche, però di base è un elemento molto privato sul quale l'editore non interviene. Mi ha colpito molto la dedica di Ladri di biciclette, il libro di Luigi Bartolini da cui è stato tratto l'omonimo film di Vittorio De Sica. La dedica recitava così ‘Ai ladri romani, sperando non mi rubino la bicicletta per la quarta volta'. L'edizione venne poi ripubblicata da Longanesi dopo il successo del libro. Alcuni autori mi hanno raccontato di aver dedicato il libro alla moglie, ma dopo anni e magari con una separazione, è stata tolta nelle edizioni successive. Ci sono poi delle dediche già legate al contenuto del libro. Un altro esempio divertente riguarda il romanzo La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby: il ritardo di ore e ore dell'aereo che avrebbe dovuto portarla dalla Sicilia a Londra le fece scattare la scintilla narrativa. Dedicò così il best seller mondiale alla compagnia British Airways" ha concluso l'autrice.

S.B.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.