La passione per il delitto: l'ultima fatica di De Marco, pubblicata in un anno 'difficile'

E' stato presentato online poco prima di Natale l'ultimo romanzo di Romano De Marco intitolato “Il cacciatore di anime” edito da Piemme, nell'ambito della diciannovesima edizione del festival di narrativa poliziesca La Passione per il Delitto, proposto in collaborazione con il Consorzio Brianteo Villa Greppi di Monticello.



“Vorrei parlare di alcuni temi che si possono associare ai libri degli autori con cui ho la fortuna di parlare. Ogni volta che penso a Romano mi viene in mente la ‘fatica’ ed è di questo che vorrei discutere. Penso che la fatica possa essere declinata in tantissimi modi. L’ultimo romanzo ‘Il cacciatore di anime’ ha avuto la possibilità di venire alla luce, ma ha riscontrato anche una ‘fatica’, ossia quella di esistere in questo anno difficile” ha esordito Elisabetta Bucciarelli, che ha moderato l'incontro.
“Il mio ultimo romanzo è stata una fatica, che purtroppo ha portato pochi risultati. È uscito a giugno, quando sembrava che le cose stessero migliorando, ma poi sono precipitate di nuovo. L’unico che ha creduto a questo libro sono stato io e la fondazione del paese in cui è ambientato il romanzo. Ne sono state stampate poche copie, poca pubblicità. Una situazione che è stata vissuta in prima persona anche da altri autori. Una delle fatiche è stata scriverlo nel migliore nei modi, quindi ho frequentato e frequento tutt’ora corsi di grandi maestri come Raul Montanari. Lui apprezza il mio lavoro, i miei libri, ma questo non significa adagiarsi, bensì continuare a sperimentare e dare sempre di più. Voglio che Raul sia fiero di me. Un’altra persona che lavora al mio fianco è Chiara Beretta Mazzotta, che mi sprona a mettermi in gioco. Lei mette a punto un lavoro di editing su tutti i miei libri. Adesso realizziamo insieme una scheda di lettura molto approfondita e mi dà consigli sull’aspetto narrativo, sui personaggi.  Oltre a Chiara, nel corso degli anni mi si sono affiancate altre persone che mi aiutano nella scrittura. Desidero che la mia scrittura arrivi all’essenziale, sia limpida e strumentale al tipo di storia che racconto” ha spiegato Romano De Marco.


“Sergio Altieri è una persona che mi piace ricordare. Mi fu presentato da Raul quando ancora stavo scrivendo il mio primo romanzo. Altieri all’epoca era direttore dei Gialli Mondadori. Diventammo fin da subito amici, era molto generoso e buono con tutti. Mi ricordo che mi promise di pubblicare il seguito di un mio romanzo, ma a causa dei rinnovamenti della casa editrice, mi chiamò mortificato dicendomi che non sarebbe stato pubblicato. Non ci rimasi male, anzi lo rassicurai. Sergio poi diventò consulente per la Feltrinelli di una collana di e-book nella quale pubblicai dei libri. Posso dire che è stato veramente il padre di una generazione di autori. Lo ricordo con tanto affetto, ci ha lasciati troppo presto” ha continuato lo scrittore.



“Ho sempre fatto tante presentazioni per il lancio dei miei libri. Ho maturato nel tempo l’idea che dal punto di vista della promozione non abbiano molto senso le presentazioni. Hanno senso per il rapporto umano con i lettori, questa parte la difendo. Se un libro deve andare in classica, la presentazione non è la forma di promozione più adeguata a mio parere. Deve essere distribuito ovunque, ma ancora oggi è una cosa che non riesce sempre. Non è vero che il libro ha successo se lo scrittore fa tante presentazioni. Faccio volentieri le presentazioni, mi piace che la gente legga i miei libri e mi faccia sentire le sue emozioni. Non è attraverso queste che però si vende e si diventa ‘famosi’” ha concluso De Marco.
S.B.
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