Cassago: come è andato il 2020 all’istituto Don Guanella. Il bilancio di don Francesco

Come ha influito sulla vita delle persone diversamente abili il Covid-19? Lo abbiamo chiesto a don Francesco Sposato, il superiore dell’istituto Don Guanella di Cassago, un’istituzione per il territorio cassaghese dal 1992, anno in cui è stato fondato. Il centro è caratterizzato da due realtà distinte: tre comunità residenziali socio-sanitarie, chiamate CSS, che ospitano dieci persone ciascuna e un centro diurno che accoglie, invece, persone con disabilità durante la giornata. Il racconto di don Francesco per forza di cose ha un ampio respiro. Infatti, l’avvento del Covid-19 faceva capolino nelle nostre vite esattamente un anno fa, quando ancora sembrava un problema che riguardasse solo la Cina.


Don Francesco Sposato, superiore dell'istituto cassaghese

“Abbiamo dovuto chiudere il centro diurno con l’avvento della prima ondata e lo abbiamo riaperto nel mese di luglio”, ricorda don Francesco. Il personale assunto e il consiglio direttivo a lungo si è preparato per la riapertura, tenendo a mente tre prerequisiti fondamentali: la sicurezza, perché fosse garantita al massimo livello per evitare il contagio, considerata soprattutto la fragilità degli ospiti; la gradualità, con l’apertura assicurata non per l’intera giornata, ma a piccoli gruppi divisi in momenti diversi; la modularità, aggiornando un piano individuale per ogni ospite e tenendo in considerazione la salute di ciascuno e la loro situazione famigliare. Un razionale e oculato piano di azione a cui si sono aggiunte le riorganizzazioni degli spazi per facilitare il distanziamento, anche se per alcuni casi non è bastato.



“Nel centro diurno nell’ultimo periodo abbiamo avuto alcuni contagi, che abbiamo dovuto prontamente contenere e che fortunatamente sono stati negativizzati”, ha spiegato don Francesco. Dopo il nuovo stop dovuto all’incremento dei contagi in autunno, il centro diurno ha riaperto il 7 gennaio, con un’organizzazione ancora più sicura, che prevede tamponi rapidi per tutti e due turni di accesso (il mattino e il pomeriggio).


La resistenza al Covid-19 è stata gestita in maniera diversa nelle comunità socio-sanitarie, dove i disabili conducono la loro vita, aiutati dalle cure e dalle attenzioni del personale di servizio. Inizialmente durante la prima ondata, sostiene don Francesco, non si sono registrati casi conclamati di coronavirus, anche se ci sono state alcune febbri sospette, per le quali però non si è avuta la possibilità di approfondire per il ritardo iniziale da parte dell'autorità sanitaria negli accertamenti tramite tampone. L’unico caso confermato si è verificato a giugno, risoltosi positivamente con il tempo.
“Nella prima parte dell’anno non siamo stati molto aiutati da ATS, quindi eravamo in difficoltà nella gestione del centro. C'è stato un grande sacrificio dei nostri religiosi, che ha portato a un clima di sostegno e di aiuto reciproco”. Purtroppo, la situazione si è resa più complicata per l’assenza di alcuni operatori, che non si sono recati al lavoro perché presentavano sintomi riconducibili alla malattia. Per forza di cose, l’istituto ha chiuso le porte ai rientri in famiglia dal mese di marzo. Nonostante questo, don Francesco ha elogiato il comportamento degli ospiti del centro.



“I nostri buoni figli, come li chiamava don Guanella, sono riusciti a metabolizzare una fase di difficoltà iniziale e quindi infine ad accettarla. Hanno dimostrato tutti una grande capacità di gestire una situazione di emergenza che, a modo loro, avevano intuito”.
Ai buoni figli di don Guanella è stato comunque concesso il contatto telematico con le proprie famiglie, mentre nel periodo di giugno l’istituto ha potuto garantire le visite dei propri famigliari nel verde parco che circonda la struttura. Questa possibilità si è bruscamente interrotta con l’arrivo della seconda ondata in ottobre. Nonostante ciò, il religioso e l’istituto stanno studiando un nuovo protocollo per poter garantire le visite dei famigliari. “Ci teniamo che abbiano questo rapporto”, ha asserito fermamente don Francesco.


La situazione difficile però sprona il personale ad alleggerire in qualche modo l’atmosfera. “Cerchiamo di mantenere il nostro ambiente molto famigliare. C’è in programma una collaborazione con la radio parrocchiale in modo che anche i nostri ospiti possano fare sentire la loro voce. Durante questo periodo abbiamo sentito la vicinanza del parroco don Giuseppe e dell’amministrazione, grazie alla presenza del sindaco Roberta Marabese”. Infine, il superiore dell’istituto ha voluto lanciare un appello per le vaccinazioni. “Se i nostri disabili fino ad adesso sono stati equiparati agli anziani delle RSA, non so come mai per il piano di vaccinazione noi non siamo inseriti tra i soggetti a rischio. Quindi volevamo far sentire la nostra voce: come mai ci si è dimenticati delle persone con disabilità nelle comunità socio-sanitarie?”.
Un appello che speriamo non rimanga inascoltato, perché tutti sappiano che tra le categorie a rischio elencate, qualcuna (forse) non è stata ancora contemplata.
Martina Bissolo
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