Molteno: figli con autismo, l’associazione 'Lanterna per la speranza' aiuta i genitori

“Ci sono famiglie che vorrebbero forse sentirsi dire che passa, invece bisogna lavorare”. Quando in una famiglia piomba, per uno dei figli, una diagnosi di sindrome di spettro autistico, i genitori devono iniziare ad affrontare un percorso nuovo, trovandosi spesso tra due fuochi: “Da una parte vedi che il figlio non ti dà le stesse risposte degli altri, dall’altra non hai gli strumenti per poterglielo insegnare”.


Immagine di repertorio del sodalizio moltenese premiato da Costruiamo il futuro

Da qui l’idea, da parte di una coppia di genitori, di istituire un’associazione, sul campo da oltre un decennio per proporre soprattutto percorsi formativi e progetti per andare incontro alle esigenze del bambino. “Una lanterna per la speranza” è stata creata nel 2007 e trova sede all’interno della sede del comune di Molteno. L’attività, che viene portata avanti a livello nazionale, è cominciata inizialmente con il supporto ai bambini con autismo, prima di svilupparsi nella forma attuale, concentrata sui corsi alle famiglie e sui progetti con la collaborazione di Ats.   
“Ho un figlio di 19 anni, il terzo, che quando aveva cinque anni, ha avuto una diagnosi di autismo infantile. Mi sono ritrovata con un percorso abbastanza tormentato su come gestire il percorso riabilitativo” ha rivelato Marinella Pizzini, fondatrice e presidente dell’associazione.


Alcune volontarie dell'associazione ''Una lanterna per la speranza onlus’’

Il bambino aveva cominciato un percorso terapeutico “diverso da quello che viene fatta oggi che è migliore in termini di intervento”: “Dopo sette mesi di incontri bisettimanali, mi hanno detto che il percorso era concluso ma non avevano un riferimento da darmi per poter proseguire. Ero combattuta: da una parte, l’autismo era qualcosa che non conoscevo bene e dall’altra avevo un senso di colpa perché non sapevo come poterlo aiutare a migliorare”. Marinella ha però avuto una serie di incontri che lei reputa “provvidenziali” con alcune professioniste che hanno iniziato a seguire il figlio. Da qui l’idea di realizzare qualcosa che potesse essere d’aiuto per tante altre famiglie: “All’inizio quando siamo partiti l’autismo non si conosceva. Il mio sogno era mettere in comunicazione due mondi staccati, quello del professionista e quello della famiglia. Poi, i fatti sono andati un po’ diversamente e oggi ci concentriamo su altro”.


Uno degli incontri promossi dall’associazione

L’associazione di genitori e volontari non gestisce un centro che eroga trattamenti ai bambini affetti da autismo, ma cerca di mettere in contatto le famiglie con i professionisti del settore, focalizzandosi concretamente con iniziative sul territorio per la diffusione dei trattamenti scientificamente validati che soddisfano le linee guida 21 emanate dall’istituto superiore di sanità.
La volontà, appena nato il sodalizio, era quella di trovare uno spazio dove cercare di continuare, in forma privata, il trattamento riabilitativo che nelle strutture i bambini non potevano più continuare. L’associazione neo costituita ha trovato la sede all’interno del palazzo municipale, approvata anche dalle giunte che negli anni si sono susseguite.
Le famiglie hanno cominciato ad avvalersi della consulenza di professioniste che proseguivano, basandosi in piccoli gruppi, il lavoro già avviato in precedenza: “I bambini imparavano a crescere, vivendo anche in maniera attiva il paese e dunque mettendo in pratica quanto stavano imparando”.


Uno degli incontri promossi dall’associazione

Le strade tra famiglie e professioniste si sono in seguito divise, ma i genitori non hanno perso lo slancio. “Siamo entrati in contatto con una professionista di Roma che lavora nel Regno Unito, la dottoressa Francesca degli Espinosa e abbiamo assistito a uno dei suoi corsi: è stata una chiave di volta. A me ha restituito la capacità di essere genitore in quanto, tutto ciò che la nostra esperienza di vita ci aveva insegnato o che avevamo acquisito, con l’autismo non funziona. Questo porta, lentamente, a ridurre l’interazione con il bambino - ha spiegato la presidente - Il corso mi ha fatto capire che io non sono tenuta ad avere gli strumenti perché servono cose specifiche. Questi bambini “funzionano” in modo diverso, però se riesci ad avere gli strumenti adatti, puoi imparare. Questa modalità di insegnamento mi ha permesso di evitare alcuni grossi errori e di sostenere alcune figuracce”.
A partire da questo momento, Marinella ha seguito alcuni corsi di formazione che l’hanno aiutata nell’educazione del figlio.


La presidente Marinella Pizzini in un’immagine di repertorio

Tutto questo bagaglio, è stato trasferito anche all’interno dell’associazione. Dal 2009, ogni anno sono stati organizzato i corsi, soprattutto tra Lombardia e Piemonte. Nel 2020, a causa del Covid, dopo il primo workshop, tutti i lavori si sono interrotti. I corsi venivano promossi soprattutto a Lecco, Varese, Monza Brianza e a Milano. Gli argomenti sono stati vari: corsi sulle questioni alimentari, sulla logopedia, sull’ABA che dal 2011 è inserita tra le linee guida dell’istituto superiore di sanità come intervento migliore per bambini e adulti con autismo. “Volevamo proporre corsi di formazione in modo da poter formare più persone possibili e abbiamo sempre cercato di portare avanti il lavoro con le istruzioni”. Una lanterna per la Speranza è stata partner in una progetto “Fare rete” dell’ATS di Monza e Brianza, mentre dal 2013 sono stati avviati avviato percorsi che ricalcano il progetto “scuola insieme”, negli ultimi anni in collaborazione con ATS Brianza e di Lecco.


“L’analista del comportamento fa da supervisore al bambino e al team che ci lavora, lasciando diversi compiti da svolgere. Una volta al mese va all’interno della scuola per vedere come il bambino lavora in classe. Noi sappiamo che i figli lavorano bene quando ricevono indicazioni chiare e quando sono portate avanti nello stesso modo. Con modi differenti, possiamo dire le stesse cose e, con una certa modalità, i figli comprendono. A nostro figlio, abbiamo dovuto insegnare a dire come ti chiami, abbiamo dovuto condizionare lo sguardo facendo cose che gli altri apprendono dall’ambiente. Abbiamo dovuto scomporre tutto e insegnarglielo” ha proseguito Marinella. “Purtroppo gli interventi negli istituti scolastici ci hanno portato anche delle critiche ma sono diversi a riconoscere che un intervento simile è d’aiuto a tutti: imparare una modalità di attività, si può applicare poi a tutti. Quello che si fa, è infatti frutto di anni di studi sul comportamento, tanto che sono state definite le linee che funzionano”.
Lo scopo principale dei progetti in collaborazione con le ATS è la promozione e il consolidamento di una rete capace di costruire e sostenere un percorso di cura multidisciplinare, integrato e partecipato che accompagna il soggetto autistico all’interno del suo ciclo di vita.


Nella sede, intanto, prosegue il lavoro grazie a due educatrici che possono aiutare una famiglia ad affrontare una parte del percorso. “Come genitore arrivi a un certo punto in cui il tuo intervento perde di incisività e subentrano quelle variabili esterne che sono le altre famiglie, le altre persone sui quali tu non hai possibilità di controllo”.
L’associazione si fa conoscere grazie al sito o ai corsi di formazione, aperti a tutti.
“Non è semplice portare avanti quest’associazione, che comunque persegue l’obiettivo di essere un aiuto per i genitori” ha rivelato la presidente.
Una nuova proposta per le famiglie è programmata per il 30 gennaio quando ci sarà, online, un incontro con Stefania Longhetti, analista del comportamento BCBA: il corso si propone di fornire strumenti utili per una didattica a distanza che riesca a essere efficace anche per i bambini con autismo.
Michela Mauri
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