Villa Greppi: tra Shoah e fascismo per non dimenticare, nel volume di Filippo Focardi

Nella serata di mercoledì 3 febbraio si è tenuto l'incontro online con Filippo Focardi, docente di Storia contemporanea presso l'Università di Padova, che ha raccontato il suo libro "Nel cantiere della memoria. Fascismo, Resistenza, Shoah, Foibe" edito da Viella.
Il dibattito rientra nel progetto "Percorsi nella Memoria" organizzato dal Consorzio Brianteo Villa Greppi per la commemorazione delle vittime della deportazione nazista e per la celebrazione del Giorno della Memoria. L'edizione di quest'anno ha come tema le "Questioni di Memoria" e dallo scorso 25 gennaio fino al 9 febbraio si terranno una serie di incontri con figure di spicco nel panorama della cultura, che parleranno della Shoah, dei problemi legati alla memoria, del rapporto tra la storia e la memoria e il ruolo della memoria storica nella vita pubblica.
"Parliamo di una delle convinzioni più radicate, ossia lo stereotipo del cattivo soldato tedesco contrapposto a quello del bravo italiano, che aiuta gli ebrei. Si tratta di una contrapposizione che viene elaborata dalla classe dirigente italiana, dal governo Badoglio e da quelli successivi. Troviamo sullo sfondo un'esigenza di politica estera molto sentita e condivisa da tutti i partiti che avevano responsabilità di governo, vale a dire l'esigenza di contrapporre l'immagine dell'Italia e di salvare il buon nome del paese distinguendosi dall'ex alleato tedesco. Il problema era che l'Italia aveva combattuto dal 1940 al 1943 a fianco della Germania e aveva commesso dei crimini di guerra contro popolazioni civili. Tutti questi aspetti gravavano sul futuro del paese, ovvero l'Italia usciva dalla guerra con l'armistizio del 1943 come una nazione nemica sconfitta. È vero che poi l'Italia aveva scelto il governo Badoglio che stava dalla parte degli alleati contro i tedeschi diventati occupanti, però lo status internazionale del nostro paese era minacciato da una dura punizione. Era dunque interesse nazionale rivendicare i meriti umanitari degli italiani, che effettivamente c'erano anche stati. Tutto questo però serviva ad oscurare le responsabilità italiane, dando la colpa ai tedeschi. Questo vale sia per quanto riguarda la memoria della Seconda guerra mondiale, ovvero la distinzione tra bravo soldato italiano e cattivo tedesco in cui ci siamo riconosciuti un po' tutti, sia nel giudizio sul fascismo, cioè lo stesso meccanismo comparativo tra caso italiano e tedesco noi lo abbiamo applicato e si continua ad applicare nel giudizio sul fascismo. Per cui il fascismo italiano viene giudicato sul metro del nazismo tedesco e rispetto al nazismo quello italiano è una dittatura quasi bonaria. Questo meccanismo di giudicare il nostro passato, la guerra e il regime facendo costantemente un paragone con la Germania ha avuto, a mio parare, degli effetti distorsivi. Abbiamo messo da parte i crimini commessi durante la guerra e le responsabilità del fascismo, il suo aspetto criminale e violento. I tedeschi sono stati un formidabile alibi alla tranquillità della nostra coscienza nazionale" ha introdotto Focardi.



Da sinistra Filippo Focardi e Daniele Frisco

"Si può notare un contrasto nella raffigurazione dei due leader, Mussolini e Hitler. Fin dall'inizio Hitler rappresenta l'incarnazione dell'anticristo, fanatico, violento, criminale, mentre Mussolini viene descritto come un cesare di cartapesta, una figura gloriosa, scenografica, ma a basso tasso di violenza. Ciò è interessante perché su questo giudizio negli anni '45-'46 convergono tutte le politiche. L'ironizzazione del Duce era fatta per screditarlo, ma questo ha fatto sì che si sottolineasse una differenza macroscopica tra lui e Hitler. I due comandanti erano però fatti della stessa pasta, si assomigliavano molto di più rispetto a questa loro raffigurazione postuma. Questa raffigurazione è rimasta predominante, si parla del buon uomo Mussolini. De Felice ha riproposto una scissura completa tra fascismo e nazismo, tra i due capi"
"Nell'immediato dopoguerra ogni responsabilità per la persecuzione degli ebrei è stata addebitata sulle spalle dei tedeschi. Al centro della narrativa italiana c'era l'idea che gli italiani non erano stati per niente antisemiti, si diceva che le leggi razziali del '38 fossero state imposte da Hitler a Mussolini. All'interno di un altro volume intitolato Culture Antisemite troviamo un articolo di grande interesse dove vengono analizzate le reazioni della Germania nazista all'introduzione in Italia delle leggi razziali. Emerge che i tedeschi erano rimasti molto sorpresi dalla decisione italiana di introdurre dei provvedimenti antisemiti. È falsa l'idea che ci sia stata pressione da parte della Germania sull'Italia per introdurre le leggi, infatti questa fu una scelta autonoma di Mussolini. Nell'immediato dopoguerra vi era quindi l'idea che gli italiani non erano antisemiti, le leggi razziali erano state volute da Hitler e subite da Mussolini e gli italiani stessi avevano fatto a gara per salvare gli ebrei. Quest'opera di salvataggio degli ebrei era stata sottolineata dal governo, dalla chiesa cattolica. Le leggi razziali in realtà erano state messe in atto in modo molto capillare e con effetti dirompenti. La metà degli ebrei erano stati arrestati e spediti ad Auschwitz dai soldati italiani. La dimensione delle nostre colpe è rimasta oscurata almeno fino al 1988 in cui c'è una grande svolta a livello storiografico: si comincia a studiare bene il processo di introduzione delle leggi, come hanno funzionato, ... è iniziato un percorso importante, sostenuto a livello istituzionale. Si è studiato non solo il periodo '43-'45, ma anche quello dal '38 al '43. Il Giorno della Memoria è importante: la legge italiana, risalente agli anni 2000, riconosce la persecuzione italiana degli ebrei. Non è un riconoscimento totale perché nella legge manca la parola 'fascismo'. Una parte della legge prevede che si faccia ricordo delle vittime e dei salvatori di qualunque parte politica. Nella prassi celebrativa degli ultimi anni abbiamo visto un proliferare il mito del buon italiano. È giusto riconoscere il valore di queste persone, ma concentrando la luce su di loro si allontana la concentrazione su quegli italiani che hanno perseguitato gli ebrei" "Ci sono due grandi stagioni della memoria europea: la prima dal 1945 al 1989 e la seconda dal 1989. Nel primo periodo gli europei hanno creato una memoria della Seconda guerra mondiale basata su due pilastri, ossia la creazione di una memoria epica della resistenza e l'attribuzione della colpa di tutti i crimini esclusivamente alla Germania. È sicuramente una memoria che ha accantonato altre realtà, ad esempio quella del collaborazionismo e quella riguardante i crimini di guerra, che erano stati commessi anche dai vincitori. L'Italia rientra in questo modello: è stata creata una memoria nazionale, che ha enfatizzato la memoria della resistenza. Questa memoria della resistenza è stata enfatizzata negli anni '60 in cui dirigeva il governo del centro-sinistra. Poi si sono succedute diverse stagioni, ad esempio negli '80 c'è stato il revisionismo, che aveva due grandi direttrici di attacco: un primo canale aveva una certa visione edulcorata del fascismo, che lo privava dei tratti liberticidi e criminali e un secondo canale di critica della resistenza, focalizzata sull'elemento dell'anticomunismo. Il passaggio fondamentale da ricordare è quello degli anni '90: da questo revisionismo e da un discorso culturale si è passati ad un discorso istituzionale. Con la prima Repubblica sono spariti tutti quei partiti che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale, si assiste ad un sistema politico diverso e già nel '94 sale al governo un raggruppamento di partiti che non hanno legami diretti con la resistenza oppure hanno ancora dei legami con la memoria antagonista, neofascista. Questi partiti provano a creare una base di legittimazione storica del nuovo assetto politico avulsa dall'antifascismo" ha concluso lo storico.
Prossimo incontro si terrà venerdì 5 febbraio alle ore 21 con ospite la semiologa e docente Valentina Pisanty, che parlerà del suo libro "I guardiani della Memoria" edito da Bompiani. Si potrà assistere sulla Pagina Facebook, sul canale YouTube e sul sito del Consorzio Villa Greppi.
S.B.
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