Ecoreati in Lombardia e 'ndrangheta tema dell'incontro web promosso dal Circolo Alpi

Nel 2019 sono stati 1500 i reati ambientali commessi in Lombardia. Si tratta della settima regione italiana per numero di illeciti di questo tipo, la prima del Nord Italia. Nel 2017 il fenomeno ha avuto un incremento notevole a causa dei numerosi roghi nel pavese e nell'hinterland di Milano. Oggi non è possibile ignorare (e negare) il filo rosso che lega la locomotiva d'Italia con la 'ndrangheta.
È di pochi giorni fa, infatti, l'operazione, guidata dalla DDA di Milano, che ha portato all'arresto di alcuni esponenti legati alla criminalità organizzata calabrese, che - secondo le accuse - conducevano operazioni illecite con rifiuti radioattivi anche nel territorio della provincia di Lecco.

Per approfondire l'argomento l'Arci Como ha organizzato un webinar per discutere di ecomafie, ovvero di illegalità criminale nel traffico dei rifiuti. L'incontro è stato il secondo della rassegna "4 colpi alla ‘ndrangheta", organizzato dal Circolo Ambiente "Ilaria Alpi" e da Arci Como, col patrocinio dei Comuni di Alzate Brianza, Cabiate, Carugo, Inverigo, Lurago d'Erba e Mariano Comense. Alla conferenza - moderata da Roberto Fumagalli, presidente del Circolo Ambiente "Ilaria Alpi" - hanno partecipato Silvia Bonardi, magistrato della DDA di Milano, che ha seguito le principali indagini relative ai roghi di rifiuti e ai traffici ambientali delle ecomafie in Lombardia e Monica Forte, presidente della Commissione Antimafia della Lombardia.
In seguito ai numerosi roghi, infatti, la regione ha rischiato di trasformarsi in una nuova "terra dei fuochi". Da quanto emerso in un'inchiesta condotta dalla DDA di Milano, la stessa città di Como è diventata crocevia di trasferimenti illeciti di rifiuti tra il Nord e il Sud Italia da parte delle cosiddette ecomafie. A inizio mese lo stesso procedimento penale ha portato il Tribunale di Como a comminare condanne in primo grado, fino a 4 anni ai gestori - a loro volta legati ad esponenti locali della ‘ndrangheta - di due depositi in città; i responsabili risultano accusati "di aver smaltito illegalmente 14mila tonnellate di rifiuti".
"Quando conduciamo indagini sul traffico di rifiuti, nel 90% dei casi arriviamo alla criminalità organizzata, un fenomeno che riguarda spesso la ‘ndrangheta - ha spiegato il magistrato Silvia Bonardi - I roghi sono iniziati dopo la chiusura delle frontiere cinesi. Oggi questo fenomeno sembra scomparso, anche se in realtà non è così".
Il problema, infatti, non è stato risolto: il traffico di rifiuti illegale ha ora come destinazione Malesia, Slovenia, Bulgaria e Albania.
Se nell'immaginario collettivo il fenomeno degli incendi spesso è associato a discariche abusive, in realtà la maggior parte dei roghi riguarda siti autorizzati. Basti pensare che nel 2019 in Lombardia su un totale di 21, solo 8 erano stati appiccati in discariche abusive.

Monica Forte ha invece sottolineato come siano ancora tante le falle nel sistema rifiuti. Il presidente della Commissione Antimafia della Lombardia, infatti, ha criticato fortemente il sistema di smaltimento rifiuti applicato dalla regione nel 2020 e approvato senza particolari accortezze.
"L'Arpa Lombardia denuncia da anni una carenza di personale - ha detto Forte. - Se si vogliono ottenere controlli quantitativi e costanti c'è bisogno di una visione d'insieme".
La mancanza di un'idea chiara, la presenza di norme contraddittorie, una politica che rimbalza le sue responsabilità al settore tecnico-amministrativo sono tutti elementi che agevolano i trafficanti.
Durante la conferenza on line si è fatto riferimento ad alcune inchieste, tra le quali la maxi operazione "Cardine - Metal Money", scattata il 9 febbraio scorso e che ha coinvolto diciassette cittadini italiani (nove in carcere ed otto agli arresti domiciliari) per reati di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoriciclaggio, usura ed estorsione, aggravati dall'aver favorito la ‘ndrangheta.
Come evidenziato nei giorni scorsi dalle autorità competenti: "l'attività investigativa ha in particolare consentito di ricostruire l'esistenza di un sodalizio mafioso capeggiato da un soggetto già condannato per 416 bis c.p. sia nell'ambito dell'operazione "La notte dei fiori di San Vito" di metà degli anni '90, sia nell'operazione "Infinito" del 2010, e che si ritiene tuttora esponente di spicco della ‘ndrangheta lombarda".
Infine, si è discusso anche dello stato delle cave - oggi in Lombardia sono 600 i siti in attività senza un adeguato accesso ai dati - e della possibilità di risolvere il problema dei rifiuti tramite l'impiego di inceneritori, una soluzione ritenuta insostenibile dai relatori intervenuti.
B.V.
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