Villa Greppi: Galiano e ''L'arte di sbagliare'' per il debutto della rassegna Iterfestival
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Quest'anno gli appuntamenti si terranno tutti online a causa della pandemia, ma il calendario si presenta molto ricco grazie anche alla direzione artistica di Martina Garancini e Claudia Frauto. Primo ospite è stato l'insegnante e scrittore Enrico Galiano che ha presentato il suo ultimo libro intitolato "L'arte di sbagliare alla grande" edito da Garzanti Libri.
"Enrico è nato a Pordenone nel 1977, è un insegnante di una scuola media di provincia, molto attivo sui social - ha introdotto la mediatrice Martina Garancini - Il pubblico lo conosce grazie alla sua webserie "Cose da prof", che ha superato i venti milioni di visualizzazioni su Facebook. Nel 2015 è stato inserito nella lista dei cento migliori insegnanti d'Italia dal sito Masterprof.it Possiamo anche dire che è un grande scrittore, molto amato. Ha già pubblicato quattro romanzi e oggi ci occupiamo del suo ultimo libro "L'arte di sbagliare alla grande". Non si tratta di un romanzo, ma di un piccolo saggio autobiografico nel quale Enrico passa in rassegna la sua vita, gli errori compiuti condividendoli con i lettori. È un testo scritto con sincerità, che spiega bene chi è Enrico dal punto di vista personale e anche lavorativo. Nella sua vita ci sono state due forze: la scrittura e l'insegnamento. In mezzo si trova una terza variabile, ossia il mondo dei social. Vorrei partire proprio da questo e mi piacerebbe che raccontassi al pubblico che ci segue quando sei diventato insegnante e scrittore".
Il viaggio di Enrico per diventare insegnante è stato incredibile e tortuoso. Si laurea in Lettere, ma non pensa subito all'insegnamento: "L'errore fatale è stato quello di puntare in basso per non farsi troppo male. Ti fai ancora più male se cerchi di non farti male, e questo è il paradosso che ho cercato di raccontare. Dopo l'università mi cimento in diversi lavori, ad esempio il cameriere, il lavapiatti, distribuisco volantini. Sulla soglia dei trent'anni ho avuto un momento che ho battezzato con il nome di "Rosa Parks". Nel 1955 Rosa con un semplice 'no' di fronte ad un'ingiustizia ha cambiato la storia. Nel mio caso l'ingiustizia era verso la mia vita. Trasportavo ciclamini tutto il giorno, un lavoro faticoso, ma che mi permetteva di pensare. Ho deciso così di mandare delle lettere scritte al computer per seguire la vocazione all'insegnamento. Dopo poco tempo mi hanno chiamato per una supplenza in una seconda media e da qui è partito tutto".
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Uno dei temi presenti nel libro è proprio quello dell'errore. Sbagliare non lascia mai un buon sapore. L'alternativa all'errore è quello che può fare ancora più male. Cercare strade che tengano protetti serve solo ad avere una ferita ancora più profonda. Nella scuola - afferma Galiano - si respira un atteggiamento totalmente sbagliato verso l'errore, ossia un atteggiamento di chi lo condanna. Viene collegato subito alla colpa. È molto raro che gli studenti vivano l'errore con la consapevolezza che è qualcosa che gli aiuta a crescere. In realtà anche i più grandi sono diventati tali a prezzo degli errori commessi. L'errore è la via più breve per arrivare alla meta. Il libro serve a cambiare il punto di vista sull'errore, non più visto come una cosa da evitare a tutti i costi. "C'è una parte dell'errore che andrebbe quasi festeggiata in quanto ora sai quello che non devi fare. Nella scuola invece si tende a nascondere l'errore. Mi piace usare la metafora del bianchetto. Questo prodotto viene usato in maniera smodata nei quaderni, ma questo non cancella realmente l'errore. Serve solo a mascherare, coprire. È molto pericoloso perché se tu non guardi bene il tuo errore, riesci più lentamente a migliorare". Il compito di un'insegnante è quello di mostrare l'errore agli alunni. Enrico lo faceva utilizzando solo una penna rossa. Ha introdotto poi l'uso della penna verde per sottolineare il superamento dell'errore. Questo sistema ha permesso dei miglioramenti più veloci in quanto motiva gli alunni.
Con il lockdown sono cambiate tante cose nel mondo scolastico ed è cambiato anche il modo con cui si guardano i ragazzi. Prima erano più invisibili, ora ci accorgiamo di loro. Si dice che i giovani stiano male, ma in realtà - afferma Galiano - stavano male già prima della pandemia. Ce ne siamo accorti solo ora perché li vediamo sempre in casa e non ci può più sfuggire questa cosa. Privare un ragazzo della sua socialità è pesante. Secondo lo scrittore però ad ogni perdita corrisponde anche un qualcosa che si acquisisce. Se si dovesse tornare alla normalità i ragazzi vivrebbero la loro vita con un altro tipo di atteggiamento, più consapevole e coraggioso. Le nuove generazioni saranno forti proprio perché hanno vissuto qualcosa di tremendo.
S.B.