Bulciago: a dieci anni dall'uccisione di VIK, una serata web per tenerne vivo il ricordo

Sono passati già dieci anni dalla scomparsa di Vittorio Arrigoni, l’attivista e giornalista originario di Bulciago che ha perso la vita nella striscia di Gaza da dove combatteva e faceva sentire la sua voce per la causa palestinese. La sua morte, avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite, è una ferita ancora aperta per i famigliari e gli amici, per tutte quelle persone che gli volevano bene e che ha incontrato lungo il suo cammino. La vita di Vik, appellativo con cui amava farsi chiamare, è stata piena, ferma e decisa, ha sempre combattuto per i suoi ideali senza mai pentirsene, ha portato avanti la causa per la liberazione della striscia di Gaza raccontando i giorni difficili tra 2008 e 2011 a giornali come “Il manifesto”, a programmi radio e a testate indipendenti, facendo sentire la sua voce. Ogni anno il 15 aprile è ormai consuetudine trovarsi a parlare di lui, una commemorazione che ha il sapore di un inno alla vita, una festa in suo onore che questa volta però ha dovuto spostarsi via web, in streaming su you tube a causa delle restrizioni covid.



Alla serata hanno preso parte molti amici e compagni di avventura di Vittorio, persone che lo hanno conosciuto e ne hanno condiviso gli ideali. Grazie alle loro voci si è ricordata una parte della vita di Vik, punti di vista differenti e momenti diversi della sua esistenza, come un mosaico colorato che è andata a comporre la figura di un attivista che è diventato conosciuto in tutto il mondo. Tra i presenti c’era anche la sorella Alessandra che con la madre, Egidia Beretta, è sempre stata molto presente nella vita di Vittorio, visibilmente emozionata per quella ferita che non si è mai chiusa del tutto.

Vanessa Tosa è sempre rimasta nell’ombra, a condiviso 10 anni accanto a Vittorio, ma solo da poco tempo ha iniziato a raccontarlo direttamente con le sue parole. Lo ha conosciuto ventenne, all’inizio della sua esperienza di attivista, già ricco di ideali, studioso e preparato, tra i suoi numerosi viaggi di volontariato e le consegne con il camion del padre durante le quali aveva creato una vera e propria rete di amici con cui scambiava cd registrati. “Vittorio è sempre stato così, in apparenza tenebroso, ma in realtà aperto a tutti- ha raccontato Vanessa- lui si ricordava di ogni persona che incontrava, era in grado di risvegliare le anime e di muovere i cuori. Mi ricordo il giorno che ha coniato il suo famosissimo motto restiamo umani, simbolo della lotta che lo ha accompagnato fino alla fine”

Vittorio ha incominciato con i primi viaggi di volontariato, ha scoperto il mondo e le sue culture, sempre ha offerto il suo cuore e l’aiuto agli altri. È mentre si avvia verso la maturità del suo percorso che incontra Maria Elena Delia, le loro strade si incrociano nel 2004 in concomitanza della morte di Tiziano Terzani, quando Vittorio stava per andare a Gaza. Nella striscia la situazione era al limite, Vik veniva spesso cacciato fino a finire sulla lista nera di Israele, ma lui non si dava per vinto, provava ancora e ancora. “per lui quelli erano mesi terribili, voleva tornare a Gaza, ma non ci riusciva- spiega Maria Elena-  poi è arrivato il free Gaza Movement e con quel progetto ha ritrovato la forza per lottare. Vittorio mi ha insegnato davvero tanto, a parlare con gli altri e ad accoglierli nel mio cuore, posso dire con sicurezza che mi ha cambiato la vita”. Vittorio organizza l’arrivo a Gaza via mare, due imbarcazioni che arrivano nel porto riaccendendo le speranze dei palestinesi, è quello che molti definiscono il periodo più bello della sua vita, la via di non ritorno per la sua battaglia.

Da quel momento tutto cambia, cambia per la vita di Vittorio che per quella delle persone che aiuterà, è in quel periodo che incontra Michele Giorgio, giornalista de “Il manifesto” di istanza a Gerusalemme. “io avevo imparato a conoscere Vittorio attraverso le parole dei locali che lo dipingevano come un eroe, il suo arrivo con le due barchette era proprio un’impresa. La prima volta che ci siamo incontrati abbiamo condiviso un panino al bar, mi è apparso un subito un ragazzo determinato, aveva amici ovunque e si preoccupava di come stesse la gente. Da quel momento siamo rimasti sempre in contatto”. Dalle parole di Michele emerge la figura di un Vittorio giornalista, l’unico italiano ritrovatosi a Gaza dopo il 28 dicembre 2008, l’inizio della terribile operazione piombo fuso e così, in un paese chiuso per tutti i giornalisti, era diventato l’unico a poter raccontare all’Italia cosa stava accadendo. “Vittorio mi chiamava staffetta partigiana- prosegue Michele.- perché quando andavo a trovarlo a Gaza lo rifornivo di alcolici. Un giorno però mi hanno sequestrato le bottiglie, quando l’ho detto ha Vik mi ha risposto che non avrei dovuto preoccuparmi, un giorno sarebbe cresciuto un albero con tutte le bottiglie di gin, a quel punto tutti, isreaeliani e palestinesi, sarebbero stati felici”

È in quegli anni di Gaza che c’è l’incontro con Christian Elia, giornalista per PeaceReporter ed ora per Code Magazine,  insieme hanno raccontato la tragedia di Gaza, colleghi attivisti in un mondo che pare non poter essere cambiato. È un racconto forte quello di Christian che parla di un Vittorio che aveva la capacità di scrivere con un incredibile carico di emozioni, anche le cose brutte, le più dolorose, così come deve fare un vero giornalista. “dopo l’ultimo viaggio Vittorio ed io avremmo dovuto incontrarci per un progetto molto particolare- racconta- dieci anni dopo lo sto ancora aspettando con un briciolo di speranza e di tristezza. Vik non c’è più e nemmeno quella redazione, tutto se ne è andato lasciando però una striscia indelebile”

Adie Mormech interviene dall’Inghilterra, anche lui attivista, è diventato amico di Vittorio per caso; il loro incontro risale al 2010, al Cairo, dove si erano radunati tutti gli attivisti espulsi da Israele, Adie era stato arrestato per volantinaggio e trova in Vik il suo salvatore. “la cosa che ho imparato di più da Vittorio è il coraggio, lui era l’esempio di tutto questo, investiva tutto il suo tempo per comunicare, scriveva, cercava informazioni, era un bravo reporter ma anche un attivista. Quando Vik ci ha lasciati mi sono chiesto più volte che cosa dovessi fare, allora mi sono chiesto che cosa lui avrebbe voluto, così sono tornato a Gaza per portare avanti la sua battaglia”. Di lui Adie ricorda l’incredibile forza comunicativa, la capacità di creare legami duraturi come pochi sanno fare.  



Tra i racconti della serata quello più toccante è senza ombra di dubbio quello di Alberto Pace, attivista e giornalista spagnolo che incontra Vittorio durante i tentativi di rientrare a Gaza, hanno condiviso tutto insieme, la paura per le bombe e la possibilità di morire per la loro causa. “fin dal primo minuto in cui gli ho parlato ho capito che lui era estremamente coerente tra quello che diceva che faceva. Mi  ricordo che un giorno mentre eravamo nei bunker a ripararci delle bombe mentre tutti piangevamo per la paura, lui, un omone che era il doppio di me, si è alzato in piedi, nel buio e in mezzo a tante persone ha iniziato ad insultare gli aerei, era un vero leader carismatico- racconta Alberto- ci siamo incontrati per l’ultima volta a Firenze, al festival dei Popoli dove ero in concorso con un mio documentario. Quella sera in piazza, con una bottiglia di vodka in mano abbiamo parlato della possibilità di morire, lui però non aveva paura, non ha mai cambiato idea”. Per Alberto, vittorio è un amico, il simbolo di quella lotta infinita a cui non ha mai voluto arrendersi, il ragazzo che non si fermava di fronte a nulla e offriva sempre la sua mano.

Tra i presenti all’incontro c’era anche Anna Maria Selini, lei che dopo la morte di Vittorio lo ha raccontato attraverso biografie e documentari. Lo ha conosciuto durante la fase calda di Gaza, dalle pagine del corriere e di altri giornali dove riportava i suoi racconti. “sono rimasta affascinata dalle sue parole, così l’ho contattato per un’intervista e da quel momento siamo diventati amici. Sono andata a Gaza 4 volte e Vittorio mi ha sempre aiutato, aveva una rete di collegamenti incredibili. Lui non aveva vie di mezzo, per lui era o bianco o nero, non c’erano vie di mezzo”. È carica di emozione la voce di Anna Maria, così come lo sono quelle di tutti gli altri, amici e compagni che a distanza di 10 anni portano ancora Vittorio nel cuore. Lo ricordano tutti con ammirazione cercando di portare avanti quell’ideale che per lui ha sempre combattuto, essere umani, così come recita lo slogan da lui creato, che non significa fare necessariamente degli attivisti, ma non girare la testa dall’altra parte quando c’è un’ingiustizia.
Giorgia Monguzzi
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