Barzanò, ''crac Ilme'': assolti marito e moglie, i 2 imputati

La Procura, nella persona del sostituto Paolo Del Grosso, aveva chiesto 3 anni e 4 mesi di reclusione per lei, 3 anni "secchi" per lui. Quest'oggi il collegio giudicante del Tribunale di Lecco - presidente Enrico Manzi, a latere le colleghe Giulia Barazzetta e Martina Beggio - ha assolto entrambi, da tutte le accuse mosse a loro carico. "Il fatto non sussiste" il verdetto emesso in relazione ai capi d'imputazione condivisi tra i due, entrambi assistiti dall'avvocato Guido Corti, marito e moglie nella vita, soci nel lavoro, finiti a processo dopo il crac della loro azienda, la I.L.ME. Industria Lavorazione Metalli srl, società con sede a Barzanò dichiarata fallita nel 2016, dopo 36 anni d'attività. Al centro dell'attenzione, nello specifico, un "buco" di 265.000 euro che, stando all'impianto accusatorio, la signora P.A.G e il marito P.B., amministratori dell'impresa in tempi diversi, avrebbero concorso a creare con due decisioni finite sotto la lente del Pm: la prima aver proseguito l'attività sfruttando 300.000 euro di rivalutazione del capannone per mantenere il patrimonio netto in positivo fino al 2014 pur in presenza di perdite costanti che avrebbero - se fosse stato riadattato il valore dell'immobile - portato a dover anticipare la liquidazione; la seconda l'aver addossato alla I.L.ME. l'acquisto di un negozio poi ceduto in affitto - con un canone che a detta del curatore non copriva nemmeno le spese - a un'altra società della famiglia, con oggetto estraneo alle lavorazioni meccaniche, occupandosi di cani e gatti. Rendendo esame i due avevano spiegato il senso delle scelte compiute e dei sacrifici fatti, investendo nella loro società vista come una garanzia per assicurarsi una pensione dopo una vita di lavoro da "artigiani". Solo P.A.G rispondeva poi anche di bancarotta preferenziale, per un pagamento effettuato in favore di un istituto di credito. Una operazione che la stessa aveva descritto come "imposta" dalla banca stessa, ricostruendo l'accaduto al cospetto del collegio. Per tale ultima accusa, è stata assolta "perchè il fatto non costituisce reato".
A.M.
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