Iterfestival ospita Ardone e il suo ''Il treno dei bambini''

Continua il festival letterario "IterFestival" promosso dal Consorzio Brianteo Villa Greppi con la collaborazione della libreria "Lo Sciame Libri" di Arcore. Questa volta è stata ospite l'autrice Viola Ardone, che ha raccontato alla mediatrice Martina Garancini il libro "Il treno dei bambini" edito da Einaudi.
Il dibattito si è aperto parlando del contenuto del libro: "Ci troviamo a Napoli nel 1946, appena conclusa la guerra. Per strada ci sono tantissimi bambini, che a volte vivono in uno stato di completo abbandono. C'è il problema della fame - afferma l'autrice - sono denutriti e soggetti a malattie spesso polmonari. Appartengono a famiglie estremamente numerose e per evitare che questi bambini si perdano, viene organizzata un'iniziativa da parte dell'Unione delle Donne Italiane, supportata dal Partito Comunista. Si tratta della creazione di "treni speciali", che portano i bambini dalle città provate dalla guerra (non solo Napoli) verso famiglie disposte ad accoglierli per un periodo variabile, dai sei mesi ad un anno. Troviamo famiglie principalmente dell'Emilia-Romagna, ma anche della Liguria, del Piemonte e delle Marche. Questa idea sperimentale è stata promossa dalla deputata comunista Teresa Noce, che a Milano ha creato una prima colonia di bambini. A Napoli è stato fondato un Comitato dall'intellettuale e editore Gaetano Macchiaroli, supportato da una serie di presenze femminili importanti. I bambini trascorrono con le famiglie affidatarie un periodo di tempo, ma nel libro seguo il percorso di Amerigo Speranza, un personaggio d'invenzione, che approda a Modena e questo fa sì che cambi punto di vista e anche il suo destino. Seguo Amerigo fino a quando diventa adulto per vedere se questa esperienza ha lasciato in lui segni positivi o anche qualche incrinatura interiore". Fin dalle primissime righe si incontrano due personaggi: il già citato Amerigo, un bambino magro, dai capelli rossi e pieno di lentiggini e Antonietta, una madre sola, di poche parole e modi rudi. La storia viene raccontata da Amerigo, quindi il lettore segue passo dopo passo la sua avventura. Il suo nucleo familiare è fragile, infatti il bambino ha solo la mamma. Non c'è un papà che lo abbia riconosciuto. La donna ha avuto un altro figlio, ma purtroppo è morto piccolo. Ha già fatto l'esperienza della rinuncia, del dramma e quando le si parla dell'opportunità del "treno dei bambini", la coglie al volo. Non è la tipica mamma napoletana, ma è un po' rude, non manifesta il suo amore con gli abbracci, ma lo fa con i fatti. Nella città circolavano dei pettegolezzi sui treni, si diceva che avrebbero condotto i bambini in Russia e i comunisti li avrebbero ridotti in schiavitù. Nonostante questo, Antonietta compie un atto di coraggio e lascia andare il figlio.


"Amerigo inizialmente non possiede nulla - continua Viola Ardone - ma ha la capacità di inventare dei giochi. Il suo sguardo parte dal basso e osserva le scarpe delle persone. Questo diventa anche un modo per inquadrare chi gli sta davanti da un punto di vista sociale. Questa metafora si ritrova in tutto il libro: per farsi strada nella vita bisogna avere delle scarpe comode. Amerigo non ha le scarpe, ma sul treno gli vengono date e da qui il suo orizzonte diventa più ampio". Nel romanzo appaiono due donne, la Pachiochia e la Zandragliona. Sono entrambe senza figli, molto affezionate ad Amerigo ed esprimono due pareri opposti circa la volontà di Antonietta di mandare via il figlio: la Zandragliona simboleggia la fiducia, mentre la Pachiochia rappresenta la sfiducia, la paura, i pregiudizi. In ogni caso Amerigo viene condotto a Modena, ma la scrittrice vuole chiarire che le famiglie disposte ad accogliere non sono benestanti, bensì povere, si tratta di contadini e braccianti. Il fatto di vivere in realtà più piccole e meno urbanizzate permetteva ai bambini di sopravvivere meglio. È un gesto di solidarietà importante, che crea un legame indissolubile. Durante il soggiorno nella nuova famiglia, Amerigo scopre un talento, ossia di avere un buon orecchio per la musica. Comincia a prendere lezioni di violino, ma quando arriva a Napoli si scontra con una situazione in cui la mamma è ancora in difficoltà economica. Questo crea in lui una lacerazione e nel rapporto con la mamma Antonietta. Verso la fine del libro si compie un salto temporale, siamo nel 1994 e Amerigo torna a Napoli. Ha un buon lavoro, è un uomo per bene, però è solo. Non ha mai raccontato la sua storia a nessuno. Deve fare i conti con il suo passato e fare pace con quello che è stato, tra cui il rapporto con la mamma: "La storia di Amerigo è quella di un bambino e inizia quando si trova con la mamma per strada e finisce quando prenderà una decisione importante. Però avevo bisogno di concludere la mia storia, di inserire un terzo atto. Volevo cercare una pacificazione tra Amerigo e la mamma".
I prossimi appuntamenti saranno:
  • Mercoledì 28 aprile alle ore 21 con Marco Balzano, autore del libro "Quando tornerò"
  • Giovedì 29 aprile alle ore 21 con Mauro Biani, che presenterà "E' questo il fiore"
  • Venerdì 30 aprile alle ore 21 con Gaetano Savatteri per "Quattro indagini a Màkari"
S.B.
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