Casatenovo: ai domiciliari per rapina e con precedenti per omicidio, 42enne rimedia altri tre anni per maltrattamenti in famiglia
Il pubblico ministero Andrea Figoni aveva chiesto la condanna dell'imputato a sei anni di reclusione, ritenendo che l'istruttoria dibattimentale ne avesse più che provato la responsabilità penale in ordine ai fatti contestati.
La sentenza pronunciata dal collegio giudicante qualche minuto dopo le 16 di quest'oggi è stata meno severa: tre anni - riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva - nei confronti del 42enne a giudizio per maltrattamenti in famiglia nei confronti della moglie con la quale per un brevissimo periodo aveva risieduto a Casatenovo.
Dal racconto reso ai carabinieri della locale stazione si è dunque aperto un fascicolo penale per ''maltrattamenti in famiglia'' a carico dell'uomo - siciliano d'origine - detenuto per anni in carcere a seguito di una condanna per omicidio volontario e ora agli arresti domiciliari nella ''sua'' Palermo per una rapina messa a segno durante il lockdown ai danni di un ufficio postale del territorio emiliano.
Stamani in tribunale a Lecco la discussione, preceduta da spontanee dichiarazioni rese dal 42enne che ha dato lettura di una sorta di memoria, nel tentativo di smontare le accuse sostenute dalla Procura sulla base della testimonianza resa dall'ex moglie e dagli altri testi. Una parentesi iniziale durata oltre mezz'ora durante la quale l'imputato ha ribadito la propria estraneità ai fatti, accusando invece la donna - con la quale aveva deciso di mettere su famiglia, sposandola durante il suo periodo di detenzione in carcere - di comportamenti discutibili, che lo avrebbero spinto ad osservare una condotta talvolta un po' rigida con il solo obiettivo di mantenere salda l'integrità familiare.
Un tentativo di difesa di cui non ha tenuto conto il PM Figoni che nella sua requisitoria ha definito intollerabili i comportamenti dell'imputato, tanto da spingere i suoi familiari a denunciarlo a pochi mesi dall'avvio della convivenza. Un periodo breve - da novembre 2019 a marzo 2020 - durante il quale a detta del magistrato, il 42enne aveva dato prova di una condotta oppressiva nei confronti della moglie e dei figli, fatta di continui insulti, aggressioni fisiche, generando un clima di paura, come avevano anche sottolineato gli operanti della stazione di Casatenovo che quella notte del marzo 2020 avevano accolto in caserma la persona offesa e i suoi ragazzi, ''buttati fuori di casa'' dallo stesso imputato. Il dottor Figoni ha poi richiamato il passato processuale del 42enne, ricordando la condanna per calunnia rimediata anni fa e il comportamento tenuto nel corso del dibattimento a Lecco, durante il quale ha sempre negato i fatti che gli venivano contestati, addirittura stravolgendoli.
Un quadro di colpevolezza netto secondo il parere del pubblico ministero, che ha chiuso il proprio intervento proponendo una condanna dell'imputato a sei anni di reclusione.
Si è invece battuto per l'assoluzione del proprio assistito (al quale anche quest'oggi è stata concessa la possibilità di presenziare all'udienza in tribunale a Lecco, città raggiunta dopo aver preso un volo nella giornata di ieri da Palermo per poter anche vedere il figlio minorenne) l'avvocato Stefano Pelizzari, che ha cercato di smontare le contestazioni a carico del 42enne sulla base delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi durante il dibattimento.
Dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, il collegio composto dal presidente Nora Lisa Passoni con le colleghe Martina Beggio e Giulia Barazzetta ha sentenziato una pena pari a tre anni di reclusione.
Resta per ora confermata la misura degli arresti domiciliari a casa della madre, a seguito della condanna rimediata negli scorsi mesi dopo la rapina ai danni dell'ufficio postale di un comune della provincia di Parma.
La sentenza pronunciata dal collegio giudicante qualche minuto dopo le 16 di quest'oggi è stata meno severa: tre anni - riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva - nei confronti del 42enne a giudizio per maltrattamenti in famiglia nei confronti della moglie con la quale per un brevissimo periodo aveva risieduto a Casatenovo.
Due settimane soltanto, dopo il trasferimento del nucleo (oltre ai coniugi i quattro figli di lei e il bimbo nato dalla loro unione ndr) da un comune limitrofo, al culmine delle quali la donna sarebbe stata messa alla porta un sabato sera di poco più di un anno fa proprio dal consorte, al termine di un ennesimo litigio.
L'accesso al Tribunale di Lecco
Stamani in tribunale a Lecco la discussione, preceduta da spontanee dichiarazioni rese dal 42enne che ha dato lettura di una sorta di memoria, nel tentativo di smontare le accuse sostenute dalla Procura sulla base della testimonianza resa dall'ex moglie e dagli altri testi. Una parentesi iniziale durata oltre mezz'ora durante la quale l'imputato ha ribadito la propria estraneità ai fatti, accusando invece la donna - con la quale aveva deciso di mettere su famiglia, sposandola durante il suo periodo di detenzione in carcere - di comportamenti discutibili, che lo avrebbero spinto ad osservare una condotta talvolta un po' rigida con il solo obiettivo di mantenere salda l'integrità familiare.
Un tentativo di difesa di cui non ha tenuto conto il PM Figoni che nella sua requisitoria ha definito intollerabili i comportamenti dell'imputato, tanto da spingere i suoi familiari a denunciarlo a pochi mesi dall'avvio della convivenza. Un periodo breve - da novembre 2019 a marzo 2020 - durante il quale a detta del magistrato, il 42enne aveva dato prova di una condotta oppressiva nei confronti della moglie e dei figli, fatta di continui insulti, aggressioni fisiche, generando un clima di paura, come avevano anche sottolineato gli operanti della stazione di Casatenovo che quella notte del marzo 2020 avevano accolto in caserma la persona offesa e i suoi ragazzi, ''buttati fuori di casa'' dallo stesso imputato. Il dottor Figoni ha poi richiamato il passato processuale del 42enne, ricordando la condanna per calunnia rimediata anni fa e il comportamento tenuto nel corso del dibattimento a Lecco, durante il quale ha sempre negato i fatti che gli venivano contestati, addirittura stravolgendoli.
Un quadro di colpevolezza netto secondo il parere del pubblico ministero, che ha chiuso il proprio intervento proponendo una condanna dell'imputato a sei anni di reclusione.
Si è invece battuto per l'assoluzione del proprio assistito (al quale anche quest'oggi è stata concessa la possibilità di presenziare all'udienza in tribunale a Lecco, città raggiunta dopo aver preso un volo nella giornata di ieri da Palermo per poter anche vedere il figlio minorenne) l'avvocato Stefano Pelizzari, che ha cercato di smontare le contestazioni a carico del 42enne sulla base delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi durante il dibattimento.
Dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, il collegio composto dal presidente Nora Lisa Passoni con le colleghe Martina Beggio e Giulia Barazzetta ha sentenziato una pena pari a tre anni di reclusione.
Resta per ora confermata la misura degli arresti domiciliari a casa della madre, a seguito della condanna rimediata negli scorsi mesi dopo la rapina ai danni dell'ufficio postale di un comune della provincia di Parma.
G. C.