Casatenovo: un prosciutto come 'acconto' e una pretesa da 60 milioni di lire, in due a giudizio una per tentata estorsione in ditta

Il tribunale di Lecco
60 milioni di vecchie lire. Questa la cifra che due fratelli avrebbero preteso da un imprenditore in attività a Casatenovo, rimanendo però a bocca asciutta e trovandosi ora a rispondere di tentata estorsione in concorso al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco presieduto dal dr. Enrico Manzi con a latere le colleghe Nora Lisa Passoni e Martina Beggio.
Al banco degli imputati Gian Luca Gulisano, classe 1970, difeso dall'avvocato Francesco Saggioro del Foro di Parma e Vito Gulisano, due anni più anziano, rappresentanto dalla penalista Franca Mezgee del Foro di Milano.
I fatti oggetto del procedimento - che meglio saranno dettagliati alla prossima udienza non essendo stato possibile escutere quest'oggi la persona offesa, non comparsa in Aula per ragioni di salute - risalgono al giugno del 2018. I due Gulisano, entrambi nati a Vimercate, avrebbero raggiunto l'azienda di Casatenovo - specializzata nella commercializzazione di insaccati - per "rivendicare" il pagamento di un supposto vecchio debito che il titolare avrebbe maturato nei confronti del loro papà, Giovanni Gulisano, scomparso da qualche anno. Assicurando alla vittima del tempo per procurarsi la somma e avvisandola di un loro ritorno a breve per riscuotere, puntualizzando altresì di aver già trascorso del tempo in galera, avrebbero anche provato a farsi dare un prosciutto quale "acconto".
Tre giorni dopo avrebbero in effetti ricontattato l'imprenditore, annunciandogli la loro presenza fuori dalla ditta per incamerare la somma in ballo. Dopo il suo diniego il casatese sarebbe stato ulteriormente minacciato circa una successiva visita senza preavviso. Lo stesso 8 giugno l'uomo avrebbe però denunciato il tutto ai Carabinieri della Stazione di Merate che, coordinati dal sostituto procuratore Paolo Del Grosso, hanno fatto partire le indagini come riferito questa mattina in Aula dal maresciallo Antonio Piredda del Nucleo operativo.
Ascoltato il racconto del querelante, i Carabinieri hanno dapprima ricostruito lo stato di famiglia di Giovanni Gulisano, arrivando poi ai nomi dei due figli - Gian Luca e Vito - le cui testine sono state poi mostrate all'imprenditore per un riconoscimento fotografico. All'interno di un album con più volti, l'uomo avrebbe riconosciuto al 100% i due odierni imputati quali i soggetti che lo avevano raggiunto in azienda. Verificato poi anche il numero di telefono con cui - la seconda volta - la supposta vittima sarebbe stata contattata: l'utenza - ha asserito convintamente Piredda - è risultata intestata e in uso a Vito Gulisano.
Non verificata, invece, la presenza di telecamere in ditta, su indicazione dello stesso denunciante che aveva escluso la presenza di una ripresa dell'incontro avuto con i due supposti estorsori.
Il processo riprenderà ora il prossimo 18 novembre per l'audizione della persona offesa e dei testi della difesa.
A.M.
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