Annone, crollo del ponte: in aula i consulenti delle difese e una testimonianza inedita. Il 21 giugno la discussione

L'itinerario seguito dai camion dell'impresa Battazza spa, storica azienda di trasporti con sede a Olginate, non contemplano da anni il passaggio sopra il ponte di Annone, sulla SP49. Questo perchè dalla Provincia di Lecco era giunto parecchio tempo fa un NO - a livello verbale - al transito lungo il cavalcavia a scavalco della SS36, ribadito nell'autorizzazione scritta che presentava un percorso alternativo, proprio per evitare il manufatto. E' la novità emersa quest'oggi durante l'udienza penale svoltasi in tribunale a Como nell'ambito del procedimento che riguarda il crollo avvenuto il 28 ottobre 2016, che causò la morte del 68enne civatese Claudio Bertini.

Il ponte crollato sotto il peso del camion Nicoli il 28 ottobre 2016

A rivelare questa disposizione è stato Stefangelo Lupi, dipendente Battazza, chiamato a deporre in qualità di testimone dalla difesa di Andrea Sesana, il responsabile del settore viabilità della Provincia, finito sul banco degli imputati insieme all'allora suo ''superiore'' Angelo Valsecchi, a Giovanni Salvatore (ANAS) e a Silvia Garbelli (Provincia di Bergamo), tutti chiamati a rispondere dei reati di lesioni, disastro colposo, crollo di costruzioni e omicidio colposo.
Il teste ha infatti spiegato come gli autisti della società diretti verso la sede cesanese di Eusider (meta del camion Nicoli sotto il peso del quale crollò il cavalcavia annonese ndr), siano soliti ormai da anni percorrere la SS36 senza transitare sul ponte, raggiungendo l'impresa direttamente dalla corsia di marcia con direzione sud, proveniente quindi da Lecco.
La posizione di Sesana è stata ulteriormente sviscerata questa mattina grazie alle dichiarazioni del consulente di difesa, l'ingegnere Donato Muscio. Quest'ultimo - rispondendo alle domande formulate dall'avvocato Pelizzari - ha spiegato che la laurea breve conseguita dall'imputato escluderebbe il possesso di competenze in ambito strutturale e infrastrutturale. Dalle fotografie ricevute quel giorno dal cantoniere Locatelli inoltre, sarebbe risultato difficoltoso - sempre a detta del consulente - capire che i calcinacci provenissero dalla fessura presente all'interno del manufatto. Circostanza che non ha fatto scattare l'allarme nell'ingegner Sesana, il quale evidentemente non riteneva immaginabile l'eventualità del crollo del ponte.
Quel che è certo è che il dipendente della Provincia, una volta ricevute le immagini via cellulare dal collega presente sul posto, si era confrontato con l'ingegner Angelo Valsecchi, suo responsabile, come ha confermato quest'oggi il teste Fabrizio Selva, anch'egli in forza presso il medesimo ufficio di Villa Locatelli.

Il giudice Enrico Manzi

''So che ne stavano discutendo, sentivo che si stavano confrontando. Poi io alle 16, al termine del mio orario di lavoro, me ne sono andato e non so cosa avessero deciso di fare'' ha detto quest'oggi in aula.
Più tecnica invece la deposizione dell'ingegner Antonio Occhiuzzi, consulente della difesa Salvatore rappresentata dall'avvocato Raffaella Rizza. Chiamato a commentare - come gli altri colleghi - le conclusioni della perizia affidata dalla Procura all'ingegner Marco Di Prisco, il professionista ha ritenuto esaustiva l'analisi, fornendo una propria visione rispetto a quanto accaduto quel maledetto venerdì pomeriggio di quasi un lustro fa. Il viadotto non sarebbe crollato se il transito del camion Nicoli fosse avvenuto al centro della carreggiata, mentre se i dirigenti degli enti coinvolti avessero consultato il progetto del manufatto, avrebbero potuto realizzare senza troppi problemi che si trattava di un ponte di seconda categoria, sul quale andava vietato il transito di trasporti eccezionali. Anas invece, nel 2014 aveva incaricato un professionista che dando rassicurazioni sulle condizioni del cavalcavia avrebbe fuorviato - a suo avviso - il giudizio della società in merito alle condizioni dello stesso.

Il tribunale di Como, sede delle ultime udienze sul crollo del ponte di Annone

A determinare il crollo però, non sarebbero stati i ripetuti transiti di mezzi pesanti sul ponte, piuttosto lo stato di deterioramento dello stesso. ''Il numero dei carichi è irrilevante, l'aspetto più importante a mio avviso è il degrado del materiale. Il calcestruzzo armato ha necessità fisiologica di fessurarsi, ma va contenuto entro certi limiti, altrimenti le fessure perdono elasticità e non si chiudono più'' ha detto Occhiuzzi, specificando che ogni nuovo transito ha determinato un allargamento della fessura, con il conseguente intervento degli agenti atmosferici che lo hanno ''aggredito''. ''Rimanendo nei limiti del peso consentito il ponte non sarebbe crollato, ma qui parliamo di 100 tonnellate: un gioco d'azzardo'' ha concluso il consulente partenopeo.
A chiarire la posizione dell'imputata Silvia Garbelli, dipendente della Provincia di Bergamo, il consulente prof.Paolo Riva, che si è concentrato soprattutto sul transito dei mezzi lungo il cavalcavia. ''Quello dei veicoli eccezionali ad esempio, non avrebbe mai dovuto essere autorizzato'' ha detto il professionista, spiegando poi come non risultino a suo dire limitazioni alla percorrenza date dalla Provincia di Lecco nelle autorizzazioni periodiche rilasciate, attraverso moduli peraltro molto simili a quelli dell'ente orobico, a dimostrazione di una prassi nella metodologia.
Per quanto riguarda il ruolo dell'imputata, a suo dire non le sarebbero imputabili responsabilità. ''L'architetto Garbelli è stata per quindici giorni sostituta del dirigente di settore, dunque era deputata alla firma. La pratica è rimasta tre settimane negli uffici prima di arrivare a lei'' ha aggiunto Riva. ''Non aveva competenze, si è trovata ad agire apponendo la propria sigla e altro non avrebbe potuto fare nella sua posizione''.
Sull'assenza della scorta, il consulente ha rilevato come il passaggio in centro carreggiata fosse a suo parere implicito con velocità a 20 chilometri orari. In mancanza del servizio di accompagnamento ''il buon senso avrebbe richiesto all'autista di interpellare Eusider per avere assistenza nel passaggio lungo il cavalcavia, mentre polstrada e cantonieri già presenti avrebbero potuto vietare il transito del mezzo''.

Le operazioni di messa in sicurezza la sera del 28 ottobre 2016, a poche ore dal crollo del ponte

A chiarire ulteriormente la questione relativa alle autorizzazioni, anche la deposizione di Alfredo Roggeri, già addetto dell'agenzia che aveva affiancato la famiglia Nicoli nella procedura per ottenere i permessi necessari affinchè il proprio mezzo potesse raggiungere Cesana Brianza. Era lui infatti che faceva da tramite fra l'azienda e la Provincia di Bergamo per facilitare le operazioni ''burocratiche'', vale a dire la stampa della richiesta di autorizzazione e la compilazione materiale dei dati del veicolo, allegando infine le carte di circolazione e le autocertificazioni. Materiale da portare alla Nicoli e successivamente presso l'ufficio preposto dell'ente orobico; una procedura finalizzata all'ottenimento delle autorizzazioni di natura periodica necessarie.
Concluse le deposizioni dei testi e dei consulenti della difesa, il giudice Enrico Manzi ha annunciato l'intenzione di chiudere l'istruttoria per lasciare spazio alla discussione già a partire dalla prossima udienza in programma il prossimo 21 giugno, ancora una volta a Como. Sarà il pubblico ministero Andrea Figoni a dare il via agli interventi, seguito dalle parti civili. Poi ci si sposterà il 24 giugno e il 19 luglio in fiera a Milano, nell'aula ricavata dal tribunale per garantire il distanziamento in ossequio alle norme anti Covid. Entro settembre è attesa la sentenza, l'ultima pronunciata dal presidente della sezione penale dr.Manzi prima del suo trasferimento in Corte d'Appello a Milano.
G. C.
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