Annone, lite in discoteca nel 2014: in aula l'imputato racconta una versione diversa

É stato sentito lunedì mattina in tribunale dal giudice in ruolo monocratico Giulia Barazzetta W.M., il 34enne originario di Catanzaro (oggi residente a Seregno), accusato dalla Procura della Repubblica di Lecco insieme al cugino A.M. (di cui ieri è stato acquisito il verbale di interrogatorio) di lesioni personali aggravate a seguito di una rissa scoppiata nella discoteca Tiara di Annone il 21 giugno 2014.
Stando all'impianto accusatorio, i due si sarebbero resi autori di un vero e proprio pestaggio ai danni di due ragazzi di cui uno (dopo aver rimediato un serio trauma ad un occhio, tanto da richiedere un'operazione chirurgica) si è costituito parte civile in questo processo, assistito all'avvocato Michele Cervati.
"Sono passato da vittima a colpevole" ha commentato l'imputato, classe 1986, sostenendo di non aver picchiato nessuno quella sera. Anzi, l'uomo ha dato una versione diamentralmente opposta rispetto a quella portata in Aula ormai un anno fa dalla persona offesa: la zuffa sarebbe iniziata perchè i due giovanissimi avrebbero infastidito sua moglie, bloccandole il passaggio a bordo piscina per due volte. "Guarda che non ce l'hai solo te" le avrebbero detto, provocata. A nulla sarebbero servite le buone maniere messe in atto ds W.M. che avrebbe semplicemente chiesto ai due di lasciarli passare, perchè questi ultimi sarebbero subito passati alle mani: uno dei due avrebbe prima strappato la maglietta della ragazza e poi le avrebbe dato un pugno. "Ammetto di avergli dato uno spintone per cercare di avvicinarmi a mia moglie" ha raccontato ieri al giudice l'imputato, riferendosi alla parte civile, ma oltre a quel gesto, ha negato di aver messo le mani addosso a qualcuno. "Uno dei buttafuori mi ha immobilizzato, lui mi ha dato un calcio all'addome ed è caduto indietro, ma non so cosa sia accaduto dopo". Il 34enne ha sostenuto di essere stato accompagnato fuori dal locale dagli addetti alla sicurezza prima ancora che si scatenasse la vera e propria rissa, cui avrebbero preso parte altri avventori del locale che avrebbero assistito alla scena.
Anche all'esterno avrebbe ricevuto minacce dal gruppetto di ragazzi, che si sarebbe ritrovato davanti poco più tardi, quando avrebbe accompagnato la moglie al pronto soccorso di Lecco. "Ho chiamato del personale che era vicino all'ambulanza perchè la scortassero dentro. Se fossi sceso dall'auto mi avrebbero aggredito di sicuro".
Anche la moglie, sentita in qualità di testimone, ha reso al giudice la medesima versione del marito: "quando mi ha colpita in volto non vedevo da un occhio, per questo ho deciso di andare al pronto soccorso. È successo tutto in fretta e non capivo più niente, però ho capito che stavano intervenendo altre persone che non conoscevo. Non ho visto mio marito toccare nessuno. Non ho pensato di denunciare il ragazzo perchè non mi sono fatta nulla di grave".
Il giudice Barazzetta ha rinviato all'udienza del 30 giugno per la requisitoria del difensore di fiducia dei coimputati (l'avvocato Negrini del foro di Monza), mentre hanno già discusso la pubblica accusa e la parte civile: ha ipotizzato una pena pari a 2 anni di reclusione per entrambi il Vpo Mattia Mascaro, una richiesta cui si è associato l'avvocato Cervati.
F.F.
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