Casatenovo: due furgoni rubati per caricare la refurtiva di altri furti. Ucraino a processo

Per i carabinieri del nucleo investigativo di Parma sarebbe stato proprio lui a mettere a segno - in concorso con altri tre connazionali e nell'ormai lontano 2013 - il furto di due furgoni da una rivendita di Casatenovo. Mezzi che poi gli sarebbero serviti per caricare refurtiva provento di altri colpi eseguiti fra Lombardia, Marche ed Emilia Romagna.
E' infatti chiamato a rispondere di furto aggravato Mariian Moskalu, ucraino classe 1975, secondo le indagini all'epoca coordinate dal compianto pubblico ministero Nicola Preteroti responsabile del prelevamento dei due mezzi di lavoro e di altrettante targhe staccate da altri veicoli in esposizione presso la concessionaria. L'imputato averebbe agito in concorso con altri tre individui (fra i quali uno residente proprio a Casatenovo), che tuttavia - per ragioni differenti - sono stati stralciati dal fascicolo, nel quale è rimasto iscritto unicamente Moskalu, al quale viene contestata la recidiva specifica infra quinquennale, per precedenti episodi di polizia a lui ascritti.

Stamani il procedimento penale celebrato al cospetto del giudice in ruolo monocratico Martina Beggio è entrato nel vivo, grazie alla deposizione dell'operante dell'Arma che insieme ad altri colleghi si era occupato dell'attività investigativa poi sfociata nell'indagine denominata Operazione Centauro, che aveva portato all'iscrizione sul registro degli indagati di tredici persone, fra cui appunto Moskalu, quest'oggi difeso dall'avvocato Viola Nazzareno, subentrata ad un legale del foro di Verona che nelle scorse settimane aveva rinunciato al mandato.
Secondo quanto riferito stamani dal luogotenente Fabrizio Dotti, ad avvertire l'imputato del potenziale furto da mettere a segno a Casatenovo sarebbe stato un parente, con casa proprio in paese. Insieme a quest'ultimo e ad altri due complici, il 46enne sarebbe effettivamente entrato in azione, non prima di aver compiuto un sopralluogo sul posto, come emerso anche dalle celle telefoniche agganciate dai telefoni cellulari degli indagati e dalle intercettazioni agli atti. Uno dei due furgoni fra l'altro sarebbe stato utilizzato per caricare alcune biciclette rubate; fermato dai militari per un controllo e poi finito in manette, l'uomo che si trovava al volante dello stesso.
L'episodio casatese è uno stralcio di una più ampia indagine che aveva consentito di sgominare un'associazione per delinquere composta da cittadini stranieri (moldavi, rumeni e ucraini) che operava nelle province di Parma, Modena, Reggio Emilia, Bologna, Milano, Forlì, Cesena, Pesaro-Urbino, Padova e Lecco.
I fermati erano accusati di aver commesso, a vario titolo, una ventina di furti prevalentemente a danno di negozi di motociclette e biciclette da corsa (di alta gamma), non disdegnando talvolta materiale elettronico e abbigliamento da moto, oltre che la ricettazione di quindici automezzi rubati.
Otto arresti in flagranza di reato, cinque denunce a piede libero, con la restituzione agli aventi diritto di trentuno moto, settantaquattro bici da corsa, quindici autoveicoli, settantasei televisori LCD e abbigliamento e materiale tecnico da moto per un valore di circa 1.182.000 euro.
Grazie ai vari escamotage utilizzati, era stato accertato che le moto e bici rubate venivano portate in una base logistica ubicata in una capannone nella periferia di Milano, dove i mezzi erano smontati ed imballati, per limitare i rischi del viaggio rendendo molto difficile l'individuazione della provenienza illecita del materiale, e successivamente trasportati, da complici, in Ucraina.
La cattura dei soggetti destinatari delle misure era stata particolarmente complicata ed ha richiesto tempo e indagini mirate, poiché gli stessi erano soliti spostarsi molto frequentemente anche oltre i confini nazionali.
Questo d'altra parte spiega la ragione per cui i tempi si sono così dilatati, con il processo che si celebra a otto anni di distanza dal fatto. Proprio in virtù del rischio prescrizione, il giudice Martina Beggio ha rinviato l'udienza per la discussione al prossimo 7 luglio, acquisendo agli atti - come da richiesta del PM su consenso prestato dalla difesa - le intercettazioni telefoniche grazie alle quali è stato possibile sviluppare l'indagine. Un lavoro lungo ed impegnativo per i militari del comando di Parma, tenendo conto anche dei numerosi alias con i quali i fermati erano soliti chiamarsi fra di loro, che non ha reso per nulla semplice la loro identificazione.
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