Oggiono: si 'invaghisce' di una ragazza e per anni la perseguita, africano a giudizio
Assolutamente brillante nell'esposizione - affermando a più riprese di avere una vita dinamica, tanto da aver vissuto anche del tempo in Turchia per lavoro senza sentirsi mai così indifesa e insicura come negli anni in cui si è trovata a fare i conti con la presenza indesiderata di quell'Omar ora a giudizio - la ragazza ha snocciolato una serie di episodi a riprova di come la sua quotidianità sia stata stravolta dall'africano che, avuto il suo contatto, avrebbe iniziato a bersagliarla di chiamate e messaggi, anche tramite whatsApp, cambiando a più riprese numero per aggirare i blocchi impostati dalla donna, portata a rispondere alle telefonate per esasperazione, susseguendosi senza soluzione di continuità arrecandole disturbo. In un'occasione, dopo aver trovato la sua macchina - parcheggiata negli stalli di un supermercato - cosparsa di cera, la denunciante si sarebbe sentita raccontare dall'uomo all'altro capo del telefono di essere stata sognata quella stessa notte, a mano con la di lui sorella... scomparsa però da cinque anni, quasi dunque a preannunciarle la morte.
E ancora in più occasioni avrebbe ricevuto per iscritto o a voce apprezzamenti sul suo look o l'acconciatura sfoggiata proprio in quel momento, vivendo così "con la sensazione di essere sempre spiata".
A Oggiono, teatro di gran parte degli episodi, in occasione del Fierone del 2019 mentre con il nipotino guardava i pesci ad una bancarella avrebbe sentito letteralmente il fiato dell'uomo sul collo, voltandosi e trovandoselo di fronte. Cambiata casa, a renderla rintracciabile ci avrebbe pensato... il Tribunale stesso, inviando all'imputato un ordine di comparizione con indicato il nuovo indirizzo della querelante, ritrovatasi così con l'auto, parcheggiata ai piedi del nuovo appartamento in altro comune, oggetto a più riprese di danni, ricondotti al senegalese, pur non avendone prova, come sottolineato in tutta onestà.
"Si è beffato anche del sistema" ha però aggiunto la ragazza, ricordando quando fece rispondere all'ennesima telefonata a un suo collega (pronto a spacciarsi per il suo fidanzato) che si sarebbe sentito dire dall'africano "non mi hanno fermato i carabinieri, figurati tu". Ammettendo che si sarebbe aspettata una risposta più pronta da parte dello Stato la donna ha comunque lasciato l'Aula senza esprimere livore, pur ribadendo, con dignità, la sua richiesta di aiuto, per essere "liberata". Acquisiti gli altri atti d'indagine, il prossimo 14 luglio sono previste discussione e sentenza.