Oggiono: attenzioni morbose e non ricambiate. Condannato
Un anno e dieci mesi. E' la condanna inflitta stamani dal giudice in ruolo monocratico Nora Lisa Passoni, nei confronti di O.D., senegalese classe 1977, accusato di atti persecutori nei confronti di una giovane donna, bersaglio di morbose attenzioni, in quello che a tutti gli effetti si può definire un corteggiamento non ricambiato.
Era stata proprio la presunta parte lesa a descrivere nelle scorse settimane in Aula un quadro fatto di continui tentativi di contatto telefonico, pedinamenti e danneggiamenti a carico dell'auto in uso alla vittima, avvisata così della presenza del soggetto nei luoghi da lei abitualmente frequentati e perfino sotto casa.
Una quotidianità stravolta dall'africano che, avuto il suo contatto, avrebbe iniziato a bersagliarla di chiamate e messaggi, anche tramite whatsApp, cambiando a più riprese numero per aggirare i blocchi impostati dalla donna, portata a rispondere alle telefonate per esasperazione, susseguendosi senza soluzione di continuità arrecandole disturbo.
In un'occasione, dopo aver trovato la sua macchina - parcheggiata negli stalli di un supermercato - cosparsa di cera, la denunciante si sarebbe sentita raccontare dall'uomo all'altro capo del telefono di essere stata sognata quella stessa notte, a mano con la di lui sorella... scomparsa però da cinque anni, quasi dunque a preannunciarle la morte.
E ancora in più circostanze avrebbe ricevuto per iscritto o a voce apprezzamenti sul suo look o sull'acconciatura sfoggiata proprio in quel momento, vivendo così "con la sensazione di essere sempre spiata".
Gran parte degli episodi si sarebbero verificati a Oggiono, anche in occasione del Fierone del 2019. Mentre con il nipotino guardava i pesci ad una bancarella la presunta vittima avrebbe sentito letteralmente il fiato dell'uomo sul collo, voltandosi e trovandoselo di fronte.
Ma non è finita qui: l'imputato sarebbe riuscito ad individuare il nuovo indirizzo di residenza della ragazza, rispondendo a tono anche al di lei collega che gli chiedeva di lasciarla in pace.
Stamani la sentenza pronunciata dal giudice Passoni nei confronti dell'imputato, mai presentatosi in tribunale e difeso d'ufficio da una penalista del foro lecchese che in questi mesi non è riuscita a mettersi in contatto con lui. Un anno e dieci mesi la condanna finale.
Era stata proprio la presunta parte lesa a descrivere nelle scorse settimane in Aula un quadro fatto di continui tentativi di contatto telefonico, pedinamenti e danneggiamenti a carico dell'auto in uso alla vittima, avvisata così della presenza del soggetto nei luoghi da lei abitualmente frequentati e perfino sotto casa.
Una quotidianità stravolta dall'africano che, avuto il suo contatto, avrebbe iniziato a bersagliarla di chiamate e messaggi, anche tramite whatsApp, cambiando a più riprese numero per aggirare i blocchi impostati dalla donna, portata a rispondere alle telefonate per esasperazione, susseguendosi senza soluzione di continuità arrecandole disturbo.
In un'occasione, dopo aver trovato la sua macchina - parcheggiata negli stalli di un supermercato - cosparsa di cera, la denunciante si sarebbe sentita raccontare dall'uomo all'altro capo del telefono di essere stata sognata quella stessa notte, a mano con la di lui sorella... scomparsa però da cinque anni, quasi dunque a preannunciarle la morte.
E ancora in più circostanze avrebbe ricevuto per iscritto o a voce apprezzamenti sul suo look o sull'acconciatura sfoggiata proprio in quel momento, vivendo così "con la sensazione di essere sempre spiata".
Gran parte degli episodi si sarebbero verificati a Oggiono, anche in occasione del Fierone del 2019. Mentre con il nipotino guardava i pesci ad una bancarella la presunta vittima avrebbe sentito letteralmente il fiato dell'uomo sul collo, voltandosi e trovandoselo di fronte.
Ma non è finita qui: l'imputato sarebbe riuscito ad individuare il nuovo indirizzo di residenza della ragazza, rispondendo a tono anche al di lei collega che gli chiedeva di lasciarla in pace.
Stamani la sentenza pronunciata dal giudice Passoni nei confronti dell'imputato, mai presentatosi in tribunale e difeso d'ufficio da una penalista del foro lecchese che in questi mesi non è riuscita a mettersi in contatto con lui. Un anno e dieci mesi la condanna finale.
G. C.