Don Milani e la padronanza delle parole per i cittadini/sovrani

In questi giorni in tv hanno ritrasmesso il film “Don Milani”, il priore di Barbiana”.
Come non essere sempre coinvolti da una figura di Uomo Giusto, prima ancora che di prete, che lui ha rappresentato e continua a rappresentare per molti in ricerca di valori e di senso del vivere ?
Ma del suo educare ad essere Cittadini Sovrani e non sudditi una cosa su tutte continua oggi più che mai ad essere attuale : l'importanza della conoscenza e della padronanza delle parole !
“Ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo domani! ”. Questa era una delle sue frasi più esaustive nel far comprendere l'importanza della “Cultura”, quella vera che ti mette in condizione di capire in profondità e quindi di formarti delle opinioni che possano costituire poi la base del vivere soprattutto la dimensione sociale. Quindi la consapevolezza di poter essere realmente protagonisti e non solo passivi osservatori o fruitori solo se ci si impegna nella propria formazione.
Ecco perché, tra le altre cose, insegnava ai suoi ragazzi nella sua scuola, prima di Calenzano e poi di Barbiana, che il senso critico ha come base il diritto-dovere di comprendere a fondo le cose che ci stanno attorno a partire anche dalla capacità di capire i termini e i concetti usati sui giornali, che, almeno potenzialmente, considerava strumenti di formazione civile.
E ammoniva che se questa “Cultura” della padronanza dello scritto e del parlato,  rimanesse appannaggio di soli pochi  più o meno “privilegiati”, questi la userebbero per tenere soggiogati tutti gli altri.
Quindi la “Cultura”, nel suo senso più pieno, riteneva che fosse la vera discriminante per raggiungere un'effettiva uguaglianza e parità sociale.
Un esempio personale per rendere ancor più chiare le conseguenze di questo rischio è quello che mi è capitato alcuni anni fa con un direttore scolastico che, ammiccando, mi aveva confidato che per “neutralizzare” certi fastidiosi (secondo lui) genitori li seppelliva di termini specialistici pedagogici  in modo che, non comprendendo, se ne stavano buoni.
Quindi la cultura come arma di “supremazia” per “tenere a bada”, giocando sul fatto che nessuno, per non fare la figura dell'ignorante, si permettesse di “disturbarlo” e di mettere in discussione le sue affermazioni.
Da quella volta, quando mi capitava di essere presente ai suoi incontri pubblici, volutamente lo interrompevo chiedendogli di usare meno termini conosciuti solo dagli “addetti ai lavori”, a partire da quelli pronunciati in inglese, ma semmai di impreziosire le sue “dotte” relazioni con esempi comprensibili perlomeno alla maggior parte dei presenti.
Ma don Milani col pretendere e praticare un linguaggio il più semplice possibile per essere compresi anche dai meno acculturati  non mancava , al contempo, di “sferzare” i suoi ragazzi, con la sua simpatica e rude verve toscana, sul diritto/dovere di autocoltivarsi e di non rimanere in superficie se si voleva realmente essere a pieno titolo Cittadini.
“ O bischero, continui a leggere la Gazzetta mentre non conosci neppure di cosa è composta la tua busta paga !” capitava che frasi accorate di questo genere uscissero dalla sua bocca per amore dei suoi giovani.
E' anche da questi insegnamenti di vita, che mi hanno lasciato  tracce indelebili dentro,  che ho realizzato che il “protagonismo” sociale e civile di ognuno può e deve camminare perlomeno su due binari che si intrecciano tra loro in più punti.
Il sacrosanto binario dell'affermazione dei propri e degli altrui diritti che deve sapersi intrecciare con quello della “fatica quotidiana” dell'approfondimento e del confronto. Un approfondimento che richiede prima di tutto lo sforzo dell'umiltà dell'apprendere e dello studiare perlomeno gli elementi di base di un problema o di una situazione, se si vuole poi esercitare il proprio libero pensiero.
Quindi il diritto costruito sulla responsabilità sociale che si sposa col dovere di ognuno di capire e conoscere non superficialmente le cose anche complesse che ci interpellano specie in un mondo come il nostro in cui siamo bombardati da slogans e da solo presunte e spesso strumentali verità.
Qualcuno lo chiama coltivare il “senso critico”..... a partire dall'essere i primi rigorosi giudici di noi stessi e tolleranti e benevoli verso gli altri. E' da questo approccio su diritti/doveri, che mi sembra assai poco di moda in un mondo dove tutti sparano sentenze perlomeno non adeguatamente documentate, che penso debba fondarsi l'essere Cittadini Sovrani e non sudditi.
Come è su quell'”I CARE” (“Mi riguarda, mi sta a cuore …” l'esatto contrario del motto fascista “Me ne frego”), che interpella ognuno di noi e così caro a Don Milani, che si debba costruire un mondo più giusto dove sempre più persone si sentano consapevoli e responsabili artefici e non vittime.
Germano Bosisio
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