Annone, crollo del ponte: condanne per Salvatore, Valsecchi e Sesana. Garbelli assolta. Gli atti tornano in procura

La sentenza, attesissima, è arrivata poco prima delle 10, quando il giudice in ruolo monocratico Enrico Manzi ha messo la parola fine al procedimento penale - in primo grado - per il crollo del ponte di Annone che aveva preso il via nel settembre dello scorso anno. A distanza di quasi un lustro dalla tragedia, ci sono dunque i colpevoli.
3 anni e 6 mesi la condanna inflitta a Giovanni Salvatore (dirigente Anas), 3 anni ad Andrea Sesana e 3 anni e 8 mesi ad Angelo Valsecchi, del settore viabilità della Provincia di Lecco. Assolta invece Silvia Garbelli, dirigente della Provincia di Bergamo. Era stata lei ad autorizzare il transito dell'autotreno Nicoli, sotto il peso del quale era collassato il cavalcavia annonese.
Una tragedia che aveva causato la morte del civatese Claudio Bertini e il ferimento di altri automobilisti in transito sulla superstrada 36, tutti in un primo momento costituitisi parti civili ma sfilatisi dal processo sulle battute finali, una volta perfezionati i risarcimenti, come avevano fatto sapere i responsabili civili.

Augusta Brusadelli con l'avvocato Biagio Giancola

L'ultima ad aver rinunciato era stata Augusta Brusadelli, vedova di Bertini, unica vittima del tragico crollo, assistita dall'avvocato Biagio Giancola. Nelle scorse settimane infatti, moglie e figlia del civatese si sono sfilate dal processo, depositando l'istanza di revoca in tribunale. Lo stesso avevano fatto anche tutti gli altri: l'autista dell'autoarticolato Nicoli, Vasile Ciorei, difeso dall'avvocato Giuseppe Sorcinelli, ma anche Paolo Giacalone, assistito dall'avvocato Claudia Canali, la cui auto era rimasta in bilico sui resti del ponte. E poi ancora Gaetano Femiano con la moglie Elena Gennari e la figlia, assistiti dall'avvocato Vito Zotti, che nel crollo del cavalcavia avevano riportato pesanti conseguenze e Roberto Colombo, rappresentato dall'avvocato Emanuele Drogo, il cesanese alla guida della Punto Rossa che aveva rischiato di venire schiacciata dal camion. Ognuno di loro infatti, ha trovato un'intesa sui risarcimenti.
Tutti tranne il Codacons; l'associazione che tutela i consumatori si era infatti dichiarata disponibile a sfilarsi, a condizione che Anas, Provincia di Lecco e Provincia di Bergamo istituissero "un fondo di indennizzo per la somma di 50mila euro a favore degli iscritti".
Un'istanza che non ha mai trovato riscontro e così, nell'ultima udienza a luglio, nel formulare le proprie richieste al giudice, aveva ipotizzato - tramite il proprio legale Marco Colombo - la condanna dei quattro imputati - con l'aggravante di aver agito nonostante la previsione dell'evento - contestata nei confronti di Sesana, Valsecchi e Salvatore. Per quanto riguarda invece la posizione di Nicoli, il legale di Codacons aveva chiesto la trasmissione degli atti alla Procura per la contestazione ai rappresentanti dell'impresa delle medesime accuse mosse nei confronti degli attuali imputati, avendo - a suo giudizio - violato il codice della strada, causando la tragedia oggetto del procedimento penale.
Una richiesta alla quale si erano associate anche le difese dopo aver tentato di smontare l'impianto accusatorio sostenuto dalla Procura nei confronti dei loro assistiti. Dal loro punto di vista, se il tir dell'azienda bergamasca non fosse transitato lungo il cavalcavia, o perlomeno se l'autista avesse attraversato la SP49 rimanendo al centro della carreggiata, il manufatto con tutta probabilità non sarebbe mai crollato.

A sinistra l'imputata Silvia Garbelli

Una sentenza che ricalca solo in parte quanto aveva ipotizzato il pubblico ministero Andrea Figoni nella sua requisitoria. Ritenendo provata la penale responsabilità degli imputati in ordine ai capi che vengono loro contestati (reati di lesioni, disastro colposo, crollo di costruzioni e omicidio colposo per il crollo del ponte), il titolare del fascicolo d'indagine - ereditato dalla collega Cinzia Citterio alla quale a sua volta l'aveva trasmesso il compianto Nicola Preteroti prima del suo trasferimento a Bergamo - aveva chiesto la condanna di Sesana e Salvatore (difesi rispettivamente dagli avvocati Stefano Pelizzari e Raffaella Rizza) alla pena di quattro anni di reclusione. Tre anni e mezzo per Valsecchi (rappresentato dall'avvocato Edoardo Fumagalli) e infine due anni per Garbelli (difesa dagli avvocati Ilaria Dioli e Vittorio Meanti).
Prima delle richieste di condanna, il dr. Figoni aveva chiesto altresì la riqualificazione in lesioni stradali gravi in ordine alle posizioni di due delle parti civili.

Gli atti sono stati rinviati al pubblico ministero e ora bisognerà attendere 30 giorni per le motivazioni. Sono state concesse le attenuanti generiche per il buon comportamento processuale ma i tre condannati sono stati interdetti dai pubblici uffici.

Si conclude dunque a quasi cinque anni di distanza dal drammatico incidente avvenuto in SS36, il procedimento penale in primo grado. A mettere la parola finale è stato il giudice Manzi che ha chiuso la sua lunga ed apprezzata esperienza lecchese prima di approdare in Corte d'Appello a Milano, pronunciando la sentenza su uno degli episodi di cronaca più gravi della storia del nostro territorio.

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