Se questo è uno Stato!

Ci sono questioni che a prima vista sembrano lontane dalla vita quotidiana dei più ma invece, a ben guardare, rappresentano non solo delle "cartine tornasole" della credibilità di uno Stato ma prefigurano anche valori o disvalori che possono inficiare una convivenza civile degna di tale nome.

La recentissima assoluzione di alcuni massimi esponenti delle nostre istituzioni investigative e politiche nell'ambito del processo d'appello della cosiddetta "Trattaviva Stato-mafia" ne rappresenta un esempio lampante oltre che assai inquietante se fosse usato per "riscrivere" la storia di chi si oppone coraggiosamente alla mafia e al terribile intreccio di interessi collaterali ad essa.

E già purtroppo mi sembra si stia scatenando a livello mediatico un vero e proprio rovesciamento delle parti.

Da cittadino comune, che approfondisce confrontando le fonti e non delega pregiudizialmente ad altri la ricerca del "giusto e del vero", non voglio certo confutare la sentenza ( senza peraltro poter attingere al testo del dispositivo che sarà accessibile entro 3 mesi) che ribalta completamente quella di colpevolezza in primo grado - e comunque soggetta al pronunciamento definitivo della Cassazione -  ma vorrei contribuire a evidenziare quello che mi sembra vergognoso perlomeno a livello civile e politico.

A fronte di disquisizioni tecniche e specialistiche più o meno opinabili, che non mi competono, sul grado di maggior o minor fondatezza dell'applicabilità anche ai 3 esponenti di alto livello dell'Arma del reato relativo all'art. 338 del c. p. di "minaccia a corpo dello Stato tesa a condizionarne l'attività", una cosa invece mi sembra tanto chiara quanto foriera di assoluta indignazione.

E' quella che si delinea dell'accertato "contatto" e del relativo dialogo prolungato, peraltro confermato anche in secondo grado, tra questi esponenti istituzionali e i massimi livelli mafiosi dall'ora. In sostanza la gravità assoluta di questa acclarata "trattativa" risiede soprattutto nel fatto che si era svolta in contemporanea e ancor peggio all'insaputa sia dei vertici dell'Arma dei Carabinieri sia addirittura di coloro, come il giudice Paolo Borsellino, che stavano giustamente combattendo da tempo e a viso aperto la mafia.        

Anche ai più semplici di noi questo simultaneo "doppio binario", a prescindere da molti altri aspetti assai contraddittori, non può non essere letto per come si è svolto, come del resto è successo in modo drammaticamente documentato per Borsellino, come un "riconoscimento" e una qualche legittimazione, pur mediata, dei vertici mafiosi che potrebbero, proprio in ragione di ciò, esserne stati rafforzati specie nel loro mondo dove gli elementi di "forza" e "prestigio" contano assai.

Senza considerare quella che non appare più solo un'ipotesi allarmistica e cioè che pezzi importanti dello Stato abbiano addirittura utilizzato la mafia per perseguire e coprire i loro loschi interessi.

Quindi ben al di là della specifica vicenda processuale occorrerà, per uno Stato che voglia essere minimamente credibile, continuare a perseguire il massimo di luce per dissolvere le pesanti ombre di contiguità (termine coniato appositamente da Giovanni Falcone nei processi da lui incardinati).

Qui di seguito alcuni contributi mediatici conoscitivi per chi non voglia rimanere in superficie e contribuire a formarsi delle opinioni basate su testimonianze mirate (spesso non veicolate dai media), semmai da integrare con altre fonti documentali. Ad ognuno valutarne il grado di oggettività e perlomeno la relativa inquietudine che ne deriva in termini di effettiva volontà del "sistema" di pervenire alla verità dei fatti.        

"Le menti raffinatissime" in particolare al minuto 60' e 115' : https://www.raiplay.it/video/2020/12/Report---04-01-2021-2e90f1de-8eee-4de4-ac0e-78d21db5b600.html    

"Il vertice delle stragi" in particolare dal 9' 30" al 82' circa. https://www.raiplay.it/video/2021/05/Report---Puntata-del-24052021-4f53cef0-b2c3-48a8-ba78-4d83c8144d4b.html        

Uno Stato che, attraverso le sue Istituzioni, non voglia o non sappia tradurre in concreto questa esigenza ineludibile purtroppo, e nonostante l'impegno sul campo di molti suoi umili e coraggiosi "servitori", non potrà che raccogliere una sempre più marcata sfiducia dai suoi cittadini. Uno Stato che potrà onorare realmente e non solo retoricamente i propri morti "sul campo" solo se saprà rimuovere tutte le proprie contraddizioni. 
Germano Bosisio
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