Cremella: chiesto un anno e due mesi per un 44enne, con minacce pretese dei soldi

Il tribunale di Lecco
"Pensavo fosse amore e invece eri una escort". Prendendo in prestito una versetto di Fedez si può così sintetizzare il contenuto dell'esame reso quest'oggi in Aula da A.A., classe 1977, salernitano con casa a Costa Masnaga ma attualmente domiciliato in provincia di Lecce, a processo per tentata estorsione nei confronti di una donna di Cremella della quale, nel 2017, si sarebbe invaghito salvo poi venire a scoprire si trattasse di una prostituta.
Nel mezzo, una breve relazione - platonica - nel corso della quale la signora, che avrebbe fatto anche il primo passo "abbordandolo" su Fb, lo avrebbe invitato a stare da lei, approfittando dei suoi servigi domestici e, a detta dell'uomo, spillandogli poi anche del denaro quantificato in circa 10-11.000 euro. Questo il contesto in cui, per l'imputato, sarebbero da inquadrare le richieste di restituzione del maltorto che avrebbe inviato a più riprese alla denunciante che, di contro, anzichè metter mano al portafogli, si sarebbe rivolta alle forze dell'ordine riferendo di aver ottenuto dall'imputato soltanto 1.000 euro - quale donazione a fronte di un finanziamento di 10.000 ottenuto dallo stesso tramite suo fratello - per poi essere raggiunta da pretese ben superiori accompagnate da minacce - tanto suoi social tanto via telefono - e da vere e proprie piazzate del 44enne, in un'occasione accompagnato anche da F.M., pregiudicato, a sua volta finito dunque nuovamente a giudizio, dopo essere stato già condannato solo lo scorso anno a oltre sei anni di carcere (in abbreviato) per una rapina ad una sala slot. Quest'oggi per quest'ultimo la Procura - rappresentata dal sostituto Chiara Di Francesco, al suo esordio al cospetto del collegio giudicante di Lecco, composto dal presidente Nora Lisa Passoni e dai colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi, anch'egli nuovo a Palazzo - ha chiesto l'assoluzione, come pure per l'altro imputato, per il capo d'imputazione condiviso. Il magistrato ha proposto poi per il salernitano una condanna a un anno e due mesi di reclusione, riqualificando nel reato di "esercizio arbitrario delle proprio ragioni" la tentata estorsione originariamente in contestazione, ritenendo provata la dazione di denaro in favore della denunciante, con le rivendicazioni dell'uomo andate però oltre i confini del lecito per riavere indietro il "prestito". "Il problema sono le modalità con cui è stata chiesta la restituzione" ha detto con franchezza, nella propria requisitoria, il PM, citando alcune espressioni minacciose, inclusa quel "ti brucio dentro casa" a cui ha fatto seguito il giorno seguente il rogo dell'auto della querelante, fatto rimasto però estraneo al capo d'imputazione non essendo state trovate correlazioni. Ha ritenuto invece non necessario focalizzarsi sui rapporti intercorsi tra i vari soggetti coinvolti nella vicenda, con l'istruttoria arrivata "al limite del teatro dell'assurdo" come sottolineato del resto anche dall'avvocato difensore Elena Ammannato, autrice di una memoria già anticipata al collegio. Assoluzione "perchè il fatto non sussiste" la richiesta della toga. La sentenza il prossimo 11 novembre.
A.M.
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