'Ndrangheta e legami con la Brianza: fra i sette arrestati dalla DIA anche Michele Oppedisano ed il figlio Pasquale di Bosisio


Sono Michele Oppedisano, 52 anni originario di Rosarno ma residente a Bosisio Parini, e il figlio Pasquale, 22enne, i due lecchesi finiti in carcere ieri mattina nell'ambito dell'indagine condotta dalla DIA di Milano (nella persona del sostituto procuratore Sara Ombra) che ha messo in luce l'esistenza di una presunta rete di società fittizie, con passaggi di cospicue somme di denaro, nonché l'acquisizione di aziende e estorsioni.
I due - con casa in frazione Garbagnate Rota - sono considerati dagli investigatori i ''terminali'' in Lombardia della potente cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, con la quale avrebbero mantenuto rapporti diretti. Il riferimento in particolare riguarda il cugino, di un anno più giovane, e lo zio 90enne, ritenuto capo crimine in Calabria.
Stando alle 357 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Tommaso Perna, gli Oppedisano avrebbero avuto base logistica all'interno di un supermercato di Correzzana (nella vicina provincia di Monza e Brianza, alle porte di Casatenovo), controllato attraverso la società ''Safra Srl'' titolare d'affitto del ramo di azienda.
Particolarmente significativi sono risultati degli episodi estorsivi nei confronti di alcuni promotori finanziari che sarebbero stati costretti - attraverso minacce e aggressioni- a consegnare soldi o in altri casi a fornire una ''forzata'' collaborazione nell'ambito dell'intermediazione creditizia.
Le perquisizioni, scattate all'alba, sono state eseguite tra Milano, Roma, Napoli, Reggio Calabria e Brescia, Mantova, Novara, Varese, Lecco e Como anche con l'ausilio delle forze di polizia delle rispettive province.
Sette le persone finite in carcere (fra loro anche Santo Salvatore Paviglianiti, 68 anni, di Cermenate, altro storico nome della ‘ndrangheta in Lombardia), accusate, a vario titolo, delle ipotesi di reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di beni e valori e appropriazione indebita aggravati dal metodo mafioso, nonché bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Sedici invece, gli indagati complessivi.
Il nome di Michele Oppedisano torna dunque alla ribalta delle cronache, dopo esserci finito più di dieci anni fa a seguito della duplice indagine Infinito e Crimine, ancora una volta condotta dai magistrati della DDA di Milano, punto di svolta delle indagini sul radicamento della ‘Ndrangheta al Nord e in particolare in Lombardia. In carcere il bosisiese aveva scontato poco più di sei anni, ma poi era uscito, tanto che gli era stata revocata anche la libertà vigilata a seguito della richiesta avanzata dal suo legale difensore.
Secondo le risultanze dell'inchiesta sfociata nell'arresto di ieri mattina però, il 52enne avrebbe ripresto i contatti con la malavita organizzata, prendendo parte a un sodalizio criminale avente le caratteristiche dell'organizzazione di tipo mafioso, promosso, diretto e coordinato da lui stesso e dedito alla sistematica commissione di una pluralità di reati che spaziano dalle estorsioni alle condotte di reinvestimento di capitali illeciti e i connessi reati fiscali-tributari.
L'associazione avrebbe fatto ricorso a intimidazioni e minacce, avvalendosi ''della forza, della storia, della fama e dei metodi della realtà criminale (...) per entrare nel tessuto economico della zona di influenza attraverso la gestione diretta e il controllo di attività economiche e imprenditoriali''.
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