Annone, crollo del ponte: per altri dirigenti Anas, l'autista e i Nicoli chiesta la restituzione degli atti alla Procura. ''Svisceriamo'' la sentenza del giudice dr.Manzi
Flavia e Fausto Nicoli della società di autotrasporti con sede in provincia di Bergamo, Vasile Ciorei, autista dell'articolato, ma anche Anas Milano - con soggetti ancora da individuare - e i dirigenti che prima di Giovanni Salvatore avevano assunto il ruolo di capo centro manutenzione per la società titolare della SS36.
A partire dal ruolo dei referenti della società di Albino che a detta del giudice avrebbero assunto un atteggiamento reticente in aula, a quello del conducente che non ha rispettato l'indicazione di oltrepassare il cavalcavia rimanendo al centro della carreggiata. Ad Anas invece, viene contestato il fatto di non aver sciolto il nodo della proprietà del manufatto rispetto alla Provincia di Lecco, senza oltretutto segnalare le criticità dello stato di manutenzione dello stesso all'imputato Salvatore. Spetterà dunque alla Procura lecchese trarre le proprie conclusioni e valutare eventualmente la sussistenza degli elementi per poter aprire un procedimento bis in riferimento al crollo del ponte a scavalco della SS36.
Nel testo della sentenza, il giudice Manzi punta il dito più volte contro le condizioni di salute del manufatto, ''abbandonato a se stesso'': non apparteneva ad Anas, non era controllato dalla stessa società, ma nemmeno la Provincia di Lecco se ne interessava.
Il ponte mostrava i segni di un degrado significativo e il suo crollo sarebbe da imputare innanzitutto ad un utilizzo sproporzionato rispetto alle attese di progetto. Uso che non avrebbe dovuto essere consentito dalle autorità competenti. Una delle selle del manufatto inoltre, risultava visibilmente usurata e il trasporto eccezionale di Nicoli ne ha provocato il crollo come ultima causa dell'evento disastroso. L'autoarticolato - dal peso complessivo di circa 107 tonnellate - è emerso dalle risultanze investigative che quel drammatico 28 ottobre 2016 viaggiava a circa 6,6 km/h, violando tuttavia l'obbligo di transitare al centro della carreggiata e privo di scorta, ritenuta al contrario necessaria.
Infine il punto relativo al Codacons, al quale è stata negata la richiesta di risarcimento danni avanzata durante la discussione finale del procedimento nel quale si è costituito parte civile. Un ruolo - quello dell'associazione che tutela i consumatori - che Manzi ha ritenuto non legittimo, ''non risultando leso alcun diritto soggettivo o posizione giuridica protetta''.
Sono queste le posizioni che il giudice Enrico Manzi ha chiesto alla Procura di esaminare, valutando gli eventuali profili di responsabilità penale in ordine al crollo del ponte di Annone, avvenuto il 28 ottobre di cinque anni fa.
L'ex giudice del tribunale lecchese - ora in Corte d'Appello a Milano - Enrico Manzi
La sentenza lunga sessantasei pagine con la quale l'ormai ex presidente della sezione penale del tribunale lecchese ha disposto la condanna di Angelo Valsecchi e Andrea Sesana (Provincia di Lecco) e di Giovanni Salvatore (Anas), assolvendo invece Silvia Garbelli (Provincia di Bergamo), si chiude sviscerando gli aspetti che hanno spinto il dr.Manzi a restituire gli atti al PM.A partire dal ruolo dei referenti della società di Albino che a detta del giudice avrebbero assunto un atteggiamento reticente in aula, a quello del conducente che non ha rispettato l'indicazione di oltrepassare il cavalcavia rimanendo al centro della carreggiata. Ad Anas invece, viene contestato il fatto di non aver sciolto il nodo della proprietà del manufatto rispetto alla Provincia di Lecco, senza oltretutto segnalare le criticità dello stato di manutenzione dello stesso all'imputato Salvatore. Spetterà dunque alla Procura lecchese trarre le proprie conclusioni e valutare eventualmente la sussistenza degli elementi per poter aprire un procedimento bis in riferimento al crollo del ponte a scavalco della SS36.
Nel testo della sentenza, il giudice Manzi punta il dito più volte contro le condizioni di salute del manufatto, ''abbandonato a se stesso'': non apparteneva ad Anas, non era controllato dalla stessa società, ma nemmeno la Provincia di Lecco se ne interessava.
Nessuno dunque, sino ad un lustro fa, si era curato della titolarità del ponte. La società lo aveva di fatto gestito come fosse suo, tanto da aver provveduto da solo alle riparazioni necessarie, senza chiederne conto all'ente con sede a Villa Locatelli. Al contrario - a detta del giudice - avrebbe dovuto coinvolgere la Provincia, chiederne il contributo fattivo e agire perchè si facesse carico dei suoi doveri istituzionali. Il fatto che non abbia chiesto il progetto originario del cavalcavia per programmare eventuali interventi è rilevante a detta del giudice, perchè al contrario con la sua condotta avrebbe potuto impedire il tragico crollo del 28 ottobre di cinque anni fa.
Dall'altra parte la Provincia di Lecco aveva l'obbligo di regolare la circolazione sulla SP49 e valutare l'esistenza di limiti di carico per i mezzi che avrebbero impegnato il cavalcavia; al contrario non era stato apposto alcun segnale relativo ai limiti di peso, velocità o sagoma geometrica. Nemmeno sul sito internet dell'ente erano indicate, come sviscerato anche dall'ingegner Marco Di Prisco nella sua consulenza tecnica, alla quale il giudice Manzi ha fatto riferimento più volte nella lunga sentenza. La Provincia dunque ha consentito che il manufatto fosse sottoposto negli anni a continue sollecitazioni e carichi che potevano, nel tempo, comprometterne la stabilità.
Il ponte mostrava i segni di un degrado significativo e il suo crollo sarebbe da imputare innanzitutto ad un utilizzo sproporzionato rispetto alle attese di progetto. Uso che non avrebbe dovuto essere consentito dalle autorità competenti. Una delle selle del manufatto inoltre, risultava visibilmente usurata e il trasporto eccezionale di Nicoli ne ha provocato il crollo come ultima causa dell'evento disastroso. L'autoarticolato - dal peso complessivo di circa 107 tonnellate - è emerso dalle risultanze investigative che quel drammatico 28 ottobre 2016 viaggiava a circa 6,6 km/h, violando tuttavia l'obbligo di transitare al centro della carreggiata e privo di scorta, ritenuta al contrario necessaria.
A questo proposito nella sua sentenza il giudice Manzi ha richiamato il rapporto di causa-effetto fra il comportamento del conducente del carico eccezionale e il crollo, aspetto della relazione del consulente Di Prisco che non sarebbe stato tuttavia sufficientemente valorizzato dalla Procura del formulare l'imputazione. Il collasso del cavalcavia non avrebbe avuto luogo se fosse stata rispettata la condizione più importante indicata nel permesso di circolazione rilasciato dalla Provincia di Bergamo, vale a dire il passaggio al centro della carreggiata. Una scelta improvvida quella dell'autista - come l'ha definita l'ex presidente della sezione penale del tribunale lecchese - che insieme allo stato di logoria della struttura e al continuo passaggio di mezzi eccezionali, è da ritenere fra le maggiori cause del cedimento del ponte annonese. Tutto ciò unito chiaramente alla scelta della Provincia di Lecco di non porre alcun limite di transito sulla SP49.
A sinistra Silvia Garbelli, la funzionaria della Provincia di Bergamo assolta
Rispetto alle posizioni dei dirigenti di Villa Locatelli Angelo Valsecchi e Andrea Sesana - condannati rispettivamente a tre anni e otto mesi e a tre anni - secondo il giudice avrebbero dovuto accorrere ad Annone per verificare ''de visu'' lo stato dell'opera. Il controllo visivo dello stato del ponte, li avrebbe indotti a chiudere l'arteria. Così invece non è stato. Ai due viene contestata òa totale assenza di ogni studio, osservazione e valutazione in ordine al limite di peso per il transito sul ponte. Valsecchi ''avrebbe dovuto far apporre un cartello per il limite a 44 tonnellate'' invece nonostante avesse percepito il problema non avrebbe fatto nulla, non disponendo i segnali. nè aggiornando il sito della Provincia con l'indicazione di questi limiti. Entrambi, ma soprattutto Sesana, non hanno monitorato l'andamento del manto stradale sulla SP49 che presentava un avvallamento proprio in corrispondenza della sella fratturata.Venendo al dirigente Anas Giovanni Salvatore (tre anni e sei mesi la pena inflittagli), il giudice Manzi ritiene impossibile che un dirigente esperto in costruzione e quindi conscio dei pericoli di una omissione di controlli, abbia accettato una situazione di limbo senza muovere un dito per sciogliere l'incertezza sulla titotalità della struttura. ''Il monitoraggio del ponte è stato del tutto colpevolmente carente per poca diligenza'' scrive il magistrato, secondo il quale il giorno del fatto avrebbe dovuto chiamare direttamente la Provincia o la polizia stradale per chiudere la SP49, riconoscendo tuttavia a Salvatore l'essere stato tratto in inganno dalla relazione sullo stato del ponte e scarsamente informato dal suo predecessore. ''La sua colpa più grave - prosegue il giudice riferendosi al giorno del drammatico sinistro - è stata quella di aver posto poca attenzione allo stato dei calcinacci che gli erano stati mandati in fotografia. Doveva immediatamente fa chiudere il ponte perchè la situazione di pericolo era chiara ed evidente''.
Nel pronunciare la sentenza nei confronti dei tre - condannati altresì all'intedizione dai pubblici uffici ciascuno per la durata della pena inflittagli, con la misura che potrebbe eventualmente scattare soltanto al termine dei tre gradi processuali - il dottor Manzi aveva motivato in aula che la concessione delle attenuanti generiche deriva dal buon comportamento tenuto durante il processo.
Per quanto riguarda infine la posizione di Silvia Garbelli - unica imputata assolta - a detta del giudice sarebbe rimasta coinvolta nella vicenda per caso perchè la sua firma era l'esito finale di istruttoria e prassi consolidate, avendo peraltro sostituito in quel periodo un collega assente per ferie. ''L'imputata si occupava di altra materia e si è comprensibilmente fidata della competenza e dell'esperienza dei colleghi addetti al settore'' si legge nel dispositivo del giudice che l'ha assolta con formula piena, rilevando altresì che se il conducente avesse rispettato le indicazioni contenute nell'autorizzazione rilasciata dalla dirigente (necessità di una scorta e di transitare al centro della carreggiata) il ponte non sarebbe crollato.Nel pronunciare la sentenza nei confronti dei tre - condannati altresì all'intedizione dai pubblici uffici ciascuno per la durata della pena inflittagli, con la misura che potrebbe eventualmente scattare soltanto al termine dei tre gradi processuali - il dottor Manzi aveva motivato in aula che la concessione delle attenuanti generiche deriva dal buon comportamento tenuto durante il processo.
Infine il punto relativo al Codacons, al quale è stata negata la richiesta di risarcimento danni avanzata durante la discussione finale del procedimento nel quale si è costituito parte civile. Un ruolo - quello dell'associazione che tutela i consumatori - che Manzi ha ritenuto non legittimo, ''non risultando leso alcun diritto soggettivo o posizione giuridica protetta''.
G. C.