Oggiono, Bachelet: dislessia tema di un incontro con le testimonianze degli studenti

Le testimonianze degli studenti certificati DSA (con disturbi specifici dell'apprendimento) mettono bene in evidenza le tematiche affrontate nell'intervento della specialista psicologa sul tema delle differenti strategie per l'apprendimento. Nella serata di venerdì 8 ottobre, l'istituto Bachelet di Oggiono, in occasione della settimana nazionale della dislessia, ha proposto un incontro per approfondire un argomento sul quale la scuola ha ancora da lavorare per poter rispondere alle esigenze di questi ragazzi.
I ragazzi hanno avuto l'importante occasione di far comprendere le necessità a compagni e docenti in ascolto: le loro parole sono molto utili per indirizzare le attenzioni e la sensibilità rispetto al loro bisogno.

La preside Anna Panzeri con la psicologa Beatrice Curti

Viola, un'ex studentessa dell'istituto, ha raccontato il suo percorso, non sempre lineare e ha fornito qualche suggerimento ai docenti in ascolto. "I primi due anni sono stati quelli buoni in cui gli insegnanti mi venivano incontro: durante le verifiche non mi davano 15 minuti in più, ma mi toglievano un paio di esercizi, così riuscivo a fare tutta la verifica. Con il tempo aggiuntivo, non si riesce a finire: c'è il caos della classe, l'ansia del professore che deve ritirare e è un tempo per risolverlo con il giusto impegno. In quei due anni non mi veniva mai chiesto di leggere in classe, sopratutto le lingue straniere: è umiliante perchè in testa la parola si pensa in un modo, ma la bocca la dice in maniera diversa. I compagni ridono e la professoressa ti guarda male. Gli ultimi tre anni sono stati più difficili: le insegnanti non mi davano 15 minuti, venivano fatti commenti come quando una volta venne detto "se ha capito Viola, lo devono capire tutti, ma io avevo studiato".
Anche Giulia ha ammesso che è imbarazzante leggere in classe: "Magari nella mente riesco a comprendere correttamente, ma quando leggo a voce alta sbaglio spesso, leggo parole diverse".
Andrea ha spiegato che per lui è fondamentale non preparare mappe concettuali ma schemi e prendere appunti per poter memorizzare meglio: "Alcuni insegnanti non fanno valere i nostri diritti: il consiglio è di parlarci. Altri invece ci aiutano a crescere personalmente".


Federico, che presenta alcuni disturbi, ha ben esposto le difficoltà e come è riuscito a superarle: "Ho trovato alcuni escamotage che mi hanno permesso di arrivare ai livelli dei compagni di classe in base alla persona che sono. Degli strumenti compensativi ne discuto sempre con i professori ed è bello vedere quando i professori propongono migliorie, perchè invoglia ad approfondire gli argomenti o a recuperare parti che avevamo saltato e che invece sono fondamentali". Lui in classe utilizza il computer e ricorre a grafiche, che poi riprende nelle mappe concettuali: ha mostrato i programmi che utilizza ordinariamente. "Purtroppo nessuno mi ha mai spiegato che programmi usare e come farlo. Ho seguito dei corsi alla Nostra Famiglia, dove ho scoperto questi software. Per me sarebbe bello proporre un percorso di poche ore con un ragazzo di quinta o un docente che vada a formare il ragazzo di prima su come e cosa c'è a disposizione per rendere il percorso più efficace".
La dottoressa Beatrice Curti, psicologa responsabile del progetto "Counseling", ha ricordato come oggi esistano molti strumenti per apprendere in maniera diversa e non così faticosa come accadeva in passato. Quello che ha sottolineato è la voglia dei ragazzi di essere protagonisti. "È fondamentale che i ragazzi accettino il loro disturbo: abbiamo visto i ragazzi che si vergognano del disturbo, ma questo significa non capire cosa significa essere Dsa. Capirlo, significa capire la propria individualità e gli aspetti positivi - ha affermato - I ragazzi devono comprendere le loro difficoltà, step by step, cercando di vedere il docente come un compagno di viaggio. L'altra questione consiste nel chiedere aiuto: a volte prendere un voto basso è una vergogna e non, invece, un modo per rileggere le proprie fatiche. I dislessici hanno il primo scontro con la frustrazione da subito: poi chi è fortunato riesce a compensare fino alle superiori, altre volte è più faticoso. Sta qui riconoscere di avere delle fatiche ma continuare. Si parte dall'auto consapevolezza di avere un disturbo, per avere auto competitività: credere in se stessi e la possibilità di arrivarci credo sia l'inizio perchè si possano raggiungere obiettivi che a volte il Dsa stesso non vede. Senza riconoscimento dei Dsa, la nostra scuola non avrebbe fatto i passi che ha maturato. L'obiettivo è far sì che i ragazzi riescano a trovare in noi degli adulti che camminano con loro".


La preside Anna Panzeri, nel suo intervento, si è focalizzata sugli errori che ancora oggi si compiono a scuola quando si parla di differenti modi di apprendere. "Il nostro è un errore di prospettiva, quando diciamo che il ragazzo non è adatto per liceo o istituto tecnico. A scuola ci sono contesti, modi di apprendere, strategie di apprendimento che possono agevolare o ostacolare il ragazzo, quindi è il contesto a fare la differenza: dietro questo cambio di prospettiva, sul quale dobbiamo lavorare, c'è il principio pedagogico della personalizzazione. La scuola lavora per obiettivi e per portare i ragazzi a determinati standard nazionali: a questi traguardi i ragazzi arrivano con percorsi diversi. Un secondo errore è pensare all'apprendimento in termini cognitivi: l'imparare è legato ad acquisire padronanza in relazione ad alcuni concetti, significa acquisire dei contenuti, familiarizzare con essi, acquisire competenze, lasciando in secondo piano gli aspetti emotivi, psicologico e relazionale che concorrono alla crescita dei ragazzi. Il terzo errore è quando pensiamo al Dsa come a un disturbo, invece è un altro modo di imparare: dobbiamo ascoltare i bisogni dei ragazzi, ma anche le loro aspettative, che vanno coltivate insieme a loro. L'aspetto importante è lasciare perdere la tecnica oggettiva che lasciamo agli specialisti. La vera efficacia dell'intervento si misura solo con le caratteristiche di soggettività come empatia, tolleranza all'errore e incoraggiamento".


La professoressa Serena Rosi, referente Dsa all'interno dell'istinto, si è occupata dell'aspetto più tecnico. Ha ricordato, ai genitori, l'importanza di consegnare le certificazioni e, agli studenti, la presenza di uno sportello "Help" per i ragazzi Dsa. "Noi lavoriamo in classe ogni giorno con i ragazzi con disturbi dell'apprendimento, per i quali non può essere lo stesso l'approccio: è fondamentale vedere la diversità e l'aspetto della risorsa. Mi è capitato di lavorare in classi dove la famiglia chiede che i compagni non sappiano del disturbo: rispettiamo la volontà, ma questo ci limita tanto perchè si tratta di accettare la realtà. Se impariamo a vedere lo studente come una risorsa, è fondamentale. Se c'è ragazzo che ha sempre fatto mappe concettuali per sua necessità e io devo spiegarle come metodo di studio ai compagni, chi meglio di lui può spiegarlo? Oppure un ragazzo discalculico, può intervenire in classe e diventare una risorsa mostrando come la matematica non significhi solo applicare formule. Il ragazzo ha la necessità di avere gli strumenti per arrivare a determinati obiettivi: riuscire a lavorare in armonia e con serenità in classe, aiuta i ragazzi".
M.Mau.
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