Sirone: fatture ''gonfiate''? In due a processo per truffa

Avrebbero truffato un imprenditore, titolare di un ristorante di Monza, addebitandogli una fornitura di merce in più e ''gonfiando'' le fatture. È questa in estrema sintesi la tesi accusatoria -ancora tutta da dimostrare- che vede padre e figlio, proprietari di un'attività dedita al commercio di carni a Sirone, al banco degli imputati con l'accusa di truffa aggravata (ai sensi dell'articolo 640 del codice penale).
I due, classe 1946 il padre e 1976 il figlio, sono difesi dall'avvocato Elena Ammannato del foro di Lecco.
A raccontare ieri nell'aula del giudice Giulia Barazzetta quanto accaduto negli anni 2014 e 2015 è stata direttamente la persona offesa, nel frattempo costituitasi parte civile nel procedimento: ''mi sono accorto che c'era qualcosa che non andava perchè il mio ristorante stava incontrando un periodo di crisi'' ha raccontato l'imprenditore, rispondendo alle domande del Vpo Mattia Mascaro. ''Avevo perciò deciso di ridurre le forniture. I prezzi di tutti i grossisti erano calati, tranne quello degli imputati''. Facendo opportune verifiche, l'imprenditore con ristorante in zona Villa Reale a Monza, ha scoperto che le fatture emesse dalla società di Sirone riportavano dati non veritieri: ''ogni volta che il grossista di carni ci consegnava la merce il lunedì e il giovedì ci emetteva una bolla, che poi controfirmavamo'' ha continuato il ristoratore, ''ho scoperto invece che nella fattura riepilogativa di fine mese, invece delle otto bolle che dovevano essere segnate, ce n'erano dieci. E non ho mai ricevuto merce in più, né lo stesso giorno di consegna, né tanto meno in altre occasioni''. La presunta truffa avrebbe portato all'imprenditore un danno totale di circa 35mila euro, essendo iniziata da settembre del 2013 fino ad aprile 2015, anche se oggetto di querela e quindi del processo penale incardinatosi a Lecco sono comprese solamente le annualità del 2014 e del 2015 per, rispettivamente, 19mila euro più iva del primo anno e 6.370 euro più iva del secondo. A nulla sarebbe servito un colloquio interlocutorio tra il ristoratore e il grossista più giovane, avvenuto a maggio del 2015: ''gli ho detto che non mi tornavano alcuni conti e gli ho presentato la lista delle bolle mancanti. Mi ha risposto che avrebbe fatto le sue verifiche e la sera stessa mi ha inviato una pec in cui mi diceva che avrebbe effettuato una compensazione per la cifra erroneamente addebitata. Tre giorni dopo ha cambiato idea e posizione, dicendomi che la merce era stata consegnata'' ha concluso il ristoratore, ''arrivando addirittura a denunciarmi perchè secondo lui quella pec gliel'avrei estorta con la forza. Ovviamente il fascicolo è stato archiviato''.
Nell'udienza di ieri in tribunale a Lecco sono stati ascoltati quali testimoni anche un dipendente della società di Sirone e il cuoco del ristorante di Monza: il primo ha raccontato che, nei suoi tre anni di lavoro per il grossista di carni, tante volte era lui a consegnare nella città brianzola. ''Di solito la sera prima della consegna io e il proprietario più giovane pesavamo la carne e la impacchettavamo per poi caricarla sul furgone'' ha raccontato l'ex dipendente ''le bolle le trovavo già nella cartellina sul furgone e non erano mai firmate da me perchè mi dicevano che rovinavo i fogli''.
Il cuoco, di origini sarde, ha raccontato la dinamica della consegna: ''arrivava il fattorino e scaricavamo la merce, poi mentre la sistemavo sugli scaffali controllavo che quello che era segnato in bolla fosse corretto. Una volta fatti i controlli controfirmavo il documento e lo lasciavo andare''.
Terminati i testimoni odierni, le parti hanno chiesto un rinvio per la discussione in attesa della definizione del contenzioso civilistico. Il giudice Barazzetta ha così rinviato al prossimo 26 aprile.
B.F.
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