In tribunale il drammatico racconto di una moglie costretta per anni a subire violenze

Il palazzo di giustizia lecchese
E' stata picchiata perfino durante le gravidanze, portandone a termine quattro ma perdendo altri tre bimbi, due dei quali - ritiene - proprio in conseguenza delle botte subite da quel marito violento (con il quale viveva in un comune del casatese) ora a processo per maltrattamenti e lesioni, aggravati.
La mattinata odierna, in Tribunale a Lecco, si è aperta con l'audizione di una giovane donna di origini albanesi, che, non senza difficoltà legate anche a problemi linguistici, con compostezza, ha raccontato ai giudici - presidente Paolo Salvatore, a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - anni trascorsi sotto il controllo di un compagno-padrone che, accecato da un'opprimente gelosia, non le avrebbe permesso nemmeno di tessere legami con i vicini di casa o di uscire da sola e dunque, tanto meno, di trovarsi un lavoro per conquistarsi una minima autonomia. Ad acuire il tutto il consumo smodato di alcool da parte dell'uomo, incline all'aggressività ad ogni bicchiere di troppo.
''Solo grazie a Dio sono viva'' ha detto la trentenne, costituitasi parte civile tramite l'avvocato Grazia Corti, raccontando, guidata dal sostituto procuratore Andrea Figoni, gli episodi più salienti di una relazione malata, trascinatasi però per anni, tra Albania e Italia, inizialmente per il non venire meno dell'amore provato verso quel consorte manesco più grande di lei, poi per il desiderio di non privare i primi figli della figura del padre, poi per la mera paura di perdere i ragazzi o ancora di subire ritorsioni.
''Ero terrorizzata da lui, ho sempre detto ok, non potevo contraddirlo e non avevo il coraggio di parlare come parlo qui oggi''. A farle dire basta, un pestaggio subito nell'aprile 2020 con coinvolta anche una delle figlie, finita in ospedale per i calci e i pugni che il padre le avrebbe riservato per il sol fatto di non essersi messa subito ai fornelli alla richiesta dell'imputato di avere un caffè. Una sorella assistendo alla scena sarebbe infatti corsa dai vicini, chiedendo aiuto, con l'arrivo dei Carabinieri e l'interessamento poi del Tribunale per i minorenni che ha avviato la trafila per mettere in sicurezza i bambini e la donna, arrivata così a denunciare il marito, affidandosi poi all'Altra metà del cielo per essere accolta in un ''rifugio'' prima del rientro protetto nella casa lasciata libera del consorte, oggi presente personalmente in Aula al fianco dell'avvocato Stefano Di Donna.
''E' grazie alle mie figlie se sono qui oggi'' ha ammesso la donna, sottolineando di non aver mai mancato di rispetto al marito, quasi a dover evidenziare di non avere colpe per le botte riservate a lei e ai bambini da chi non esitava a apostrofarla come una poco di buono anche solo per un sorriso scambiato con un parente.
Si torna in aula il 3 febbraio con udienza successiva già fissata per il 28 aprile.
A.M.
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