Barzago: la pianura come stato d’animo. Marco Belpoliti racconta il suo nuovo libro
“Piatta è piatta”. È con questa topica iterazione che inizia il libro di Marco Belpoliti, presentato sabato 20 novembre nella sala conferenze del Centro Paolo VI di Bevera di Barzago. “Pianura” è il titolo dell’ultimo testo edito da Einaudi di Belpoliti, scrittore, saggista, docente universitario e uno dei principali studiosi di Primo Levi. Nato in Emilia-Romagna nel 1954 ha voluto rappresentare nel suo libro la condizione umana ed esistenziale di cui è intrisa la Pianura Padana. L’evento è stato il penultimo incontro della rassegna ‘Grandangolo’, iniziativa promossa e organizzata dal Consorzio Brianteo Villa Greppi, con l’obiettivo di raffigurare, attraverso diverse arti, il paesaggio della Brianza.
Il sindaco di Barzago, Mirko Ceroli, accompagnato dal consigliere Claudia Isacchi, ha aperto la presentazione con un ringraziamento a tutti i presenti. Subito dopo la parola è passata a Marta Comi, vicepresidente del Consorzio Brianteo Villa Greppi. “Con questa rassegna abbiamo cercato di raccontare il paesaggio della nostra Brianza e come noi dialoghiamo con esso, per riuscire a guardare meglio quello che guardiamo tutti i giorni. Lungo il percorso abbiamo incontrato paesaggisti, filosofi, architetti, stasera invece uno scrittore. Con Album – Brianza Paesaggio Aperto inauguriamo un nuovo percorso di manifestazioni culturali”, ha detto la vicepresidente Comi. Marta Comi e Mirko Ceroli
A questo punto è intervenuto Daniele Frisco, storico e curatore della rassegna ‘Grandangolo’, che si è concentrato su alcuni aspetti fondamentali del libro, confrontandosi direttamente con l’autore. Paesaggi naturali, nebbia come fattore meteorologico distintivo, incontri rivelatori con gli abitanti della pianura, tipicità urbane e i suoi elementi: sono questi gli argomenti che sono stati toccati nel dialogo e nelle spiegazioni di Marco Belpoliti, che ha scritto il suo libro dalla sua precedente casa ad Olgiate Molgora, ricordando le infinite distese di territori pianeggianti che hanno caratterizzato i primi trent’anni della sua vita.
Daniele Frisco
Descrivere e parlare di qualcosa che in realtà era lontano, secondo Belpoliti, era fondamentale per poterne parlare nel modo giusto. “La rappresentazione letteraria è più complessa di quella che avviene con il disegno e con la pittura perché usando il linguaggio con cui noi parliamo rendiamo evidente qualcosa che non c’è”, ha spiegato lo scrittore. Subito Belpoliti ha mostrato al pubblico un disegno – stampato nel risguardo anteriore del libro e tratteggiato da lui stesso – che rappresenta una mappa di quello che avrebbe poi raccontato. Il disegno è una raffigurazione della Pianura Padana e delle sue principali città, che si è rivelata una preziosa guida per riportare alla memoria quei luoghi che si accingeva a descrivere, ma che non poteva vedere direttamente con i suoi occhi. Una volta spiegata la genesi del libro, Marco Belpoliti ha approfondito gli elementi topici che compongono la pianura, a partire dall’antropizzazione dell’area che risale ai tempi dei romani, quando l’immenso bosco che la ricopriva era stato abbattuto, per concedere i lotti di terra ai soldati vittoriosi di ritorno dalla Terza Guerra punica. Il possesso della pianura da parte dell’uomo avvenne quindi prima di tutto attraverso la geometria.Marco Belpoliti
Un elemento che solca la pianura e la irrora è il fiume Po, che mette paura allo scrittore, che ne riconosce la natura imprevedibile, tanto che tra una stagione e l’altra cambia quasi completamente il suo corso. La caratteristica più palpabile della Pianura Padana è però data dalla sua fitta nebbia, che avvolge chi vi capita dentro, facendo perdere le coordinate di chi e cosa gli sta attorno. In questo modo l’uomo, senza riferimenti spazio-temporali, può accedere alla solitudine, il luogo in cui si pensa a sé stessi e dunque anche agli altri. Da qui, lo scrittore si aggancia al ‘magone’, sentimento di afflizione che – ingenuamente – credeva tipico di chi solo abitava la pianura e che era, in qualche modo, provocato dalla monotonia del paesaggio stesso: “è un modo di stare con se stessi e ti mette nei confronti del mondo in una condizione di differenza, perché la sofferenza che provo è solo mia”.
Martina Bissolo