25 novembre: oggi indosserò anche io qualcosa di rosso in onore di Elena di Sparta
Stefano Motta
Indosserò qualcosa di rosso in onore di Didone, regina suicida di Cartagine, sedotta e abbandonata dal cosiddetto "pio" Enea, che inseguiva la gloria e perse la pace.
Mi vestirò di rosso per Ifigenia, la giovane figlia di Agamennone e Clitennestra, sacrificata dai Greci per propiziare il viaggio verso Troia.
Sarò rosso per Cassandra, vergine saggia e bellissima, e perciò inascoltata, violentata da Aiace sull'altare del tempio di Atena.
Penserò al rosso del sangue tratto dal seno di Clorinda dalla lama di quel Tancredi che avrebbe voluto amarla e invece la uccise.
Mi vestirò di rosso per Gertrude, condannata dal padre a farsi suora: "avrebbe potuto essere una monaca santa e contenta, comunque lo fosse divenuta. Ma l'infelice si dibatteva in vece sotto il giogo", e si perse, sventurata.
Mi vestirò di rosso per Emma Bovary, moglie infelice di un marito inetto, perché c'è della violenza anche quando si trascura l'amore, e per Francesca da Polenta, uccisa dal marito Gianciotto Malatesta, e per l'anonima vittima di una delle più sconcertanti storie di Verga, "Tentazione", e chi non la conosce la cerchi: è uno dei dodici racconti dei "Drammi intimi", del 1884, e racconta uno stupro di gruppo a Vaprio d'Adda: "Erano in tre: Ambrogio, Carlo e il Pigna, sellaio", e lei non è degnata nemmeno di un nome: "Era un bel tocco di ragazza, di quelle che fan venire la tentazione a incontrarle sole", scrive Verga, scimmiottando nel suo artificio di regressione l'incedere della prosodia milanese. "Tutti e tre, veh! Siamo stati tutti e tre!... O sangue della Madonna!...", balbetta il Carlino agli altri, quando il gioco è finito male e c'è da sbarazzarsi del cadavere: leggetelo questo racconto.
Indosserò qualcosa di rosso per Desdemona e per Ofelia, e per l'Ermengarda del "mio" Manzoni, e per la Gisella di "Paesi tuoi", uccisa da Talino con un forcone nel collo ed esposta, la gola squarciata, la camicetta aperta e le mammelle fiere, allo sguardo di tutti.
Mi vestirò di rosso per Antonia, bruciata al rogo dalla cristianissima ignoranza di un intero villaggio, nella "Chimera" di Vassalli.
E per Lisette, la protagonista del mio ultimo romanzo, "Habeas corpus", gettata viva da un aereo nell'Oceano Atlantico dopo essere stata barbaramente violentata all'ESMA dagli aguzzini della dittatura militare argentina.
E per la Bella Addormentata, che a conoscere la letteratura non solo attraverso Walt Disney si chiamava Talia, ne "Lo cunto de li cunti" di Basile, e non si sveglia perché la bacia un principe azzurro, ma perché un bruto la stupra nel sonno.
E per Sybil, che Dorian Gray circuisce fino alla disperazione, spacciandosi per il signor "Charming Prince", che in inglese sta per il nostro "Principe Azzurro". Un altro.
E per Lucia Mondella, che rischiava di soccombere alle avances di un dongiovanni dilettante, di un signorotto che di principesco, e di azzurro, non aveva nulla.
Allora forse mi vestirò di azzurro, e cercherò di capire cosa significa davvero essere un principe, cosa vuol dire davvero amare, rispettare, curare, sostenere, accogliere e donare, e cercherò di essere cielo libero, e acqua pulita, e aria chiara, per tutte le donne della vita, non della letteratura, che conosco e che incontrerò, grato a loro di essere sole e luna: luce.
Professor Stefano Motta