Monticello-Viganò: ragazzina scappata dalla comunità abusata dopo il consumo di alcol e droga, in Aula la ricostruzione di carabinieri e psichiatra

L'accesso al Tribunale di Lecco
Avrebbe dovuto essere lei ad aprire, accomodandosi al banco dei testimoni, il processo che la vede "vittima", costituita parte civile. La struttura che attualmente l'ha in cura ha fatto però pervenire al Tribunale - presidente Martina Beggio, a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - una richiesta di differimento dell'audizione: impossibile per la giovane donna, sostenere un "interrogatorio", in considerazione del suo attuale stato di salute. E' stata così la psichiatra che l'assisteva al momento del fatto oggetto del procedimento, su spinta della PM - il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello Daniela Meliota, intervenuta personalmente questo pomeriggio in udienza a Lecco dopo aver fatto "riaprire" un caso che il primo magistrato interessato dal fascicolo aveva ritenuto da archiviare - ad inquadrare la personalità della ragazzina che, con la propria denuncia, ha portato a processo un 27enne. L'uomo, non presente in udienza e rappresentato dall'avvocato Davide Minervini dopo la rinuncia al mandato formalizzata dal precedente difensore, è chiamato a rispondere di "violenza sessuale" ma anche dei reati di "Stato di incapacità procurato mediante violenza" e "detenzione ai fini di spaccio di stupefacente", in concorso con un collega 33enne per il quale è però già stato dichiarato il non luogo a procedere stante la sua improvvisa e decisamente prematura dipartita.
Come ben argomentato dal luogotenente Cristian Cucciniello, a capo della Stazione Carabinieri di Casatenovo, tutta la vicenda è concentrata nell'arco di qualche ora, tra il mattino e le 19 della sera, del 24 luglio 2019. Quel giorno, da quanto finora emerso in dibattimento, una giovane ospite di una comunità terapeutica del territorio avrebbe lasciato la struttura, dopo aver percepito "trascuratezza da una operatrice" alla quale si sarebbe rivolta sentendosi semplicemente rispondere di attendere un attimo, come asserito dalla dottoressa Manuela Caslini, escussa quale sua terapeuta. La paziente - definita a più riprese "complessa" - mossa da rabbia incontenibile si sarebbe dunque allontanata, portandosi dapprima preso un distributore di benzina poi presso un supermercato di Monticello, in cerca di una birra. Proprio al punto vendita sarebbe stata avvicinata da uno dei due originari imputati, salendo poi su un furgone per raggiungere un appartamento a Viganò dove - sotto l'effetto di alcool e droga - avrebbe avuto rapporti sessuali con entrambi gli uomini, rapporti poi degenerati - stando al capo d'imputazione - in violenza, prima di essere ricondotta in comunità dove a stretto giro avrebbe confidato l'accaduto, manifestando intenzioni suicidarie (come già in altre occasioni) tali da far scattare un ricovero in ospedale, in Psichiatria.
A portare dritto dritto al 27enne ora a giudizio e all'altro soggetto nel frattempo deceduto, i riscontri dei Carabinieri a cominciare dall'individuazione, tramite i sistemi di videosorveglianza, del furgone sul quale la ragazza avrebbe lasciato il piazzale del supermercato, preso a nolo dai due, colleghi di lavoro nel campo del piccolo artigianato. Gli stessi avrebbero poi contattato la vittima anche successivamente, tramite i social e cercando di avvicinarla in comunità, anche per intercessione di un altro paziente. Solo dopo l'interrogatorio delegato dalla Procura all'Arma, i due avrebbero - come ricordato dal Comandante Cucciniello - desistito, interrompendo i tentativi di rivedere la donna, divenuta nel frattempo "denunciante". A raccogliere il suo racconto il vice brigadiere Matteo Salvatore Fersini che - su esplicita domanda del PM - quest'oggi in Aula ha descritto come tranquilla e lucida la persona offesa al momento della verbalizzazione dell'accaduto. "Non ho avuto l'impressione stesse esagerando o raccontando un'esperienza fuori dal reale" ha aggiunto l'operante, confermando la medesima sensazione avuta dalla dottoressa Caslini, presente alla redazione della querela. La professionista ha descritto la paziente come affetta da disturbo borderline della personalità, con un pregresso quadro clinico importante e, al tempo del ricovero in comunità, disturbi da abuso di sostanze, in remissione. Quel 24 luglio, scossa, avrebbe lasciato la struttura in cerca di alcol - la cui consumazione è stata attestata da un test tossicologico al quale è stata sottoposta dopo il rientro - quale "medicina" per attutire la rabbia provata per il supposto "sgarbo" dell'educatrice ma anche con proposito vendicativo rispetto alla struttura stessa e alle sue regole.
Potevano i suoi interlocutori accorgersi dei suoi disturbi? Si, secondo il camice bianco, pur avendo dato una risposta non netta, sfumata in considerazione della diversa sensibilità di ognuno ma anche dall'imprevedibilità del comportamento della paziente, predisposta - per la sua patologia - al repentino cambiamento di stato mentale. L'avrebbe trovata invece "lucida e concentrata nel raccontare un storia con una sua coerenza" nel momento della denuncia. A differenza di altre situazioni in cui avrebbe trasceso "al limite della calunnia verso altre persone". E a differenza anche di ulteriori altre situazioni in cui avrebbe rielaborato in chiave persecutoria fatti in realtà andati diversamente, come confermato su esplicita domanda dell'avvocato Minervini.
Salvo diverso accordo tra le parti, l'istruttoria riprenderà il prossimo 19 maggio con l'escussione proprio della persona offesa. Il PM ha espressamente chiesto al difensore dell'imputato di valutare l'acquisizione degli atti per evitare ulteriore fatica emotiva alla ragazza. Si proseguirà poi con i testi residui.
A.M.
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