Oggiono: Vittorio Bachelet fa conoscere il nonno alle prime
Il nipote di Vittorio Bachelet ha incontrato gli studenti delle classi prime dell'omonimo istituto superiore di Oggiono per far conoscere la figura del nonno, di cui porta il nome e trasmettere i principi di legalità e democrazia che hanno caratterizzato la vita di un uomo dal grande spessore politico e amministrativo con la speranza che gli allievi possano essere loro stessi portatori di quelle idee anche al di fuori delle aule.
Vittorio Bachelet lo scorso 1 dicembre a Oggiono
I nuovi studenti hanno quindi potuto conoscere un ritratto del giurista e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, assassinato nel 1980 dalle Brigate Rosse, attraverso il racconto del nipote omonimo.
"Per descrivervi la sua vita era più adatto qualcuno vissuto in quegli anni: non io, che oggi ho 33 anni e sono nato nel 1985, cinque anni dopo la morte di Vittorio Bachelet avvenuta nel 1980, 38 anni fa. Se la vostra preside, che ringrazio, ha preferito rivolgersi a me è perché forse non vuole una lezione, ma piuttosto un racconto che possa "umanizzare", dare un volto al nome della scuola in cui siete da poco iscritti" ha esordito Vittorio, raccontando la storia del nonno sin dalla nascita, nel 1926, da genitori torinesi con lontane origini francesi. Era l'ultimo di dei fratelli e nel 1943 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all'Università di Roma la Sapienza, ma quell'anno non poté frequentare le lezioni perché cadde il regime di Mussolini. Nel 1951 il matrimonio con Maria Teresa De Januario, conosciuta nell'azione cattolica, dove fin da ragazzo ha militato e che, trasformata poi in Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), ha presieduto nel 1964, su mandato del papa. È stato presiedente dell'associazione negli anni di grande fermento civile ed ecclesiale che vedeva nella FUCI la modalità per attuare il Concilio.
Nella vita professionale, è stato professore di diritto amministrativo, che insegna a Pavia (dal '58 al '61); poi a Trieste (dal '61 al '65) e infine a Roma.
Nel 1976, nel medesimo anno dell'elezione in consiglio comunale a Roma grazie alle numerose preferenze ottenute, è stato eletto al consiglio superiore della magistratura.
Il 12 febbraio 1980, sul mezzanino della scala che conduce alle aule dei professori dell'Università La Sapziena, è stato assassinato da un nucleo armato delle Brigate Rosse.
Celebre la frase pronunciata dal figlio al funerale: «Preghiamo per i nostri governanti: per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga. Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri».
Immagine di repertorio con la dirigente Anna Panzeri
M.Mau.