Oggiono: Vittorio Bachelet fa conoscere il nonno alle prime

Il nipote di Vittorio Bachelet ha incontrato gli studenti delle classi prime dell'omonimo istituto superiore di Oggiono per far conoscere la figura del nonno, di cui porta il nome e trasmettere i principi di legalità e democrazia che hanno caratterizzato la vita di un uomo dal grande spessore politico e amministrativo con la speranza che gli allievi possano essere loro stessi portatori di quelle idee anche al di fuori delle aule.

Vittorio Bachelet lo scorso 1 dicembre a Oggiono

Un'iniziativa divenuta ormai una consuetudine nella scuola, giunta al terzo anno dopo la sospensione forzata dello scorso anno a causa del Covid. "Credo sia importante per i ragazzi perché fa conoscere la figura del magistrato da un punto di vista privilegiato, quello del nipote, rendendo la figura ancora più "umana" e sempre attuale per gli insegnamenti ed i valori proposti" ha spiegato la dirigente scolastica Anna Panzeri che, in apertura dell'incontro, ha voluto leggere il messaggio lasciato dal dottor Ersilio Secchi, presidente de Tribunale di Lecco che, per gli impegni professionali, non ha potuto presenziare. In occasione del 40esimo anniversario dell'uccisione di Bachelet, il 12 febbraio 2020 una rappresentanza della scuola oggionese aveva partecipato alla cerimonia commemorativa in Tribunale e per questo si era pensato di ricambiare l'ospitalità. "Il Suo sacrificio ha dato senso e motivazione ai giovani che, come me, avevano scelto di operare nella magistratura in quegli anni cruciali per la tenuta delle istituzioni" ha affermato, assicurando la sua ideale partecipazione all'incontro.
I nuovi studenti hanno quindi potuto conoscere un ritratto del giurista e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, assassinato nel 1980 dalle Brigate Rosse, attraverso il racconto del nipote omonimo.
"Per descrivervi la sua vita era più adatto qualcuno vissuto in quegli anni: non io, che oggi ho 33 anni e sono nato nel 1985, cinque anni dopo la morte di Vittorio Bachelet avvenuta nel 1980, 38 anni fa. Se la vostra preside, che ringrazio, ha preferito rivolgersi a me è perché forse non vuole una lezione, ma piuttosto un racconto che possa "umanizzare", dare un volto al nome della scuola in cui siete da poco iscritti" ha esordito Vittorio, raccontando la storia del nonno sin dalla nascita, nel 1926, da genitori torinesi con lontane origini francesi. Era l'ultimo di dei fratelli e nel 1943 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all'Università di Roma la Sapienza, ma quell'anno non poté frequentare le lezioni perché cadde il regime di Mussolini. Nel 1951 il matrimonio con Maria Teresa De Januario, conosciuta nell'azione cattolica, dove fin da ragazzo ha militato e che, trasformata poi in Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), ha presieduto nel 1964, su mandato del papa. È stato presiedente dell'associazione negli anni di grande fermento civile ed ecclesiale che vedeva nella FUCI la modalità per attuare il Concilio.
Nella vita professionale, è stato professore di diritto amministrativo, che insegna a Pavia (dal '58 al '61); poi a Trieste (dal '61 al '65) e infine a Roma.
Nel 1976, nel medesimo anno dell'elezione in consiglio comunale a Roma grazie alle numerose preferenze ottenute, è stato eletto al consiglio superiore della magistratura.
Il 12 febbraio 1980, sul mezzanino della scala che conduce alle aule dei professori dell'Università La Sapziena, è stato assassinato da un nucleo armato delle Brigate Rosse.
Celebre la frase pronunciata dal figlio al funerale: «Preghiamo per i nostri governanti: per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga. Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri».

Immagine di repertorio con la dirigente Anna Panzeri

Nel 1987, sette anni dopo la morte, l'istituto superiore di Oggiono decide di portarne il nome. "Ci sono tante scuole intitolate a Vittorio Bachelet come la vostra, e anche tante vie in diversi comuni italiani. Ma è qualcosa di vuoto se non sarete voi giovani a riempire di contenuto, a dare vita a quello per cui Vittorio Bachelet è morto. Qualcosa di attuale sempre, e in particolare in tempi di crisi economica e politica come quello attuale" ha proseguito il nipote Vittorio. "Nonostante tutte le difficoltà c'è la possibilità di un futuro migliore per la vita del nostro Paese e per la vita delle nostre Istituzioni. Noi dobbiamo essere, in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l'avvenire". Poi l'invito, rivolto agli studenti, a conservare un valore politico nella vita quotidiana: "L'impegno politico non è altro che una dimensione del più generale e essenziale impegno a servizio dell'uomo. Vi è un modo diffuso di fare politica che non si limita alla partecipazione nei partiti e nelle istituzioni, ma che riguarda ad esempio il competente esercizio di un mestiere e di una professione, che rappresenta in sé un alto valore politico".
M.Mau.
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