'Sfilata' di dipendenti di Poste al processo sui buoni fruttiferi falsificati

E' entrato nel vivo nel pomeriggio di giovedì il procedimento penale con imputato J.D.B., il 37enne chiamato a rispondere delle accuse di falso e peculato in concorso con ignoti per il pagamento di una serie di buoni fruttiferi emessi negli anni Ottanta.
Rinviato a giudizio lo scorso giugno dal GUP Salvatore Catalano, l'ex dipendente di Poste Italiane ha deciso di affrontare il dibattimento, convinto probabilmente di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti che gli vengono contestati.
Assistito di fiducia dagli avvocati Giovanni e Paolo Priore, l'ex impiegato (e direttore all'occorrenza, quando i colleghi erano in ferie o in malattia ndr) è comparso ieri al cospetto del collegio giudicante presieduto dalla dr.ssa Martina Beggio con a latere i colleghi dr.ssa Giulia Barazzetta e dr.Gianluca Piantadosi, ascoltando attentamente le testimonianze rese da alcuni dipendenti della società, costituitasi parte civile attraverso un legale del foro di Roma.


L'ingresso al tribunale di Lecco

Un'udienza non breve durante la quale il pubblico ministero Paolo Pietro Mazza - che ha ereditato il fascicolo d'indagine dal collega Flavio Ricci, applicato nei mesi scorsi da Varese - ha cercato di ricostruire la vicenda che ha portato il 37enne sul banco degli imputati. Secondo il quadro accusatorio (ancora tutto da dimostrare) sostenuto dalla Procura di Lecco infatti, fra il 2015 e il 2017 l'uomo si sarebbe reso co-responsabile di una sorta di truffa ai danni di Poste e di alcuni utenti, nel frattempo risarciti e non costituitisi dunque parte civile. Dalle indagini svolte è infatti emerso che in quattro circostanze sarebbe stato proprio il moltenese a dirigere i tre uffici postali coinvolti nella vicenda giudiziaria quando - presunti complici mai individuati - avrebbero presentato all'incasso i buoni falsificati. Una truffa che avrebbe fruttato a ignoti un bottino decisamente consistente: circa 770mila euro - dei quali oltre 500mila nel solo ufficio postale di Barzanò - e gli altri divisi fra le sedi di Oggiono e Annone.
Per la Procura il modus operandi, piuttosto semplice, era il seguente: i buoni postali sarebbero stati riprodotti su buoni originali ma ''in bianco'', rubati negli anni Ottanta negli uffici postali e compilati con abilità in modo da renderli identici a quelli effettivamente sottoscritti, con tanto di regolare (e corrispondente) numero di matrice. Ad incassarli soggetti rimasti al momento ignoti, muniti della carta d'identità, chiaramente falsificata, dell'effettivo intestatario.
Ieri pomeriggio a ricostruire per prima la vicenda è stata una dipendente classe 1962, all'epoca dei fatti in servizio presso la sede di Poste Italiane di Lecco dove gestiva e monitorava il corretto funzionamento degli uffici dislocati in provincia. E' stata lei a segnalare per prima agli ispettori della società, un'anomalia che si era registrata presso l'ufficio postale di Annone. ''La direttrice aveva fruito di alcuni giorni di ferie e quando era rientrata dopo il periodo di assenza, ha verificato i buoni che erano stati pagati in sua assenza. Nel visionare la documentazione si è accorta che fra i beneficiari c'era anche una storica cliente dell'ufficio postale e questo fatto le è parso piuttosto strano'' ha riferito la teste. ''Quando qualche giorno più tardi la donna si è presentata presso l'ufficio per riscuotere la pensione, la mia collega che era particolarmente sul pezzo, le ha chiesto come mai avesse deciso di ritirare i tre buoni del valore ciascuno di 5 milioni di lire facendosi pagare in denaro, senza valutare invece la possibilità di effettuare ulteriori investimenti. A quel punto la cliente, particolarmente sorpresa da quell'affermazione, le ha precisato che non aveva mai effettuato un'operazione di quel tipo''.
Dalle verifiche del caso è emerso che i tre buoni erano effettivamente depositati nella cassetta di sicurezza di un altro ufficio postale: nessuno li aveva mai toccati. Quelli pagati all'ufficio di Annone dunque, erano dei falsi. ''Ho subito inoltrato la segnalazione all'ufficio competente e due ispettori hanno avviato le indagini'' ha detto, riferendo come l'imputato fosse solitamente ''fisso'' presso la sede di Civate, ma prestato in altri uffici del territorio per sostituire i direttori o i colleghi in ferie.
La testimonianza di altri colleghi ha chiuso, nel pomeriggio inoltrato, l'udienza, aggiornata al prossimo 12 febbraio quando sarà completata la lista testi. Acquisite invece le spontanee dichiarazioni degli utenti vittima delle truffe, già risarciti.
G. C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.