Casatese: 48enne a giudizio per le violenze ai danni della figlia, in Aula nega le accuse

Il tribunale di Lecco
Avrebbe molestato la figlia a partire dal suo arrivo in Italia. Sono diversi gli episodi contestati dalla Procura della Repubblica di Lecco ad un 48enne originario di un Paese africano, in un periodo compreso fra il 2013 e il 2018 quando appunto viveva con la ragazzina sotto lo stesso tetto in due comuni del circondario casatese.
Stamani l'imputato è comparso al cospetto del collegio giudicante presieduto da Martina Beggio, con a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi. Violenza sessuale continuata e aggravata dalla minore età della vittima, l'accusa di cui è chiamato a rispondere l'uomo, assistito dall'avvocato Cesare Molteni del foro di Como.
Episodi che sarebbero venuti alla luce nell'ambito scolastico quando la studentessa confidandosi con alcune insegnanti e con la dirigente, ha fatto scattare la segnalazione alla Questura di Lecco, quest'oggi rappresentata in Aula dall'ispettore Marco Di Prinzio. Era stato lui, insieme ad una collega, ad occuparsi dell'indagine effettuando anche alcuni sopralluoghi nei due appartamenti che l'imputato aveva condiviso con il fratello e la figlia, nata dalla relazione con una sua amica, rimasta poi in Africa. Proprio in quei locali si sarebbero consumate le violenze ai danni della giovane vittima, oggi poco più che ventenne e residente in uno Stato estero. Interrotti i rapporti con il papà che durante l'udienza odierna ha respinto ogni addebito specificando di non aver mai toccato la ragazza alla quale lo lega un profondo affetto.
Alla domanda postagli dal pubblico ministero Pietro Paolo Mazza sulle ragioni alla base della denuncia formalizzata a suo carico dalla figlia con accuse gravissime, l'imputato ha risposto di esserselo spiegato con la scelta, confermata a più riprese, di non volersi unire in matrimonio con la mamma della ragazza. Una sorta di vendetta familiare a suo carico dunque secondo una ricostruzione totalmente personale del padre.
''A casa siamo sempre stati tranquilli, non è mai successo nulla. Qualche volta mi chiedeva dei soldi, se potevo glieli davo, ma non ero messo bene economicamente'' ha detto l'africano in un italiano incerto, precisando di aver sempre acquistato alla figlia sia i biglietti per l'autobus per potersi recare a scuola, sia il telefono cellulare e le ricariche. ''Non abbiamo mai condiviso lo stesso letto, nè nel primo appartamento, nè in quello dove ci siamo spostati poi''.
Durante l'esame dell'imputato è emerso un episodio risalente all'estate 2017 quando con la figlia si era recato nel Paese d'origine. Ad un certo punto un avvocato si sarebbe presentato a casa sua chiedendo un risarcimento economico a seguito degli abusi nei confronti della ragazza. Accuse gravi che la giovane avrebbe poi ritrattato, accettando di tornare in Italia insieme al padre. Qualche tempo dopo però, la formalizzazione della denuncia nel nostro Paese dopo le dichiarazioni rese alla Polizia di Stato.
Al termine dell'esame del 48enne, spazio all'escussione di tre testimoni della difesa: il fratello dell'imputato e i coniugi che avevano affittato l'appartamento dove padre e figlia hanno vissuto nell'ultimo periodo dopo essersi trasferiti da un paese limitrofo. Interessante a questo proposito la testimonianza della moglie del proprietario di casa, con la quale la ragazzina aveva stabilito un buon rapporto, non rivelandole tuttavia quelle confessioni emerse nell'ambito scolastico. ''Da quello che mi raccontava, mi ero fatta l'idea che il padre fosse molto severo e le lasciasse poche libertà sia nelle uscite con le amiche, sia in generale. Non immaginavo affatto quello che poi è venuto fuori dopo'' ha concluso la donna, rimasta in contatto con la ragazza, costituitasi parte civile tramite l'avvocato Maria Grazia Corti.
Si torna in Aula il prossimo 20 gennaio per la conclusione dell'istruttoria e la discussione finale.
G. C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.