Oggiono: il percorso verso la fede nel libro scritto dal vicario parrocchiale don William

Don William Abbruzzese, vicario parrocchiale a Oggiono, ha da poco dato alle stampe il suo ultimo libro: "Non allo specchio, ma alla finestra". Ordinato sacerdote nel 2005, attivo nella comunità pastorale di San Giovanni Battista e particolarmente impegnato con i giovani, don William è alla sua seconda "fatica" letteraria. Il ricavato del suo ultimo libro andrà in beneficenza alle scuole cristiane di Terra Santa. Abbiamo parlato con lui del modo in cui è nato il libro e dei temi che approfondisce.

Don William, quali argomenti affronta nel suo ultimo libro "Non allo specchio, ma alla finestra"?

«È un percorso spirituale che propongo alla ricerca della felicità, dove sostengo che la felicità sia sempre legata al fatto che noi siamo creature di Dio; quindi, non è legata a qualcosa che uno "ha", ma a qualcosa che uno "è"».

Ci spieghi come affronta questa tema...

«Immagino la vita come una catena montuosa dove la parola "monte" per me ha il significato biblico del "luogo di incontro con Dio". Significato che nella vita diventa il "luogo di incontro con gli altri". Più si è capaci di incontrare "l'altro", più si riesce a trovare Dio. Ma, anche il viceversa, più si trova Dio, più si è capaci di "trovare" le persone».

In quale modo?

«Nella prima parte del libro suggerisco degli strumenti da avere nella vita, con cui nella vita bisogna essere equipaggiati per poter "salire la montagna". La vita stessa è un sentiero lungo una catena che ci fa incontrare tre monti».

Quali sono i tre monti che incontriamo?

«Il monte delle "possibilità" che sarebbe il monte delle tentazioni, dove le tentazioni non sono viste solo nell'accezione negativa, ma nell'accezione della "possibilità". Cioè scegliere nella vita significa avere la "possibilità" di decidere se fare del bene o del male. Quindi, nella vita si incontrano sempre queste "provocazioni" dove una persona deve sceglie».

Gli altri due monti?

Il secondo monte è quello delle "trasfigurazioni". La prima grande trasfigurazione che una persona ha nella vita è la conversione, è quella dello sguardo, cioè il modo di vedere le cose. Arriviamo poi al monte "Calvario" dove mi soffermo di più. Si tratta del monte del dolore perché nella vita c'è anche questo. Come lo ha affrontato Gesù così siamo provocati noi ad affrontarlo. Quali parole ha usato lui, quali parole usiamo noi di fronte al dolore. Tutte queste tre montagne hanno come monte diciamo, che li accomuna, il monte delle "beatitudini", che è il monte della gioia. Quindi la felicità passa attraverso le "possibilità", le "trasfigurazioni" e il "dolore"».

A chi si rivolge questo libro?

«È un libro rivolto a tutti, a tutti coloro che vogliono fare un cammino spirituale, non è rivolto solo ai giovani. Anche se è ovvio che i giovani sono i primi miei interlocutori, il libro nasce dal fatto che io sto in mezzo ai giovani. Nell'introduzione al libro, che è stata fatta da un biblista italiano, Don Matteo Cremella, si dice "tu sei un prete dell'oratorio, sicuramente questi pensieri nascono dallo stare con i ragazzi". Ma, è un libro che ho pensato per tutti. Possono leggerlo i giovani, come possono leggerlo gli adulti, chiunque voglia fare un cammino spirituale sereno.

Come è nata l'idea di scrivere questo libro?

«È nata in un momento di grande silenzio e preghiera dove ho detto: "voglio dare voce ad alcune domande che ho nel cuore" e anche "regalare qualche sentiero, qualche percorso alle persone". Un momento di grande serenità e riflessione».

Quindi non ha subito le influenze di questo periodo storico legato alla pandemia...

«No. Personalmente la seconda fase della pandemia l'ho vissuta male, perché avevo ripreso le attività con i giovani e ho dovuto "chiudere tutto" di nuovo. La prima parte ero dispiaciuto per quanto stava accadendo, ma a livello personale ho colto l'occasione per rivalutare molte cose, è stato un momento di riflessione. Il libro, comunque, non ha a che vedere con la pandemia».

Si tratta del secondo libro che scrive...

«Io sono licenziato in teologia spirituale, in precedenza ho scritto un libro su Rosmini. Filosofo dell'Ottocento, prete, sul quale ho condotto i miei studi. Rosmini è stato condannato, dopo la morte, per quaranta frasi scritte in tutta la sua opera e riabilitato successivamente da Benedetto XVI. È stato anche fatto Beato. Secondo me Rosmini è un genio, studiarlo aiuterebbe la cultura italiana dell'oggi a smarcarsi da quella che è la tendenza della cultura tedesca. Nelle scuole, con la filosofia, siamo molto proni di fronte alla cultura tedesca. Invece, la realtà italiana ha prodotto persone luminose a tal punto che potrebbero aiutarci a comprendere l'oggi e a vivere un po' meglio il futuro. Rosmini è una di queste. Per esempio, parlava del diritto della persona in "quanto tale". Proprio perché "uno è un uomo" allora è un uomo "di diritto". Questa è una grande visione soprattutto per oggi, in cui tutti vogliono diritti. Bisogna però avere il coraggio di studiarlo...».

Per il futuro a cosa sta lavorando?

«Un nuovo libro in cui cerco di dare alcune risposte all'ateismo di oggi. Visto che alla maggioranza dei ragazzi non è credente, e crede invece fortemente alla scienza. Io domando: visto che siamo tutti così "scientifici" perché non rediamo alla scienza fino in fondo? Considerando anche che ci siamo divisi fra chi è a favore dei vaccini e chi è contro. Quindi, se la scienza veramente è la risposta a tutto, e si può togliere la religione, mi chiedo come mai alla fine non ci fidiamo. Forse perché c'è qualcosa di più rispetto alla scienza».

L. A.
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