Bachelet: gli alunni incontrano Borsellino che li esorta a impegnarsi per cambiare il Paese

Nella mattinata di giovedì 13 gennaio, gli studenti delle classi quarte e quinte dell'Istituto Bachelet di Oggiono hanno incontrato Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, giudice ucciso dalla mafia nella strage di via D'Amelio il 19 luglio 1992.
L'incontro è avvenuto nell'ambito dell'iniziativa "Uomini coraggiosi al servizio del bene comune, la forza della memoria" che ha coinvolto anche, lo scorso dicembre, Vittorio Bachelet, nipote del professor Bachelet ucciso dalle Br, e coinvolgerà, il prossimo mese di febbraio, Giuseppe Costanza, autista di Giovanni Falcone.
«L'insegnamento della legalità rappresenta una delle frontiere educative prioritarie nella formazione dei cittadini di uno stato che non cerca vendetta, ma giustizia» ha esordito la dirigente scolastica Anna Panzeri, in apertura della conferenza, ricordando anche l'importanza di «alimentare una cultura di valori civili che consenta di avere maggiore consapevolezza nell'acquisizione di diritti e doveri».
Salvatore Borsellino ha quindi iniziato la sua testimonianza, spiegando l'ambiente di Palermo in cui lui, suo fratello e anche Giovanni Falcone sono cresciuti. Un quartiere povero, dove la criminalità aveva una facile presa. Salvatore ha ricordato i legami familiari, con particolare riferimento alla madre. Una figura che ha avuto un ruolo fondamentale per tutti i fratelli Borsellino. Anche dopo la morte di Paolo, esortandoli all'impegno alla ricerca della giustizia, della verità, alla testimonianza e all'impegno civile.

Salvatore Borsellino

Dopo aver ricordato il peculiare legame umano, professionale e l'intesa che legava suo fratello Paolo Borsellino a Giovanni Falcone, Salvatore ha ripercorso a lungo i 57 giorni drammatici che hanno separato i due attentati - di Capaci e di Via d'Amelio - costati la vita ai due magistrati.
«Pensate - ha spiegato ai ragazzi - che in quei 57 giorni Paolo non era neanche stato sentito dalla Procura di Caltanissetta, nonostante fosse il più stretto collaboratore di Giovanni». Giorni in cui - come ha ricordato lo stesso Salvatore - Paolo Borsellino aveva compreso pienamente quanto fosse il prossimo obbiettivo della mafia.
«Ritengo che una delle cause dell' "accelerazione" della strage di via D'Amelio» ha dichiarato Salvatore Borsellino, ricordando come si sia trattato di una strage che «venne compiuta in fretta», sia stata a la volontà di impedire, al fratello Paolo, di «testimoniare a Caltanissetta». Testimonianza calendarizzata per il mercoledì della settimana successiva all'attentato.
Il fratello del giudice - prima di avanzare dubbi sui reali mandanti delle stragi - ha passato in rassegna alcuni fatti anomali che si sono verificati subito dopo gli attentati: la sparizione del "data bank" di Giovanni Falcone, poi ritrovato con gli hard disk compromessi, e la sparizione della nota agenda rossa di Paolo Borsellino.
Due sparizioni che hanno fatto seguito alle anomalie legate alle dinamiche della realizzazione dell'attentato di via D'Amelio. A partire dall'utilizzo del Semtex, esplosivo utilizzato in molte altre «stragi di stato» come ha ricordato correttamente Borsellino. Un'ulteriore "stranezza" è stata la scoperta di come il telefono della loro madre «fosse intercettato». Elemento che ha dato agli attentatori un vantaggio informativo nel conoscere preventivamente gli spostamenti di suo fratello magistrato. In questo modo, «venne sostituita - ha spiegato Salvatore - la macchina che era messa per occupare il posto [davanti all'abitazione della madre] con la Fiat 126 con l'esplosivo».
Salvatore Borsellino ha ricordato come il fratello Paolo, proprio quel giorno, stesse rispondendo a una lettera inviatagli dai ragazzi di una scuola. Il magistrato aveva già ricevuto - casualmente - l'informazione del fatto che l'esplosivo per organizzare il suo attentato fosse già giunto a Palermo. Nonostante sapesse che «sarebbe morto» - ha ricordato il fratello - trovò la forza di dichiarare agli studenti il suo «ottimismo» di fronte al futuro della lotta alla mafia. «"Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di combattere la mafia di quanta io e la mia generazione abbiamo avuto"» ha spiegato Salvatore - citando le parole del fratello Paolo - per le motivazioni del suo ottimismo nel contrasto futuro alla criminalità organizzata. «Nei giovani - ha ricordato Salvatore Borsellino - Paolo vedeva la forza per combattere la mafia».

A destra la dirigente Anna Panzeri

Un impegno civile che il fratello Salvatore porta avanti da anni. Anche grazie al movimento delle "agende rosse" e nonostante le difficoltà e gli «ostacoli» incontrati che «scoraggiano e rendono difficile la ricerca della verità e della giustizia». Salvatore Borsellino ha spiegato parte delle problematiche processuali e la trattativa "stato-mafia" che hanno reso difficile l'emersione della verità su quanto accaduto a Capaci e in via D'Amelio. Parlando di Via D'Amelio come di una strage commessa anche da «una parte di stato deviata» come «tante altre stragi del nostro paese, da Portella della Ginestra in poi, compiute per cambiare il corso della politica» Borsellino ha ricordato come, dopo le stragi, se in un primo momento la mobilitazione «era stata forte» successivamente «poco a poco sia rimontata l'indifferenza». In particolare, ha ricordato come oltre 300 mafiosi, dopo le stragi e in un solo giorno, siano stati tolti dal regime di detenzione speciale noto come "41 Bis" basato su una legge voluta proprio dai magistrati Falcone e Borsellino.
Al termine dell'incontro lo spazio è andato ai giovani studenti dell'Istituto che hanno chiesto alcuni chiarimenti. Borsellino, rispondendo alle loro domande, li ha esortati più volte ad impegnarsi «per cambiare il Paese».
L. A.
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