Viaggio in Brianza/29: tappa a Corte Giulini di Usmate Velate col suo porticato ad archi

Dopo la pausa natalizia, vogliamo ricominciare a viaggiare con voi nel nostro meraviglioso territorio portandovi alla scoperta di una delle cascine meglio conservate del casatese: Corte Giulini a Usmate-Velate, nella confinante provincia monzese.

CORTE GIULINI ''LA CA RUSA''
Il complesso di Corte Giulini, conosciuto anche come "La Ca' Rusa", è una delle opere dell'ultima fase in cui la famiglia Giulini-Casati completò la riorganizzazione delle attività legate ad uno sfruttamento razionale delle risorse agricole di cui disponeva. Fu costruita verso la fine dell'Ottocento per volontà di Anna Giulini. LA signora Anna nel 1840 sposa Camillo Casati, fratello di Teresa Confalonieri, un personaggio centrale nella storia della nostra Brianza. Nel 1869 Camillo Casati muore e Anna Giulini rimane vedova. Quando la madre di Anna dovrà dividere le proprietà con testamento, sarà il 1871. In questa data Beatrice Giulini passa le sue proprietà tra Usmate e Velate alla figlia Anna: sono i terreni su cui viene costruita la Corte Giulini entro la sua morte nel 1883. A conferma di queste date l'edificio non è riportato sul catasto teresiano redatto nel primo quarto del Diciottesimo secolo.

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La corte Giulini è caratterizzata da un maestoso porticato costituito da archi policentrici in cui i pilastri realizzati in mattoni ed intonacati, sono protetti dalla risalita dell'umidità del terreno da un'alta zoccolatura realizzata da un blocco monolitico di ceppo. Al primo piano troviamo un grande loggione, chiamato anche "lugiòn", completato con un corrimano in ferro, pavimentato con pianelle in cotto, sopra il quale si trova il secondo piano, attraversato longitudinalmente da un corridoio centrale su cui si affacciano, da entrambi i lati, le camere da letto.
L'ampio porticato, rivolto a sud, oltre a proteggere dalla pioggia lo spazio di lavoro di fronte alle abitazioni, fungeva da riparo per i prodotti agricoli. Inoltre, sotto questo portico era possibile trovare riparo dal sole estivo ma permetteva al medesimo sole, di colpire direttamente le pareti delle abitazioni, trasmettendo il poco calore del pallido sole invernale. I solai del porticato e del loggiato hanno la medesima fattura composta da travature in legno a vista. La costruzione è coperta dal tetto a padiglione realizzato dunque a quattro falde.

La cascina in origine presentava un impianto modulare composto da un susseguirsi di ambienti uguali, equamente suddivisi tra le famiglie a cui era assegnato: un locale al piano terreno, dove si trovava la cucina con il focolar, ed uno al piano superiore dove erano ubicate le camere da letto. Per raggiungere il piano superiore c'è una sola scala comune a doppia rampa contrapposta, con pianerottolo intermedio, collocata in posizione centrale alla struttura che interrompe la successione dei singoli "appartamenti".
La cascina si affaccia sull'ampio cortile che lo divide dalle stalle oggi profondamente rimaneggiate, tant'è che alcune sono divenute appartamenti oppure magazzini. Gli ambienti adibiti ad ospitare gli animali erano stati realizzati in un fabbricato diverso dalle abitazioni probabilmente in virtù di una attenzione via via crescente verso l'igene da parte dei contadini. Nonostante fosse un edificio diverso, quello delle stalle seguiva il medesimo schema delle abitazioni, suddivisi in unità modulari, assegnate ciascuna ad una famiglia: al piano terra lo spazio per il ricovero delle bestie, mentre nella parte superiore trovava posto il fienile aperto verso la corte e protetto da grigliati a croce di mattoni sul retro.

LA CASCINA-AZIENDA AGRICOLA
La cascina rappresentò, al tempo dell'edificazione, il punto estremo d'evoluzione della corte come azienda agricola che si raggiunse verso la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, con fabbricati a tre piani mediante l'uso di muratura totalmente in mattoni. Un sistema costruttivo legato anche alla necessità di più locali per le abitazioni dei contadini in seguito ad un diffuso aumento demografico. In questa prospettiva il terzo piano, con funzione di magazzino, ed i locali con un soffitto basso adibite a fini agricoli furono ben presto convertiti in abitazioni in cui ospitare anche famiglie numerose.
Nonostante ciò, non venne trascurata l'esigenza di curare una delle attività più redditizie del nostro territorio: la produzione della seta. Questa mansione era particolarmente sentita dai Giulini-Casati che attraverso gli anni avevano dato vita ad una vera e propria filiera che dalla nascita del baco conduceva alla lavorazione della seta greggia. Un occhio di riguardo a questo obbiettivo produttivo era stato posto nella realizzazione di Corte Giulini, dotandola di locali di una certa altezza per favorire l'allevamento dei bachi da seta, con il preciso obbiettivo di poter contenere "castelli" più alti su cui allevare i bachi che garantivano una maggiore quantità di prodotto finale.

È certo che in questa zona in ogni cascina o corte venivano identificati spazi o ambienti con precise caratteristiche atte ad accogliere una delle diverse fasi della vita dei bachi. Questo ci viene confermato dalla professoressa Sala dell'Associazione Natura&Arte di Arcore citando l'opera del Professor Gianni Magni, "Dal principe al popolo, i quaderni di velate milanese": "Per la nascita erano specializzate le località di Camparìa, per la salita al bosco la Corte Giulini, per le quattro fasi di sviluppo del baco e per la sfarfallazione la Carlina, mentre la filatura avveniva nell'incannatoio della Cascina Vega".

LE PITTURE SACRE IN CORTE GIULINI
Alla corte Giulini, in funzione della caratteristica di edificio dedicato all'agricoltura e all'allevamento, ritroviamo sotto il porticato tre raffigurazioni di Santi che ogni cascinale possedeva. Si possono apprezzare le immagini dei tre protettori principali della comunità: la Madonna (protettrice universale) posta sul lato ad est del portico, Sant'Antonio da Padova (protettore del bestiame) sul lato opposto e il Beato Giobbe (protettore dei bachi da seta) sulla parete di fondo del portico. Queste immagini sacre sono espressione di devozione dei contadini verso questi Santi a cui si rivolgevano nella speranza che potessero proteggere il frutto del loro lavoro. inoltre le loro ricorrenze vennero utilizzate per scandire le attività dei campi e quelle per l'allevamento dei bachi.

IL DANNO ALLA MADONNA
Un gesto inconsulto svolto da un ex inquilino della corte aveva deturpato l'immagine della Madonna con Bambino ormai molti anni fa. In seguito a ciò, l'immagine sfregiata fu ricoperta da una mano di intonica bianco.
Dell'originale si ha solo una foto in cui la si intravede da lontano, scattata dall'amico di Paolo Cazzaniga, Ermanno Riboldi. La foto mostrava una distesa di pannocchie appese al soffitto del portico e in lontananza nell'inquadratura si scorgeva l'icona della Madonna attraversata da una lama di luce. "Avevamo poi cercato, con qualche espediente di riportare a fatica in vita la figura scomparsa. Grazie ad un restauratore, è stato possibile svelare ampi tratti delle parti dell'affresco, dando il via alle operazioni di recupero" ci ha raccontato Paolo Cazzaniga.

L'iconografia rimanda alla Madonna con Bambino, con una veste rossa che schiaccia con un piede un serpente. Si potevano osservare due copie di cherubini all'altezza dei gomiti sui due lati della Madonna, altre due teste alate all'altezza dei piedi a destra e a sinistra. Il Bambino, con la testa coronata, regge la sfera del mondo ed è posto alla sinistra del dipinto tenuto in braccio dalla Madre. L'altro braccio della Madonna è disteso verso il basso mentre sgrana un rosario tra le dita. Ancora sulla parte sinistra del dipinto un arbusto: forse una quercia a simboleggiare l'albero della vita nel suo significato della salvezza eterna.
L'intervento svolto su questo dipinto non è stato adeguato, in quanto non svolto da mani professionali, ma nonostante questo non tutto è perduto poichè sarebbe comunque possibile recuperare l'affresco e riportarlo al suo antico splendore con l'intervento di uno specialista.

LA MADONNA DEL PASSIN
A circa un centinaio di metri dalla Corte Giulini, si può trovare la cappella della Madonna del Passin. Una pregevole cappella votiva a forma di porticato a capanna che trova posto sul margine di un sentiero di campagna protetta da alcuni alberi che le fanno ombra come a proteggerla dalle intemperie. All'interno si può riconoscere una Madonna del Rosario sulla parete di fondo della costruzione. Ai lati della rappresentazione di trovano due teche che contengono degli ex voto dedicati a questa immagine sacra, mentre poco sopra si possono osservare una serie di piccole corone del rosario, probabilmente lì esposte anch'esse con la funzione di ex voto.

L'immagine è protetta da una teca di vetro con serramento in legno color oro e cornice lavorata con profili decorati. All'interno della teca un piccolo crocefisso e due vasi di fiori fungono da tenera decorazione. Altri fiori e piante sono poste all'interno dell'ambiente, una rastrelliera per i lumini arricchisce i segni di devozione presenti che si completano con due piccole panche poste sui lati per accogliere i fedeli in preghiera. La Madonna venerata è quella del Rosario: la Vergine è in abito rosso e mantello blu, in posizione eretta tiene alla sua sinistra in braccio il bambino Gesù benedicente che con la sua mano destra regge tre rose; stessa cosa fa la Madonna con la mano destra con cui porge la corona del rosario ai fedeli. Le teste dei due sono cinte con una corona "nobile" a cinque punte; in aggiunta un'ulteriore aureola di stelle attornia il capo della Madonna. Quest'opera è un lavoro di Fiorentino Vilasco, attivo nella Brianza ed a Monza negli anni dal '50 al '70.

LA SCOMPARSA DELLA CASCINA TAMBURINA
La Cappella della Madonna del Passin trova posto dove un tempo sorgeva Cascina Tamburina, proprietà nel ‘500 prima della famiglia Albrizzi e poi, nel primo quarto del Quindicesimo secolo, del Monastero di Santa Margherita in Monza. Verso la metà dell'Ottocento passa, in stato ormai fatiscente, nelle disponibilità della Contessa Maria Beatrice Belgiojoso. Abbattuta e ricostruita nello stesso luogo, venne lasciato in loco un modesto portico che conteneva l'effige della Madonna, che probabilmente era presente prima dell'abbattimento della Tamburina antica.
La Cappella ebbe sempre un forte legame con la cascina ricostruita più a sud tanto che nel 1924, abitanti di questa località contribuirono nella sistemazione del diroccato muro su cui insisteva la pittura e provvidero ad elevare l'edificio in sembianze abbastanza prossime a quelle odierne. Il 10 Maggio del 1924 fu inaugurata la struttura con una nuova pittura opera di Gian Battista Briani. Il 4 Luglio del 1954 abbiamo notizia di un nuovo restauro che indusse il parroco Don Fantoni di Velate ad intitolare il luogo, con il nome di "Madonna della Campagna". Ancora vent'anni dopo si tentò una nuova titolazione: Don Angelo Zurloni, optò per "Madonna del Bell'Amore". Questi tentativi non ebbero successo ed ancora oggi la meno altisonante denominazione di "Madonna del Passin" rimane ben salda nella tradizione locale. A detta del già citato professor Magni, Passin era il soprannome del capofamiglia dei Magni che abitavano la ricostruita Tamburina e avevano in affitto i terreni, dove appunto era posta la riproduzione della Madonna.

Anche in questa tappa del nostro Viaggio in Brianza vi abbiamo voluto far riscoprire un piccolo angolo del nostro territorio. Per farlo è stato indispensabile il prezioso supporto di Paolo Cazzaniga che da anni porta avanti con passione un puntuale lavoro un lavoro di ricerca sul territorio di Usmate-Velate ed Arcore i cui risultati sono consultabili sul sito: scoprilabrianzatuttoattaccato.it
Inoltre un altro ringraziamento va rivolto alla professoressa Annamaria Sala dell'associazione Natura&Arte di Arcore per le sue accurate precisazioni.

Rubrica a cura di Giovanni Pennati e Alessandro Vergani
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