Storie universitarie/1: da Castello a Busan, Elisa Conti ci parla dell'esperienza in Corea
Non si è però collegata in videochiamata dalla meravigliosa città toscana ma da Busan, in Corea del Sud, perché ha scelto di svolgere il suo secondo anno di magistrale presso la Busan University of Foreign Studies (BUFS). Solita buttarsi in nuove iniziative con entusiasmo, Elisa ha accettato di parlare non solo delle caratteristiche della vita in Corea e dei coreani che più la hanno colpita ma anche del come e perché ha scelto la strada delle lingue orientali.
1.Quando è nata la tua passione per il coreano? Quando hai capito di voler trasformare questa passione nel tuo lavoro?
Io ho sempre avuto una propensione maggiore per le lingue rispetto che le altre materie. Avevo già intenzione di andare all'università a studiare lingue. L'idea iniziale era quella di concentrarmi sulle lingue europee, quindi francese e inglese. Avevo fatto francese alle medie e mi era dispiaciuto molto abbandonarlo. La svolta è arrivata circa tra la terza e la quarta superiore. Ascoltavo musica di ogni tipo, navigavo parecchio online e ho iniziato a dare peso ai suggerimenti legati al mondo orientale. Ad un certo punto ho deciso di iniziare a raccogliere informazioni sui corsi di laurea in lingue orientali. Insomma, non c'è stato un momento preciso, è stato un innamoramento progressivo spinto dalla passione per le lingue e dalla curiosità verso una realtà lontana che poteva rappresentare anche una sfida.
2. Quali sono state le modalità che hai usato per raccogliere informazioni sulle offerte delle università nel campo di tuo interesse? Quale è il percorso che ti ha portato a scegliere l'università Ca' Foscari di Venezia?
Ho iniziato a raccogliere informazioni attraverso i siti delle università. Le possibilità più ovvie erano le università degli studi di Milano Statale e di Bergamo. Mentre il corso in statale lo ho scartato subito perché era evidente non rispecchiasse i miei desideri, a Bergamo si poteva studiare giapponese. Io, però, volevo studiare coreano. Sapevo che all'Università Ca' Foscari di Venezia avrei potuto studiare coreano ma non ne avevo parlato con i miei genitori perché consideravo quell'investimento molto importante. In sostanza, non avrei studiato qualcosa che non mi piaceva ma mi stavo accontentando. Durante una delle classiche cene in famiglia, l'argomento è venuto a galla e da quel momento, inaspettatamente, i miei genitori sono diventati i primi alleati nello sviluppo di questo cambiamento di vita. A questo punto il percorso è relativamente breve: nel giro di un mese e mezzo sono andata all'open day, ho sostenuto il test d'ingresso e sono entrata all'università di Venezia.
3.Quali sono le tre caratteristiche indispensabili che secondo te un ragazzo/a deve possedere per poter vivere da fuorisede?
Prima di ogni altra cosa credo serva la capacità di adattarsi: soprattutto durante la prima esperienza da fuori sede, infatti, è necessario un discreto sforzo per uscire dagli schemi delle proprie abitudini quotidiane. In secondo luogo, bisogna essere aperti a stringere nuove relazioni, che potranno essere di amicizia vera così come di interesse. Del resto, non ci si trova più nell'ambiente in cui si è cresciuti, bisogna arrangiarsi con quello che si trova sul proprio cammino. A Venezia eravamo sei ragazze in quattro camere singole, una camera doppia, una cucina e due bagni. In un contesto simile bisogna essere aperti, pronti a scendere a compromessi e flessibili nella gestione di imprevisti che sicuramente capiteranno.
4.Hai "sofferto" di più il cambiamento in occasione del primo trasferimento a Venezia dopo una vita in Brianza o il viaggio a Busan dopo i diversi mesi passati a casa a causa della pandemia?
Sicuramente il primo trasferimento a Venezia dopo una vita in Brianza. Non solo ero già stata sei mesi a Seoul in scambio prima di venire qui a Busan ma ormai avevo imparato a cavarmela da sola.
5.Quali sono le principali differenze tra l'università in Italia e l'università in Corea?
Mentre in Italia le lauree di primo livello durano tre anni, qui in Corea durano quattro anni, di conseguenza sono la più giovane della classe. Inoltre, a differenza di quanto capita in Italia, le Università coreane sono solite organizzare grandi festival a cui partecipano anche celebrità della musica e dello spettacolo. La differenza più grande però, almeno per quella che è stata la mia esperienza, riguarda nell' "university pride": gli studenti coltivano un senso di appartenenza verso la propria università molto più forte e duraturo di quanto facciano gli italiani, come dimostra il grande successo che riscuotono i marchi dei diversi atenei.
6. Quale è la cosa ami di più della vita in corea e/o dei coreani? Quale è la cosa che ti manca di più dell'Italia (oltre al cibo)?
Qui la vita è più comoda. Usufruire dei servizi è molto più facile e gli stessi funzionano molto meglio, a partire dai trasporti. Sui coreani ti dico innanzitutto questo: all'apparenza sembrano poco aperti a fare nuove conoscenze, soprattutto quando si parla di stranieri, ma, una volta superata questa barriera, sono loro i primi a coinvolgerti. Allo stesso tempo, sento la mancanza del calore della mia famiglia e della Brianza che rimane comunque casa.
7. Quale è la caratteristica del vivere quotidiano in Corea a cui hai fatto più fatica ad adattarti o comunque ti ha colpito di più?
Faccio ancora un po' fatica a godere del senso di sicurezza che contraddistingue il vivere quotidiano in questo paese. Puoi tornare a casa la sera o lasciare il computer momentaneamente incustodito sul tavolo di un caffè senza paura che ti aggrediscano o ti rubino le tue cose.
8. C'è qualcosa che ti senti di dire a chi vive in un piccolo paesino in collina e coltiva il sogno di un percorso universitario, lavorativo e di vita "anticonvenzionale" e che lo porterà lontano dalla zona in cui è cresciuto?
È concesso a tutti tentare e sbagliare. Il punto è che la scelta universitaria è l'inizio del percorso di costruzione della propria vita. Se hai una passione diversa dalle solite e sei veramente convinto di volerla trasformare in qualcosa di più, non ti preoccupare di chi ti dice "cosa farai dopo aver studiato queste cose?". Se coltivi una passione profonda e radicata puoi trovare il modo di crearti le opportunità anche da solo se necessario.