Barzanò: a processo per 'maltrattamenti', giovane è condannato solo per due accette
A trascinarlo a giudizio erano stati i suoi genitori. Gli stessi che, in Aula, a distanza di anni e a "emergenza" rientrata, hanno poi ridimensionato il quadro, avendo già ottenuto l'intento di rimettere in riga quel figlio "scapestrato". Lo ha capito il pubblico ministero e lo hanno compreso anche i giudici che quest'oggi hanno assolto il ragazzino, classe 1997, dalla pesante accusa di "maltrattamenti in famiglia", condannandolo invece esclusivamente per "porto di oggetti atti ad offendere" in riferimento ad uno degli episodi di cui si è reso protagonista nel 2018. Già "estinte" - grazie all'esito positivo della messa alla prova - le altre ipotesi di reato a lui ascritte, per le quali si è proceduto in un separato giudizio, pur essendo sempre riconducibili alle "sfuriate" di cui si è reso protagonista in momenti distinti tra le mura domestiche, anche sotto l'effetto di sostanze stupefacenti dopo aver lasciato la scuola ed essere finito in un "brutto giro" di amicizie, come emerso nel corso dell'istruttoria.
Alla sentenza odierna si è giunti dopo aver escusso l'intero nucleo famigliare - escluso solo il fratellino più piccolo dell'imputato - sviscerando così la vicenda nel suo complesso. Una vicenda da inquadrare in un contesto di separazione tra marito e moglie, di origini straniere, con i ragazzi rimasti a vivere - in una casa dalle condizioni igieniche precarie - con la donna, in difficoltà nel gestire il figlio maggiore, reso violento dalla droga.
''Ero incontrollabile", ha detto egli stesso, parlando degli alterchi avuti nel tempo con i genitori, sfociati in arredi rotti, accessi al pronto soccorso e interventi dei carabinieri. Proprio un operante della Stazione di Cremella ha aperto l'udienza odierna. A lui è spettato raccontare di quando, inviato dalla centrale a Barzanò, presso l'abitazione del giovane per una lite con la madre, lo aveva visto scappare con in mano due accette, inseguendolo poi per venti minuti. Da qui l'accusa di "porto di oggetti atti ad offendere", l'unica "rimasta in piedi". Il PM stesso - la dottoressa Chiara Di Francesco - ha chiesto infatti l'assoluzione per il reato di maltrattamenti perché il fatto non sussiste e la condanna per l'altro capo a 6 mesi e 1.000 euro di ammenda. Pena limata dal collegio - presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Giulia Barazzetta - che, dopo la discussione dell'avvocato Paolo Bassano (in sostituzione della collega Micaela Plebani), ha condannato il ragazzo solo per la questione delle accette a 4 mesi e 670 euro di multa, oltre alle spese processuali. Alla sentenza odierna si è giunti dopo aver escusso l'intero nucleo famigliare - escluso solo il fratellino più piccolo dell'imputato - sviscerando così la vicenda nel suo complesso. Una vicenda da inquadrare in un contesto di separazione tra marito e moglie, di origini straniere, con i ragazzi rimasti a vivere - in una casa dalle condizioni igieniche precarie - con la donna, in difficoltà nel gestire il figlio maggiore, reso violento dalla droga.
A.M.