Storie universitarie/5: da Castello a...Bolzano per studiare design. Intervista a Loris Dadda
Una storia così piena di spunti interessanti che ora è meglio che io taccia.
Loris Dadda e a destra Andrea Besati
1.Come nasce l'idea di aspettare un anno prima di iniziare l'università per fare un'esperienza all'estero? la coltivavi fin da prima dal diploma?
Wanderlust. Negli ultimi mesi delle superiori sentivo rafforzarsi un sentimento che questo termine tedesco sintetizza perfettamente. Tradotto in italiano sarebbe il desiderio di viaggiare, ma non rende assolutamente l'idea.
Tieni conto che la prima volta che sono uscito dal paese in aereo avevo tre anni: questa voglia di esplorare cosa c'è fuori dai confini di Castello di Brianza è frutto anche dell'influenza dei miei genitori. Dall'altro lato, sono una persona molto pratica e in quel momento non ero sicuro di voler proseguire gli studi. L'anno di pausa mi è servito per riflettere, schiarirmi le idee e farmi capire che l'università era la strada che avrebbe potuto portarmi più vicino a dove volevo arrivare.
2.Come è andata la tua esperienza in Canada?
Sono stato in Canada da Gennaio 2020 a Maggio 2020 e avrei proseguito per un altro mese se non ci fosse stato il Covid. Ho seguito un corso di lingua inglese con lezioni dal lunedì al venerdì e abitavo in una casa - famiglia. Ancora più che un'occasione utile ad imparare una lingua, questa è stata un'esperienza di vita. L'esperienza nella casa - famiglia è stata molto intensa. Mi sono ritrovato assieme a due studenti colombiani e uno cinese e una famiglia di canadesi originari delle Filippine. Tutto questo in una casa in cui gli spazi non erano per niente grandi. Non nascondo che le prime settimane non sono state facili ma, una volta superata la barriera della lingua e la nostalgia di casa, è stata semplicemente una figata. Per quanto riguarda la vita in Canada in generale, voglio utilizzare un altro termine straniero, ossia "politeness" che, tradotto, significa, educazione/gentilezza. Ti racconto solo questo: alla fermata del pullman si crea in automatico una coda ordinata delle persone in attesa del mezzo, le quali poi salgono uno alla volta, ovviamente tutte con il biglietto. In Italia è pura utopia.
3.Quando e come nasce la tua passione per il design?
Parlare di passione per il design non è del tutto corretto. Fin da piccolo ho sempre coltivato un forte desiderio di inventare, creare. Da bambino uno dei miei passatempi preferiti erano i Lego, grazie ai quali riuscivo a dare sfogo a questa voglia di modellare e dare forma alle cose. Con il design ho dato un'identità a questo sentimento. Nel corso di product design ci ho poi visto l'ibrido perfetto tra i due approcci che mi sono stati trasmessi dai miei genitori: da un lato un metodo più ingegneristico/tecnico, dall'altro lato un approccio più artistico.
4.Come mai hai deciso di frequentare un simile corso di laurea proprio a Bolzano?
Effettivamente è un po' strano avere Milano alle porte, con un'eccellenza come il Politecnico, e andare a frequentare l'università a Bolzano. Il fatto è che non volevo buttarmi nel caos della grande città e cercavo un luogo dove non fossi solo un numero di matricola tra migliaia. Avevo già apprezzato tantissimo Bolzano come meta turistica, quindi quando, indagando su internet, sono venuto a conoscenza dell'esistenza di un'università comunque affermata mi è sembrata fin da subito una scelta molto interessante, anche più di possibili alternative estere. Non ho potuto assistere ad alcun open day a causa della pandemia ma ho potuto sostenere dei colloqui privati con persone dell'università. Il video - tutorial che l'ateneo ha realizzato per mostrare i suoi laboratori è stato uno strumento molto utile. Era fatto veramente bene. Poi non bisogna dimenticare una cosa: l'università di Bolzano è l'unica in Europa, che io sappia, ad offrire lezioni in italiano, tedesco e inglese. Tutto questo ad un prezzo veramente conveniente.
5.Quali sono gli aspetti della tua esperienza universitaria che fino ad ora più ti sono piaciuti? Quali sono invece gli elementi che hai apprezzato di meno?
Guarda, essendo a metà percorso, tendo a passar sopra agli elementi negativi. Ci tengo a dirti questo: questa università ti dà la possibilità di progettare e realizzare un oggetto coinvolgendoti in prima persona in tutte le fasi. È semplicemente fantastico, tenere tra le mani un oggetto frutto delle tue idee e del tuo lavoro è un'emozione indescrivibile. A partire dalla seconda metà del primo anno, infatti, l'attività di ogni semestre è incentrata su un progetto che noi sviluppiamo lavorando in atelier a gruppi di venti persone con il coordinamento di tre professori. Certo ci sono anche i corsi veri e propri, compresi quelli di cui uno studente non vuole saperne nulla. Tipo, nel mio caso, storia dell'arte moderna. Per fortuna ho trovato un professore che mi ha fatto innamorare della materia. Poi voglio chiarire una cosa: le lezioni erogate in tre lingue a volte sono veramente estenuanti. Anche perché si accompagnano a requisiti linguistici che dobbiamo raggiungere.
6.Quali sono i pregi e difetti della città di Bolzano dal punto di vista di un universitario? È una città adatta agli studenti?
È un discorso molto soggettivo a cui voglio rispondere in tre punti. Prima di tutto, Bolzano è una piccola città e in quanto tale non può essere paragonata a posti come Milano, per esempio sul piano della movida. Allo stesso tempo penso a Bolzano vivi meglio che a Milano perché i servizi che offre sono comunque tanti e di grande qualità. Certo, il costo della vita è veramente alto. C'è un aspetto ancora più importante che voglio sottolineare: Bolzano è la porta di accesso alla cultura tedesca. Gran parte delle opportunità che offre a studenti e giovani lavoratori sono legate all'entrare in contatto con il mondo che poi si ritroverà in posti come Vienna, Monaco o Berlino. In quanto porta d'accesso, infatti, Bolzano è una città in cui io mi sento di passaggio. Se si vuole crescere bisogna spostarsi in grandi centri.
7.Quali sono secondo te le caratteristiche che un ragazzo/a dovrebbe avere per portare avanti un percorso di studi come il tuo?
In un libro che ho letto recentemente di Alice Rawsthorn, essa riprende la frase di Moholy-Nagy, uno dei maggiori esponenti del Bauhaus, il quale dice "il Design non è una professione ma un'attitudine" e spiega come questa figura sia cambiata dalla rivoluzione industriale ai giorni d'oggi, cercando di rendere il mondo un posto migliore, applicando la propria indole, il proprio istinto nel risolvere problematiche che ci affliggono. Per cui sono dell'idea, che il designer è un ruolo dotato di un potenziale senza limiti, in grado di risolvere problemi, creare soluzioni innovative, persuadere, accompagnare, unificare e soddisfare le persone. Dai prodotti Apple disegnati da Jonathan Ive, alla Moka per il caffè di Bialetti: dietro al successo di tutti questi oggetti che colorano il nostro quotidiano, c'è stata la figura del designer. Al di là del percorso universitario in sé, nel quale, come tutte le cose, serve una buona volontà e il giusto impegno, suggerisco a chi coltiva questa passione in modo consapevole di lasciar andare la propria creatività senza porsi paletti. Essere aperti, provare, sbagliare e imparare sempre qualcosa di nuovo da poter utilizzare nelle proprie idee progettuali in futuro, con l'obiettivo di arricchire la vita delle persone e, se possibile, risolvere alcuni loro problemi.