Storie universitarie/9: lo studio del danese e l'amore per Londra nelle parole di Aurora

Libri. Nella prima fase della pandemia sembrava che qualunque personaggio con un minimo di notorietà avesse deciso di scrivere un libro. Ma quale è il percorso che porta un volume a comparire in libreria? Come funziona una casa editrice? Parlando di editori e pubblicazioni, gli occhi di Aurora Colombo si illuminano: è proprio in quell'ambito che vorrebbe lavorare un giorno. Questa, però, è solo una delle cose che la giovane di Garbagnate Monastero mi ha raccontato, tra saluti in danese e un invidiabilissimo accento da madrelingua inglese. Con una laurea in lingue e letterature straniere all'università Statale di Milano e una stella polare: la passione per la letteratura britannica trasmessa dalla prof del liceo.

Aurora Colombo durante l'intervista

1.Come nasce la scelta di iscriversi ad un corso di lingue scandinave? Come mai danese come prima scelta?

Ho sempre coltivato una passione per la letteratura inglese. Questo era quello che volevo studiare. Poi da un lato alcune università italiane, come per esempio l'università degli studi di Bologna, offrivano corsi più legati alla cultura britannica e dall'altro lato la Statale di Milano permetteva di studiare letteratura inglese solo in abbinamento ad un'altra lingua. Nel periodo in cui stavo riflettendo su quale altra lingua studiare ho notato un rinnovato interesse per le lingue e le letterature scandinave, soprattutto nel mondo dell'editoria, quello in cui spero di entrare. Tra danese, svedese e norvegese ho scelto la lingua di Copenaghen perché rappresentava una sfida: danese, infatti, è comunemente considerata la lingua più difficile tra le scandinave, soprattutto a livello di pronuncia.

2.Come mai hai scelto di frequentare la triennale proprio in Statale? Quali strumenti hai utilizzato per raccogliere le informazioni utili alla scelta?

Partiamo da un presupposto: oggi il sito della facoltà di lingue della Statale di Milano è meraviglioso, all'epoca non lo era. Per fortuna conoscevo già una ragazza di due anni più grande e iscritta a lingue e letterature straniere nello storico ateneo milanese e questa persona mi ha aiutato molto. Devo dire che è stato utile anche partecipare all'open day della facoltà: grazie al confronto con gli studenti del corso ho raccolto delle informazioni molto importanti per la scelta di quale lingua scandinava studiare.

3.Quali sono gli aspetti che più ti sono piaciuti dell'esperienza in triennale? Quali quelli che hai apprezzato di meno?

Organizzare la propria vita universitaria in quel contesto, soprattutto il primo anno, è molto complesso. Le sovrapposizioni di orario tra i corsi obbligatori fanno venire il mal di testa. Bisogna essere molto attivi fin da subito nello scrivere ai professori per capire come gestire le situazioni in cui non si può frequentare, in tutto o in parte, un dato corso. Allo stesso tempo, l'ambiente in cui ci si trova a lavorare è veramente meraviglioso. Grazie alla ridotta dimensione delle classi di lingue scandinave, infatti, è stato possibile sviluppare una stretta interazione con i professori, tutti madrelingua. Per esempio, venivano organizzati i cosiddetti "caffè scandinavi", ossia degli incontri pomeridiani a carattere ricreativo. In queste occasioni ci si trovava con gli studenti e i professori non solo di danese ma anche di norvegese e svedese e si stava insieme, mangiando piatti tipici o giocando con giochi in scatola diffusi in quei paesi. Ovviamente, bisognava parlare in lingua quanto più possibile.

4.Quali sono le qualità che uno studente dovrebbe avere per portare avanti in modo efficace un percorso di laurea come il tuo?

Tieni a mente una cosa: la prima volta che senti una frase in danese non capisci quando iniziano e quando finiscono le singole parole. Se uno studia spagnolo, per esempio, bene o male lo riesce a comprendere anche se non lo ha mai studiato prima. In generale, comunque, si torna a svolgere piccoli esercizi, molti dei quali da fare a casa in un contesto in cui si ha due lezioni a settimana. Bisogna essere in grado di organizzare il proprio tempo, soprattutto se si studia lingue scandinave. Noi in classe eravamo in 3 alla fine, quindi su un esercizio da sei frasi venivi chiamato due volte. Inoltre, credo sia fondamentale la perseveranza: non bisogna arrendersi alle prime difficoltà. Infine, serve spirito di iniziativa, soprattutto nello sviluppo delle relazioni con i professori.

5.Quali sono gli elementi che più hai apprezzato della tua esperienza in Erasmus presso l'University College London? Quali quelli con cui hai fatto più fatica a convivere?

Mi sarebbe enormemente piaciuto entrare in un'aula dell'University College London. A causa della pandemia, infatti, non ho mai potuto frequentare una lezione in presenza quindi mi sono recata in università solamente per studiare nelle aree comuni. Biblioteche e centri per gli studenti presenti in numero molto maggiore rispetto alla Statale di Milano. Ma la differenza più grande è la modalità d'esame. In Erasmus, infatti, non ho mai svolto esami orali: le prove di verifica consistevano nella realizzazione di diversi paper durante il corso. All'inizio non è stato facile abituarsi, soprattutto perché ti è richiesto di leggere tanti articoli di critica letteraria. Superato lo shock iniziale, ci si rende conto che è una modalità di esame particolarmente stimolante perché spinge gli studenti a sviluppare continuamente delle opinioni personali.

6.Che giudizio dai della vita da studente universitario in una grande capitale come Londra?

Si entra in contatto con un numero enorme di culture diverse. Prendi per esempio l'appartamento dove vivo ora: siamo un'italiana, un italiano nato e vissuto a Londra, un irlandese e un cinese cresciuto tra Londra e la Nuova Zelanda. Nell'appartamento dello studentato dove stavo in precedenza eravamo un'italiana, una coreana, due inglesi di origine indiana e un'inglese di origine cinese. Interagire con persone così diverse è un'esperienza molto arricchente. Sul piano più strettamente culturale ci tengo innanzitutto a sottolineare che ogni appartamento ha un bollitore per l'acqua e se dici ad un'inglese che scaldi l'acqua sui fornelli lui ti guarda come se fosse morta la regina. Poi per fortuna non ho mai sofferto per la cucina inglese perché o si cucina in casa oppure si ordina cibo straniero.

7.Quale strada hai scelto di intraprendere dopo la triennale? Perché?

La mia intenzione è quella di iscrivermi ad una laurea specialistica in Editing and Pubblishing qui in Gran Bretagna, sperando di riuscire ad entrare ovviamente. Si tratta di un percorso di un anno al termine del quale mi piacerebbe andare a lavorare in una casa editrice. Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da quando ero piccola. Durante le superiori, grazie alla professoressa di inglese, ho poi sviluppato una forte passione per la letteratura. Non solo per quanto riguarda le opere, ma anche per quanto concerne tutta la fase di pubblicazione di un testo. Non a caso la mia tesina di diploma riguardava i legami tra la copertina e la storia de il Grande Gatsby di F.S. Fitzgerald. Il mio desiderio è quindi quello di potermi occupare un giorno dapprima della scelta delle opere da pubblicare e poi di tutti gli aspetti inerenti alla pubblicazione, dalla scelta della copertina fino alla traduzione.

Rubrica a cura di Andrea Besati
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