Storie universitarie/16: parla Luca, besanese che ha preferito l'economia ad ingegneria

Fine. Questa rubrica si conclude qui. Non perché nel territorio della nostra provincia non ci siano ulteriori storie che meritino di essere raccontate. Semplicemente ci sono altre iniziative che reclamano attenzione. La speranza è che questo progetto, costruito con pazienza e passione, sia riuscito a raggiungere l'obbiettivo che si poneva anche in minima parte: aiutare coloro che, proprio in queste settimane, stanno decidendo quale percorso universitario intraprendere.
Prima di passare la parola a Luca Redaelli, besanese che spiega perché è passato da ingegneria gestionale a economia, un ultimo sentito consiglio in due step. Step 1: informatevi più che potete, guardate i siti, andate agli open day, chiedete a studenti o persone che conoscono gli atenei, andate a fare un giro nella zona dell'università.
Step 2: scegliete qualcosa che vi appassiona e vi fa stare bene. Che sia l'università o altre strade, solo questo conta.

Luca Redaelli intervistato da Andrea Besati

1.Come mai dopo il diploma hai scelto di studiare ingegneria gestionale al Politecnico?

Fino all'ultimo anno delle superiori avevo solo una vaga idea in merito a cosa sarei andato a fare dopo. Pensavo che mi sarebbe piaciuto lavorare in un'azienda, in ambito manageriale. Molti dei miei amici avevano effettuato il test al Politecnico e questo mi aveva spinto a provarci, con la consapevolezza che l'unico corso che mi interessava era ingegneria gestionale. Ritenevo infatti che questo corso potesse da un lato offrirmi quelle competenze di economia che cercavo e dall'altro lato garantirmi una formazione da ingegnere che potesse rendere il mio profilo più appetibile per le imprese. Oltre alle informazioni raccolte durante l'open day e sul sito internet dell'università, avevo letto indagini sulle figure più ricercate nel mercato del lavoro secondo cui le competenze ingegneristiche erano considerate molto importanti. Anche dopo aver passato il test, comunque, non ero convinto fino in fondo della scelta.


2.Che cosa ti ha convinto ad abbandonare quella strada?

Come ho detto, ho iniziato il corso di ingegneria gestionale senza essere convinto fino in fondo. Di fatto, la lista degli insegnamenti che compongono il corso di laurea è molto utile ma non fornisce tutte le informazioni. Sapevo che durante il primo anno, quello più simile alle altre ingegnerie, avrei affrontato tanti corsi che non rientravano pienamente nei miei interessi. Quando però mi sono trovato davvero a seguire lezioni di elettrotecnica, fisica sperimentale o informatica ho capito quei corsi proprio non mi piacevano. Faceva molta fatica non solo a preparare gli esami ma anche ad ascoltare le spiegazioni. Parallelamente, mi sono appassionato sempre di più alle materie economiche. Questo è ciò che mi ha spinto a cambiare: meglio perdere un anno piuttosto che rimanere in balia di corsi che non facevano per me.


3.Come mai hai scelto di iscriverti ad un corso di economia e commercio? Perché proprio in Bicocca?

Ho scelto la Bicocca perché l'unica altra università che avrei preso in considerazione, ovvero la Bocconi, aveva una retta troppo alta e, per di più, era già scaduto il termine per iscriversi al test di ammissione. Selezionata la Bicocca sono rimasto indeciso fino all'ultimo tra economia e commercio ed economia e amministrazione delle imprese. Alla fine, ho optato per la prima triennale perché la ho ritenuta più vicina ai miei interessi. Ho quindi avviato le pratiche burocratiche utili al trasferimento da un ateneo all'altro e soprattutto alla convalida degli esami. Superato questo scoglio, ho iniziato dal primo anno di economia con un esame e mezzo in meno.


4.A livello di argomenti trattati e di sbocchi futuri, che differenza c'è tra economia e ingegneria gestionale?

Ingegneria gestionale è un percorso afferente all'ingegneria industriale: presenta tanti punti di contatto con economia ma, a livello di sbocchi professionali soprattutto, porta anche verso professioni legate a controllo qualità, produzione. Non a caso, se uno guarda gli annunci di lavoro, spesso si nota come un laureato in economia può essere "sostituibile" con un ingegnere gestionale, mentre non è sempre vero il contrario. Un laureato in economia, però, ha delle competenze in contabilità e bilancio, così come sul piano giuridico, che un ingegnere non ha sviluppato.


5.Quali sono gli elementi che più hai apprezzato della tua esperienza in Bicocca? Quali quelli che ti sono piaciuti di meno?

Ciò che più mi è piaciuto della mia esperienza in Bicocca è l'affiancamento tra materie quantitative, come statistica, e materie un po' più di studio, come i vari corsi di diritto. Alcuni degli insegnamenti quantitativi, per esempio informatica, presentavano poi un approccio particolarmente orientato verso il mondo del lavoro. Inoltre, ho avuto la fortuna di incontrare una professoressa di statistica e analisi dei dati che mi ha fatto apprezzare quegli argomenti. Per quanto riguarda i lati negativi, l'unica cosa che posso dire è che l'università potrebbe essere organizzata meglio. Reperire le informazioni di cui si ha bisogno, per esempio, non è sempre facile.


6.Quali sono le tue prospettive per il futuro? Pensi di proseguire con una laurea specialistica?

Il mio desiderio è quello di andare a lavorare in Germania, in Austria o nella Svizzera tedesca. Per questo motivo in triennale ho studiato tedesco e per la stessa ragione sto cercando di entrare in un corso di laurea magistrale in Germania. Per ora ho inviato candidature a Berlino e a Francoforte ma ho in programma di mandarne altre. Questa mia ambizione nasce dal fascino per un sistema economico industriale, quello tedesco, caratterizzato da efficienza e organizzazione.


7.Sulla base della tua esperienza, che consiglio ti senti di dare ai diplomati particolarmente indecisi tra due percorsi universitari?

Posso dare due consigli, uno pre - scelta e uno post - scelta. Prima di scegliere bisogna informarsi il più possibile e se si è indecisi tra due corsi bisogna confrontare con precisione i due piani di studio. Se poi ci si accorge di aver iniziato un corso di laurea che non corrisponde a quello che ci si aspettava, se ci si accorge di aver sbagliato, bisogna cambiare senza sentirsi in difetto. Io ho fatto fatica a metabolizzare la necessità di dover cambiare strada. Del resto, quando si esce dal liceo ci si trova in una situazione in cui la tabella di marcia è già tracciata: si va subito all'università, si fanno i cinque anni e poi si va a lavorare. Non bisogna sentirsi sbagliati se si capisce di voler intraprendere un percorso diverso da quello su cui ci si trova: questo passaggio sarà fondamentale per poi rimettersi in marcia.

Rubrica a cura di Andrea Besati
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