Casatenovo: dal Villaggio Vismara passando per Villa Greppi e l'ex salumificio. Lezione itinerante per i ragazzi di 3°media
La vetrata della chiesina di Santa Elisabetta al Villaggio Vismara
Il percorso è proseguito sino al Villaggio Vismara dove si è iniziata ad introdurre la figura di Francesco Vismara e della sua importante impresa del settore alimentare. Questo villaggio venne costruito da lui negli anni Cinquanta per dare una casa ai suoi operai, permettendo loro di vivere vicino al luogo di lavoro. A seconda della posizione e dalla metratura degli appartamenti si può capire a chi fossero destinati: gli alloggi più grandi ed in cima alla collina erano per i medici ed i dirigenti degli impianti, poi vi erano quelli di medie dimensioni per gli impiegati e gli appartamenti più piccoli nei condomini erano destinati agli operai.
Al centro del villaggio vi è ancora oggi una chiesina dedicata a Santa Elisabetta. Questa è finemente decorata con una grande vetrata raffigurante l'Assunzione di Maria; inoltre ospita una copia di una importante tela che è stata rimossa per timore che potesse essere rubata. Si tratta di una Pala d'Altare di Barocci da Urbino del Sedicesimo secolo.
Scendendo verso via Roma, Aldo Villa ha raccontato della presenza di un trenino che collegava Monza a Lecco: il cosiddetto Tramvai (dall'ingresse Tramway). Dopo l'Unità d'Italia questo mezzo di comunicazione venne introdotto per rendere più semplice far raggiungere i grandi centri industriali dai lavoratori che abitavano fuori da essi. Dal 1880 al 1917 però non vennero stanziati più fondi per mantenerlo, facendo divenire le rotaie inutili, motivo per cui, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il ferro dei binari venne fuso per realizzare le armi utili al regime in guerra.
La chiesina di San Rocco
Da qui ci si è spostati verso via del Lavoro, una strada asfaltata costruita appositamente per la presenza del Vismara e del gran via vai di autocarri: le piccole stradine che costituivano il centro di Casatenovo non erano adatte; quindi, venne realizzata una strada che collegasse direttamente il centro produttivo con la strada provinciale. Per fare questo vennero abbattute diverse cascine di cui si hanno solo pochi ricordi.
A sinistra Gabriele Riva
Raggiunta quello che oggi è il piazzale delle Poste (un tempo posteggio per le bici degli operai), Aldo Villa ha raccontato la storia del salumificio Vismara. Nato nei primi anni del Novecento, ebbe un rapido sviluppo e venne occupato dai tedeschi dopo l'armistizio dell'8 settembre del 1943. Alla fine della guerra lavorare da Vismara era una garanzia di sicurezza e di benessere. Lo sviluppo continuò con la realizzazione di un dipartimento farmaceutico che dalla lavorazione degli scarti dei maiali permise di realizzare dei preparati terapeutici: nel 1984 nacque la Vister (Vismara Terapeutici).
Villa Greppi di Bussero
Aldo Villa ha proseguito raccontando che nel periodo di massima espansione la sola Vismara contava circa duemilaquattrocento operai che, per raggiungere la mensa posta dove oggi si ha la Conad (in via Verdi), bloccavano completamente il centro del paese creando un fiume in piena di uomini e donne vestiti con il bianco e rosse delle loro divise. Per ovviare a questo problema fu realizzato un tunnel che tutt'oggi passa sotto piazza Mazzini per collegare la fabbrica e la mensa, ma non venne mai utilizzato dato che sarebbe stato soffocante per gli operai passare tutti per quel corridoio.
Un altro punto su cui Aldo Villa ha voluto porre l'attenzione è stata la sirena. ''Ogni giorno in cinque orari ben precisi suonava la sirena del Vismara per scandire certamente gli orari di coloro che vi lavoravano, ma, involontariamente, anche definendo dei ritmi per tutto il paese: 7,50: si entrava in fabbrica; 12 iniziava la pausa pranzo; 13:20 terminava il pranzo e si doveva ritornare al proprio posto; 17,30 tutti a casa. Al venerdì alle 15 suonava la sirena per ricordare la morte di Cristo in Croce; questo come anche l'uso di recitare il rosario durante il lavoro, rappresentano una chiara manifestazione della religiosità non solo del paese, ma soprattutto della famiglia Vismara''.
Pietro Greppi
Da allora si ebbe un lento declino sino alla situazione odierna che vede l'impianto Vismara essere stato trasferito in località Sant'Anna (verso la frazione di Campofiorenzo) ed il centro di Casatenovo occupato da quello che si può definire un ''ecomostro'', ovvero dai resti delle due aree industriali dismesse. Per porre rimedio a questa piaga l'amministrazione comunale ha da anni provveduto a stabilire un accordo con i proprietari di questi edifici per la loro demolizione, ma alcuni dei privati coinvolti non hanno fino ad oggi reso onore al loro impegno. Un'azione che ha di fatto bloccato la riqualificazione del centro.
Si è poi fatto un rapido passaggio presso la chiesina di Santa Giustina, costruita nel 1100, e per il Castello Lurani, ovvero quello che durante il medioevo era il vero e proprio centro di Casatenovo. In seguito si è raggiunta San Rocco, la piccola cappella posta in via Castelbarco che dà il nome al quartiere che la circonda. Qui Gabriele Riva, rappresentante della famiglia che si prende cura di questa chiesina da decenni, ha raccontato la storia di questo edificio sacro, ampliato nel tempo sino alla peste del 1630.
Dopo una breve pausa presso Villa Facchi, il gruppo ha raggiunto Villa Greppi di Bussero dove uno dei proprietari, Pietro Greppi, ha raccontato la storia della residenza: costruita nel Settecento con fini principalmente agro-vinicoli dal Marchese Casati, è stata acquistata a fine Ottocento dalla famiglia Greppi che la tramutò in una villa di delizia. Oggi ospita una Casa Editrice ed una officina per la realizzazione di lampade moderne, oltre che le abitazioni di alcuni membri della famiglia Greppi.
L'arrivo a Villa Lattuada
Nelle cantine di questa villa troviamo un palmento, ovvero una zona dove veniva posta l'uva per estrarne il succo. Questo era svolto grazie ad un grande torchio che con una pressa attivata dal moto di un mulo, spremeva gli acini con forza. Qui si ebbe un esempio di cantina sociale, dove i contadini della zona venivano per far spremere la propria uva e potevano conservare il loro vino in un locale adiacente nell'attesa di venderlo.
A sinistra Isabella Vismara
Ultima parte di visita a questa villa è stata dedicata al grande giardino opposto all'ingresso. Qui si può osservare un meraviglioso platano secolare ed un giardino totalmente al naturale, quindi limitando al minimo possibile gli interventi dell'uomo, lasciando completa libertà di sviluppo alla natura. "Qui d'estate si riempie di libellule, il che indica un alto livello di benessere naturale; ma si possono osservare tantissimi animali che scorrazzano nell'erba o svolazzano tra gli alberi, ad esempio: allocchi, volpi, gheppio, poiana, tassi, martore e scoiattolo grigi".
Ultima tappa di questo percorso è stata Villa Lattuada grazie alla gentile partecipazione della signora Isabella Vismara, una delle ultime eredi della famiglia dell'omonimo salumificio.
Francesco Lattuada acquistò la residenza che oggi si trova di fronte alla rotonda di via San Giacomo (conosciuta come Villa Ghisotti dal nome della famiglia proprietaria prima dei Lattuada); il figlio ereditò questa dimora e, innamoratosi di una nobildonna che frequentava il re d'Italia, decise di costruire una villa di rappresentanza dove accogliere gli illustri ospiti: nacque così Villa Quattrovalli, oggi conosciuta come Villa Lattuada. Progettata dall'architetto Tagliaferri e arredata all'interno dall'architetto Mainoni, venne edificata sopra i resti del già citato Monastero Domenicano di San Giacomo.
Il figlio di Giacomo, Franco, si dedicò alla vita militare. L'eredità ricevuta dal padre - che comprendeva le due ville a Casatenovo - divenne l'unica sua fonte di guadagno conclusa la Seconda Guerra Mondiale: Villa Quattrovalli venne venduta a Vincenzo Vismara, nonno della signora Isabella.
Dopo la morte di Uberto Vismara (padre della guida e figlio di Vincenzo), la moglie Elisabetta rimase in villa fino al 2007, quando si trasferì a Milano. A quel punto Isabella e gli altri fratelli e sorelle decisero, con l'appoggio anche della mamma, di recuperare la dimora e di adibirla a luogo per eventi. Nel giro di alcuni anni Villa Lattuada è riuscita dunque a tornare al suo originario splendore. Il grande giardino è punteggiato da meravigliosi alberi secolari che vengono mantenuti con cura dalla signora Isabella che provvede al mantenimento del parco.
Dopo questa ultima tappa i ragazzi, accompagnati dalle loro professoresse, si sono diretti a malincuore verso la scuola. Quello che tutti ci auguriamo è che abbiano compreso quanto questo paese sia mutato e che sono ora loro i responsabili del suo futuro come anche di mantenere vivi questi ricordi.