Viganò: inaugurata la mostra degli artisti Aquilini e Ruggieri

Con la presentazione a cura della storica d'arte Annalisa Sala, si è aperta sabato 21 maggio la mostra di pittura di Francesco Aquilini e Giovanni Ruggieri nello spazio espositivo della biblioteca di Viganò. Presenti il sindaco Fabio Bertarini, l'assessore alla cultura Armando Fettolini e tra gli organizzatori anche Corrado Pennati del Gruppo Cultura Viganò.

La mostra è visitabile nei giorni e negli orari di apertura della biblioteca (lunedì 9.30-12 e 15-18, mercoledì e giovedì 15-18, venerdì 9.30-12, sabato 9.30-12.30 e15-18).
E' aperta anche nella giornata di domenica dalle ore 10 alle ore 12.30 e dalle 15 alle 19.
Dopo la presentazione un gruppo nutrito di presenti ha potuto riflettere sulle opere leggendo lo scritto del critico Annalisa Sala posto all'ingresso, e che rimane a disposizione per tutti i visitatori.
Due artisti, due vie espressive. In modo diverso, essi oscillano tra figurativo e astratto: il dato reale può essere l’approdo di informi fantasmatici (Ruggieri) oppure il punto di partenza per i voli della fantasia. E’, quest’ultimo, il caso di Aquilini; le sue farfalle ingrandite all’inverosimile rivelano arabeschi che ogni volta ci sorprendono: chi riesce a catturarle, a osservarle dal vivo? Le giovinette un tempo si divertivano col retino, ma poi le lasciavano volare; e in effetti che farsene? Sono nate per l’aria; hanno esistenze autonome, chiuse alla nostra curiosità. E così, quasi farfalle incomprese sono le figure variamente atteggiate di Ruggieri – la posa aggraziata, i volti gentili; la sensazione di purezza che lasciano è la stessa di altri suoi quadri, dove la materia pittorica si irradia in uno zampillo di colore -fiamma o fontana- a inseguire i percorsi improvvisi della gioia, del desiderio.

In Aquilini il cesello della natura si fonde con quello dell’uomo, dando luogo a composizioni che al primo impatto sembrano astratte, e infatti lo divengono grazie ai sapienti tagli prospettici, alla scelta delle angolature. Le tinte, intense e brillanti, si combinano secondo armonie di contrasti cromatici; l’effetto è gioioso, mosso, quasi cantabile. La valorizzazione del dettaglio attraverso precise messe a fuoco rimanda all’esperienza professionale dell’artista, fotografo pubblicitario con studio a Milano. Segni incerti, serpeggianti solcano le sue pellicole ingrandite; sono linee volubili al pari di farfalle: si muovono vibrando – e il suono del termine è espressivo in questo senso, quasi onomatopeico.

Sarà un elemento simbolico ad accomunare i due artisti? Se la leggiadria dell’insetto rappresenta un ideale fuggitivo, gli ovali di Ruggieri, chiari nella precisione del disegno ma resi immateriali dalla posa sognante, si stagliano come assoluto nella scorrevolezza musicale di colori digradanti, in un’atmosfera fluida che ignora sfondi o paesaggi. E infatti non sono visi reali, ricordi concreti. Sono archetipi, trasfigurazioni. Come ninfee, affiorano da velari d’acqua; come farfalle, aprono e chiudono le loro ali. Ricordano Ofelia nella scena finale del dramma: occhi chiusi, tra i fiori, la giovane nega il suo sguardo e quindi la sua psicologia;  si sottrae al tentativo di conoscerla, eppure affiora in superficie, si manifesta. Ruggieri celebra l’epifania di una divinità inattingibile; la morbida fisionomia e insieme la sua fissità fanno pensare a lei come a un’icona sacra, a un’immagine effimera e al tempo stesso cristallizzata, a una dolce mania che l’artista ama coltivare.

La bellezza è un assoluto inaccessibile ed è labile come una farfalla: se tra le dita la teniamo tremolante, essa si rovina come il petalo di una rosa. La donna e le rose (rosse, quelle che incorniciano i visi): quanta letteratura ha posto questa similitudine, fin dalle sue origini! Anche la farfalla è immagine letteraria ma, ancor di più, metafora artistica: va a zonzo secondo l’estro e la fantasia; il suo passo non segue la regola di percorsi stabiliti. Inutile e bella, è ornato, ricamo, decorazione. Le tele che qui la raffigurano compendiano diversi generi artistici: sono ritratti, paesaggi, nature morte. Nelle aree di colore, nella processione di segni che le invadono riconosciamo pupille, ciglia, solchi dell’epidermide. Osserviamo dall’alto paesaggi lenticolari: ci sono penisole, laghi, arcipelaghi e sono nitidi focus fotografici; alcune immagini sembrano carte geologiche dove ad ogni colore corrispondono rocce differenti sedimentate in ere preistoriche - argille, arenarie o sabbie, solcate da crepe, meandri, reticoli idrici. Grazie agli acrilici di Aquilini godiamo il panorama dello spazio, ma anche del tempo; lo consideriamo da una prospettiva infinita, da un obiettivo a grandangolo: alla maniera del Seicento, la farfalla diviene clessidra, teschio, candela; col suo nascere e morire nello spazio di un solo giorno, ci ricorda la fragile bellezza della vita. 

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